Il tanto amato Hi-Fi Rush ha dimostrato che i rhythm game più dinamici sono destinati a conquistare i giocatori con il connubio di musica adrenalinica e azione senza sosta. Prima ancora, BPM: Bullets Per Minute e Metal Hellsinger hanno offerto la combinazione tra shooter in prima persona, roguelike e rhythm game, rivelatasi rapidamente di successo. Tuttavia, la richiestissima feature delle canzoni custom non è mai arrivata in maniera nativa, richiedendo procedimenti anche tediosi, non semplici da portare a termine, per inserire brani ulteriori nei giochi. ROBOBEAT cerca proprio di offrire una esperienza completa e intuitiva anche sotto questo punto di vista.
Sviluppato da un singolo dev indipendente, Simon Fredholm, si tratta di un rhythm shooter completo e accattivante o ha qualche lacuna? Scopritelo nella nostra recensione di ROBOBEAT.
Il mistero di ROBOBEAT
In ROBOBEAT vestiamo i panni di Ace, famoso cacciatore di taglie alla ricerca del suo ultimo obiettivo, l’eccentrico robot-showman Frazzer. Le battute finali di questo inseguimento avvengono proprio nell’impero tecnologico di quest’ultimo, nel suo parco giochi personale. Si tratta di un mondo complesso, parzialmente in rovina, gremito di creature stravaganti e minion al servizio del boss. Per orientarsi in questi ambienti ostili Ace deve entrare in dimestichezza con essi, sfidando i più potenti servi di Frazzer, grandi ostacoli tra il nostro alter-ego e la sua futura vittima.
La danza della morte si svolge tra server, luoghi industriali e mistici, in una curiosa sequenza di paesaggi da esplorare da cima a fondo. Ciascuna stanza può includere importanti segreti, necessari al fine di inquadrare la storia di Frazzer e di Ace stesso, ma anche al fine di sbloccare nuove abilità, aprire porte a luoghi mai visti prima e aggiungere altre cassette musicali alla propria collezione.
ROBOBEAT è infatti ricco di artefatti nascosti, da schede SD contenenti pezzi di lore a progetti per armi e abilità. L’esplorazione viene fortemente incoraggiata dal gioco in numerose occasioni, intervallando il gunplay puro con video e testi che, almeno inizialmente, hanno quasi un tocco analog horror. La paura generata dal mistero svanisce rapidamente, ma le incognite rimangono, ed è un immenso piacere trovare risposte.
Il corpo da rhythm shooter non cela pertanto un’anima più intrigante, che non esagera né nei contenuti, né nella forma. Per puro gusto personale, data l’estetica del titolo, aggiungerei che i connotati analog horror avrebbero potuto elevare ulteriormente il pacchetto ludico. Senza questa impronta, ROBOBEAT sa comunque essere coinvolgente senza esagerare.
Un progresso sanguinolento
Il cuore effettivo ha un numero di battiti al minuto definito a nostro piacimento, scanditi dai colpi delle nostre armi. In ROBOBEAT si conta un totale di 4 capitoli, suddivise a loro volta in più scenari. Dopo l’introduzione con un singolo boss segue un percorso tra più ambienti e più avversari dalle dimensioni imponenti da sconfiggere, fino al boss finale. Man mano che avanzeremo, potremo scegliere tra più armi e abilità di partenza, in entrambi i casi per un massimo di due. Da qui, in una lobby iniziale dove si possono visualizzare i contenuti sbloccati e fare pratica con il proprio arsenale, comincia l’avventura.
Oltre alle arene di pura azione con i minion nemici, ROBOBEAT richiede di sbloccare negozi, power-up aggiuntivi e persino ambienti parkour. Per farlo bisogna utilizzare una serie di frammenti, ottenibili in determinate arene, selezionabili a seconda della generazione procedurale della mappa. Il gioco non offre un vasto numero di stanze ma le collega casualmente, rendendo ogni sessione una combinazione di casualità e strategia. A volte conviene aggiungere effetti passivi al proprio kit (come i proiettili incendiari o la possibilità di usare due armi allo stesso tempo). Altre, invece, è necessario potenziare le armi in dotazione e le abilità, ovvero aggiungere combo ed effetti passivi.
