Sarà anche solo una demo. Saranno anche appena dieci minuti, giocati dietro le quinte nel silenzio ovattato di un’area stampa. Eppure basta poco, pochissimo, per far capire che Resident Evil Requiem ha tutte le carte in regola per essere l’episodio più disturbante, claustrofobico e sperimentale degli ultimi anni.
La nuova incarnazione horror di Capcom – ufficialmente il nono capitolo della mainline, anche se ormai la numerazione è un orpello che interessa poco – non ha bisogno di armi, proiettili o boss fight per far salire l’adrenalina. Le basta una stanza, un accendino, un mostro… e il suono delle nostre scarpe sul pavimento. Perché in Requiem, più che vedere, si ascolta. E ogni rumore può essere l’ultimo.
Un incubo a testa in giù
La demo comincia con una scena che sembra già cult: la protagonista, Grace Ashcroft, è appesa a testa in giù, incatenata a una barella sporca di sangue. Intorno, il buio di quello che potrebbe essere un ospedale o un albergo in rovina. La luce al neon, tremolante, è l’unico segnale di vita.
Ci si libera in modo rudimentale, graffiandosi le mani per recuperare un frammento di vetro, e il primo passo ci introduce in una dimensione profondamente diversa dai Resident Evil post-Village: Requiem non è un action, non è un FPS, non è un puzzle shooter. È tensione allo stato puro, è sopravvivenza senza potere d’attacco. È, in definitiva, un survival horror che torna alla radice stessa del termine.
E sì, chi ha giocato Haunting Ground su PS2 potrebbe avvertire quel retrogusto familiare, aggiornato oggi con una regia da brividi e una direzione artistica chirurgica.
Un mostro in ascolto
Le prime fasi della demo ci lasciano esplorare una manciata di stanze e un corridoio centrale, in cui è immediatamente chiaro che la luce ha un ruolo fondamentale. La camera iniziale, in cui è presente una lampadina accesa, funge da zona sicura: finché resta alimentata, nessun nemico può entrare. Ma questo senso di protezione dura poco: a un certo punto la lampadina esplode, le tenebre invadono l’ambiente e l’equilibrio crolla.
È qui che la demo mostra tutto il suo potenziale. Il nemico, una creatura orribile e deforme con un volto umanoide parzialmente squarciato, fa la sua comparsa con un ingresso da manuale: piomba dal soffitto e banchetta brutalmente con quel che resta una vittima inerme, azzannandole il cranio con la foga di una bestia. Da lì in poi, inizia la caccia.
Gameplay stealth e IA reattiva
Resident Evil Requiem, almeno per quanto mostrato in questa demo, si rivela per quello che è: uno stealth horror senza compromessi. Non si può combattere. Non si può reagire. Si può solo nascondersi, muoversi piano, spegnere l’accendino, trattenere il respiro e sperare che l’essere non ci senta.
Perché, ed è questa una delle trovate più riuscite della demo, l’IA del mostro è sensibile al rumore. Camminare troppo in fretta, aprire una porta bruscamente o accendere la fiamma per orientarsi nel buio sono azioni che potrebbero attirare l’attenzione. E non c’è margine d’errore: quando ci scopre, parte un inseguimento teso e angosciante nei corridoi, con il nemico che si muove anche attraverso il soffitto o i condotti.
Il level design, pur ristretto, è costruito attorno a questa dinamica: tre stanze comunicanti, pochissimi oggetti da usare – tra cui un fusibile da inserire – e l’ansia perenne che nulla sia davvero al sicuro.
Nessun combattimento, solo sopravvivenza
L’assenza di combattimento nella demo è una scelta precisa e, a conti fatti, brillante. Perché sposta il focus su altri elementi del gameplay, come la gestione della luce, lo studio dei movimenti dell’avversario e piccoli enigmi ambientali che ricordano la tradizione storica della saga.
L’idea di dover recuperare un fusibile per accendere un meccanismo è un chiaro omaggio alla vecchia scuola, ma qui viene reinterpretato in chiave moderna: non ci sono timer, ma ogni secondo speso lontano dalla safe room è un rischio. E l’equilibrio tra azione e stasi, tra movimento e stallo, è calibrato con attenzione.
Grafica e direzione artistica: RE Engine in gran forma
Dal punto di vista tecnico, Resident Evil Requiem conferma l’incredibile qualità del RE Engine. I modelli sono iper-dettagliati, i giochi di luce volumetrici danno spessore agli ambienti, e la texture sporca, decadente, volutamente “vissuta” dei corridoi trasmette un senso di inquietudine costante.
Ma è il sonoro a fare davvero la differenza. Il design acustico è maniacale: il rumore dei passi, il respiro affannato di Grace, il cigolio delle porte, le interferenze ambientali e soprattutto i versi della creatura (un mix di suoni animali, ringhi, lamenti e colpi secchi) contribuiscono a creare un’esperienza di immersione totale. È il classico gioco in cui basta chiudere gli occhi per avere paura. O forse, ancora peggio, non puoi permetterti di chiuderli nemmeno per un attimo.
Un’ultima nota interessante: Resident Evil Requiem permette di scegliere liberamente tra la visuale in prima o in terza persona, in qualsiasi momento, direttamente dal menu. È una novità non da poco per la serie, che finora aveva sempre trattato le due modalità come opzioni separate o limitate.
Le animazioni di Grace in terza persona sono sorprendentemente curate: zoppica vistosamente, si appoggia alle pareti per mantenere l’equilibrio, e restituisce una fisicità stanca e vulnerabile. Nonostante ciò, la prima persona rimane la scelta più ansiogena e immersiva, accentuando la tensione e l’assenza di filtri tra il giocatore e l’incubo.
Resident Evil Requiem: pochi minuti, ma intensi
Resident Evil Requiem si è mostrato poco. Non si è visto alcun combattimento, non è chiaro se ci saranno sezioni action o boss fight. Ma quello che Capcom ha lasciato assaggiare basta e avanza per tenere altissima l’attenzione: uno stealth horror sporco, teso e finalmente davvero spaventoso, in cui ogni rumore può costarti la vita.
Un omaggio ai fasti più oscuri del genere, con un pizzico di Haunting Ground e il coraggio di togliere al giocatore la cosa più importante: il controllo. E quando ti ritrovi disarmato, al buio, inseguito da un’ombra viva… allora sì che inizia il vero Resident Evil.