Nel panorama sempre più frammentato dei tie-in mobile, poche saghe hanno tentato con reale convinzione di tradurre la propria identità oltre i confini delle console. Resident Evil: Survival Unit si presenta proprio con questa ambizione: non un semplice spin-off minore, destinato a riempire gli store digitali di Android e iOS, ma un progetto nato da una collaborazione diretta tra Capcom, Aniplex e Joycity, con la volontà di offrire un’esperienza che sappia parlare sia al pubblico casual dei giochi su smartphone, sia a quell’enorme fetta di fan storici che non ha mai smesso di seguire le vicende di Raccoon City. L’operazione è ambiziosa, quasi rischiosa, perché da un lato va a toccare un nome pesante come Resident Evil, dall’altro lo rielabora con regole e meccaniche lontanissime dalla formula originale. La domanda inevitabile, a questo punto, è se un simile innesto possa davvero funzionare.
La cornice narrativa scelta non è casuale. Survival Unit si colloca in una linea temporale parallela tra gli eventi di Resident Evil 2 e Resident Evil 3, periodo che da sempre rappresenta l’apice dell’orrore urbano, con le strade di Raccoon City sommerse da creature mutanti e la popolazione allo sbando. A differenza dei remake moderni, però, qui l’attenzione non è rivolta al singolo sopravvissuto che cerca di sfuggire all’inferno, quanto piuttosto alla costruzione di una squadra, di un’unità capace di sopravvivere e coordinarsi in mezzo al caos. Il giocatore veste i panni di un nuovo protagonista, risvegliatosi in un ospedale teatro di esperimenti dell’Umbrella Corporation, che fin dalle prime battute dovrà prendere decisioni rapide e gestire risorse. Il tono è cupo, quasi familiare per chi conosce il brand, ma la prospettiva è quella di una strategia in tempo reale con camera isometrica, ben distante dalle tradizionali inquadrature horror.
Un po’ survival, un po’ RTS
La chiave sta proprio qui: Survival Unit non è un survival horror nel senso classico, bensì un RTS ibridato con elementi di gestione e costruzione. Il cuore pulsante dell’esperienza è la base operativa, da difendere e ampliare man mano che l’avanzata delle orde si fa più aggressiva. Qui ritornano echi delle vecchie ambientazioni, con architetture che richiamano la Spencer Mansion o i corridoi infestati del commissariato, ma piegate alle esigenze del mobile gaming. Ogni missione introduce un manipolo di personaggi, selezionati da un roster che include tanto volti nuovi quanto figure iconiche come Claire Redfield, Jill Valentine o Leon Kennedy. Non sono semplici cameo: ciascuno porta con sé abilità, armi, azioni e mosse speciali da giocare al momento giusto. Ne risulta una componente quasi da deck-builder, che spinge a pianificare e a sfruttare i cooldown con lucidità, pena il venire travolti da ondate sempre più impegnative di zombie e mostri.
È chiaro che si tratti di un compromesso: l’azione diretta, i proiettili contati e la tensione palpabile lasciano spazio a una sfida cerebrale, fondata sulla gestione e sul tempismo. Nonostante questo, Capcom e Joycity hanno cercato di mantenere vivo lo spirito del franchise. Ci sono puzzle ambientali, enigmi che rimandano alle atmosfere dei capitoli classici, cut-scene curate che raccontano una storia coerente con l’universo di riferimento, e persino qualche sorpresa firmata da artisti di peso: Yoshitaka Amano, ad esempio, ha realizzato il design di Mortem, una creatura inedita che sembra uscita da un incubo barocco e che testimonia quanto il progetto voglia andare oltre la pura operazione commerciale. Alla direzione creativa compare inoltre Shinji Hashimoto, già co-autore di Kingdom Hearts, che ha sottolineato come l’intento fosse recuperare la tensione delle telecamere fisse, adattandola però alla natura tattile e rapida del touchscreen.