Tra stragi ed esplorazione
Ne consegue che ogni partita è diversa dall’altra, naturalmente. Esistono combinazioni di abilità, armi e passive che rendono il tutto piuttosto semplice, ma sono condizioni ideali che si verificano di rado. La bellezza di ROBOBEAT sta proprio nell’esplorazione dell’intero arsenale e di ogni accostamento possibile di oggetti e condizioni.
Bisogna oltretutto padroneggiare i controlli e le combo stesse. Tra ricarica, parry e sparo si creano colpi potenziati e contrattacchi micidiali, il tutto mentre ci si muove incessantemente nelle arene. Rimanere fermi è impossibile, o almeno altamente sconsigliato. Saltare sui muri, scivolare a terra, lanciarsi in aria con rampini, trampolini e teletrasporti è un must. In altre parole, bisogna conoscere a menadito tutto ciò che ci circonda affinché diventi sempre più immediato sconfiggere i minion di Frazzer.
Bastano poche ore di gioco per farlo, con il consueto approccio trial and error che infine soddisfa sempre. L’adrenalina continua viene garantita da un gunplay eccezionale, variegato e dinamico a dir poco. Annoiarsi è impossibile con ROBOBEAT, specialmente alla luce dell’editor musicale incorporato al gioco.
Robobeat è adatto a ogni canzone
L’aggiunta di “musicassette” è accessibile a chiunque. Basta avere un file .wav, .mp3, oppure .ogg del proprio brano preferito e inserirlo nel gioco. Una volta determinata la validità del file, l’editor scansiona automaticamente i BPM e offre una mappa ad hoc. In caso di variazione del tempo nella canzone, ROBOBEAT riesce a leggerla per adattarsi, ma non sempre in maniera perfetta. Fortunatamente è possibile impostare manualmente i BPM, aggiungere battiti, rimuoverli e spostarli, realizzando così la cassetta perfetta per un’esperienza immacolata.
La condivisione di musicassette tramite file .robobeat avviene sul Discord ufficiale, dove una community già molto attiva ha pubblicato oltre 100 canzoni giocabili. In alternativa, la musica inclusa nel gioco rimane di alta qualità e sufficientemente diversificata, per soddisfare le orecchie di ogni giocatore.
Leggibilità grafica e audio
Il comparto audio permette di mantenere facilmente il tempo giusto anche nelle situazioni più critiche, rivelandosi di buona qualità seppur a volte caotico. Caos ulteriore viene offerto dal comparto grafico, data la scelta estetica più cupa, illuminata solo da spunti al neon. Il forte contrasto degli ambienti potrebbe stancare qualche giocatore, ma le impostazioni disponibili sono sufficienti ad aggiustare il tutto per evitare troppi elementi dissonanti su schermo.
Muniti di computer con NVIDIA GeForce RTX 3070 e Ryzen 5 5600X abbiamo giocato a ROBOBEAT in 1080p Ultra senza notare un singolo calo del framerate. È un gioco granitico nelle performance, grazie soprattutto alla sapiente gestione del numero di nemici su schermo.
Lato accessibilità, i giocatori meno esperti di rhythm shooter potranno provare il gioco anche con controller (ma lo sconsigliamo altamente), abilitando la mira assistita e modificando la finestra temporale entro cui i colpi possono andare a segno. In alternativa, si può disabilitare totalmente la necessità di sparare a tempo per ridurre la difficoltà – naturalmente, così facendo ROBOBEAT diventa un semplice shooter, sensibilmente meno entusiasmante.
Versione testata: PC
La recensione in breve
ROBOBEAT può causare dipendenza ed è chiaro sin dai primi minuti di gioco. Grazie all’ottimo editor e a una community già attiva è molto semplice inserire le canzoni che si preferiscono, dal metal più martellante alle icone pop. Il gunplay è pura adrenalina e offre sorprese durante l’intera scalata fino al boss finale, complice l’abbondanza di segreti da scoprire, nemici nuovi, armi e stanze da sbloccare. Tra combo, combinazioni di effetti e approcci diversi alle ondate di mostri, offre una rigiocabilità notevole e si rivela uno dei migliori rhythm shooter ora presenti sul mercato. Poteva osare di più nella storia, ma ciò che conta resta sparare a ritmo.
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Voto Game-Experience