Un mobile di alto livello
Il multiplayer, a dispetto di quanto si potrebbe pensare osservandolo di sfuggita, non è un riempitivo accessorio ma la colonna portante attorno a cui ruota l’intera esperienza di Survival Unit. Qui non si parla di semplici sessioni cooperative messe a margine, quanto piuttosto di un ecosistema persistente, vivo, dove missioni dinamiche, eventi a tempo e obiettivi condivisi costringono il giocatore a fare squadra con altri sopravvissuti. Ogni azione – che sia difendere un checkpoint ormai invaso dagli zombie, correre a contendersi risorse sempre più scarse o rinforzare in extremis le difese della propria base – acquista un peso diverso perché inserita in un contesto in cui altre unità, controllate da giocatori reali, possono decidere se collaborare, supportare o addirittura ostacolare i nostri piani. È proprio questa tensione costante, fatta di alleanze fragili e di rivalità improvvise, a dare ritmo e imprevedibilità al gioco. Non è più solo questione di sopravvivere contro l’intelligenza artificiale, ma di farlo in un mondo dove ogni mossa è intrecciata a quelle degli altri. Ecco perché la dimensione online diventa parte integrante del design, un tassello senza il quale l’intero impianto perderebbe mordente, trasformando l’esperienza in qualcosa di ben più ambizioso di un tradizionale spin-off mobile.
L’impatto visivo, almeno nei trailer e nelle prime build mostrate, è sorprendente per un titolo mobile. La visuale isometrica restituisce una Raccoon City compatta ma riconoscibile, con dettagli che tradiscono una produzione non certo raffazzonata. I modelli dei personaggi, in particolare Claire e Steve da Code Veronica, sono stati ricreati con tale cura da alimentare addirittura il sospetto di un remake in cantiere per console. Un’ipotesi non confermata, certo, ma che dimostra come Survival Unit possa fungere anche da laboratorio creativo per il futuro della saga. Dal punto di vista sonoro, infine, l’attenzione non manca: oltre alla colonna sonora inedita, spicca la collaborazione con i Queen Bee, band giapponese che ha firmato il brano principale “Mountain Hunt”, un pezzo dalle sonorità tese che ben accompagna il tono drammatico della narrazione.
Survival Unit: un Resident Evil diverso dal solito
Al di là del contenuto in sé, è interessante notare come Survival Unit si candidi a essere molto più di uno spin-off estemporaneo. La componente multiplayer, con eventi stagionali, classifiche e sfide coop suggerisce l’intenzione di mantenerlo vivo nel tempo, come un servizio. Eppure, a differenza di tanti progetti analoghi, qui la modalità single player non è stata trascurata: la storia principale offre una campagna narrativa consistente, che alterna missioni gestionali a cut-scene dallo stile quasi console. È forse questo l’elemento che più differenzia il titolo dagli innumerevoli concorrenti del settore: la volontà di legare le meccaniche strategiche a un immaginario narrativo già solido, piuttosto che affidarsi al solo loop del free-to-play.
La ricezione dei fan, comprensibilmente, sarà a dir poco divisiva. Una parte del pubblico fatica ad accettare che un nome come Resident Evil finisca nel calderone dei giochi mobile con microtransazioni e dinamiche competitive. D’altro canto, c’è chi intravede nel progetto una possibilità: portare l’universo horror di Capcom in territori inesplorati, aprirlo a un pubblico nuovo senza snaturare del tutto il DNA originario. La verità, come sempre, starà nel bilanciamento. Se il sistema saprà offrire profondità, se la base-building non diventerà mera routine e se la narrazione manterrà lo standard della saga, Survival Unit potrebbe rivelarsi un esperimento riuscito.
Per ora resta la curiosità, alimentata da trailer ben confezionati, da un comparto artistico interessante e da un posizionamento narrativo che non manca di fascino. Tornare a Raccoon City in questa forma inedita non sarà come imbracciare una torcia nel commissariato o affrontare Nemesis in un vicolo buio, ma forse rappresenta la dimostrazione più chiara di quanto il marchio Resident Evil sia ormai fluido, capace di reinventarsi senza perdere il legame con le proprie origini.