E’ difficile stravolgere la formula canonica di un titolo famosissimo, gettandolo negli scomodi panni di un multiplayer, senza scontentare nessuno. Resident Evil Re: Verse non fa eccezione sotto questo versante, muovendosi molto lontano dagli ambienti cupi dei capitoli in single player e anche dal più raffinato REsistance, dove il gioco cercava ancora di mantenere le linee guida dei remake. Con questa modalità Capcom ha però decretato un “liberi tutti”, cercando di sfruttare l’onda creata dalla diffusione dei battle royale a suo favore. Cavalcare la marea senza risultare ripetitivi non è facile: vi diamo le nostre impressioni sul titolo in questo Provato di Game-Experience!
Difficilmente in Resident Evil qualcosa che non fosse “Residenteviliano” fin nel midollo è riuscito ad oltrepassare le barriere stabilite dai primi capitoli del titolo. Una certa innovazione è stata (a fatica) introdotta e accettata con l’avvento di Resident Evil 4, di cui la modalità mercenari fù l’unica a lasciare un vero segno nei giocatori da sempre abituati ad avere il controllo esclusivo di un personaggio – appena confermata anche per Village stando alle ultime notizie. Non arrivarono al traguardo gli svariati capitoli di Outbreak – che aggiungevano sapore al panorama di Raccoon City con un racconto più cittadino e meno pittoresco, fatto di semplici impiegati, studenti e cameriere – nè Umbrella Corps. Operation Raccoon City mancò di equilibrio, mentre il successivo Resistance stabiliva una buona idea senza però ampliarla a dovere. Nulla riuscì a scalfire il muro delle prime impressioni, finendo in fretta nel dimenticatoio. Quindi come fare, con l’arrivo di una celebrazione importante come quella dei 25 anni della saga? Capcom ha prensato di proporci un’esperienza senza troppe innovazioni forzate, puntando al semplice divertimento. Ovviamente non mancano le mille meccaniche o aggiunte su cui si potrebbe lavorare per consolidare gli sforzi, ma le radici ci sono già e sono state ben risistemate per offrire qualche ora di svago frenetico, tra personaggi iconici e B.O.W. demolitrici.
Nell’unico livello a nostra disposizione nella beta pubblica, abbiamo potuto provare la bontà dell’azione ed il bilanciamento dei personaggi. RE: Verse è un multiplayer votato alla competizione, che al momento dispone di una sola modalità, il Deathmatch individuale che va dai 4 ai 6 partecipanti. Ci siamo quindi trovati a girovagare per la celebre Centrale di Polizia (o RPD, Raccoon Police Department per i più certosini) con l’obbiettivo di raggiungere il più alto punteggio facendo letteralmente strage di avversari, che una volta morti sarebbero stati immediatamente riportati in vita fino allo scadere di un timer di cinque minuti. Per avere un buon margine di divertimento senza troppe complicazioni, è stata tolta la complessa gestione dell’inventario. Tuttavia un paio di meccaniche ci permettono di avere una lieve componente tattica in mezzo al massacro indiscriminato: l’accumulo di uccisioni, che ci sarà utile per moltiplicare il punteggio ottenuto, e il meccanismo della vendetta immediata.
La vendetta si attiva ogni qual volta ci capita di essere presi di mira da un avversario e uccisi. Al nostro respawn otterremo automaticamente pochi secondi di invincibilità; oltre a questo l’assassino sarà marchiato con un teschio che lo rende riconoscibile nel campo: nel caso dovessimo riuscire ad ucciderlo senza morire, non solo prenderemo dei punti bonus ma otterremo indietro il moltiplicatore di uccisioni avuto in precedenza, come se non fossimo mai stati eliminati. Di contro, la sconfitta porta via un piccolo quantitativo al punteggio, invitando a ritirarsi per non sacrificare il proprio posto in classifica.
Attenzione però a raggiungere la vetta, perchè il gioco indica all’intera stanza i primi tre giocatori della lista, oltre a quello con più uccisioni all’attivo. Dare la caccia ai migliori porterà più punti nelle nostre tasche e ci aiuterà a posizionarci molto bene, ma ci porterà inevitabilmente a subire la stessa sorte dei nostri predecessori, venendo “marchiati”. RE: Verse spinge il giocatore a bilanciarsi autonomamente, tra atteggiamento predatorio e istinto alla difesa. La presenza delle B.O.W. sbilancia prepotentemente questo delicato meccanismo, portandolo verso il lato più aggressivo: anche se solo per pochi secondi e solo nel caso avessimo raccolto le Capsule Virali sparse in giro, alla nostra morte ci potremo trasformare in una delle celebri armi biologiche della saga – quale, dipende dal quantitativo delle Capsule raccolte.
Va da sè che le sorti dei match non si possono mai dare per scontate in questo modo. Facilmente chi ha la vittoria in pugno il minuto prima potrebbe trovarsi sul fondo della classifica durante gli ultimi secondi, o viceversa. In ogni caso, se l’idea del tutti contro tutti funziona a dovere, dall’altra parte abbiamo una scarsità di equilibrio tra equipaggiamenti e abilità assegnati a ciascun personaggio.
Personaggio che vai, cattivo che trovi
Resident Evil RE: Verse ci permette di impersonare per ora sei personaggi: Chris e Claire Redfield, Jill Valentine, Leon Scott Kennedy, Ada Wong e Hunk. Ciascuno ha delle proprie caratteristiche divise tra salute, potenza dell’arma o dell’abilità, sopravvivenza e potenza in forma B.O.W. .Chris e Hunk sono particolarmente versatili, avendo a disposizione talenti facilmente usabili sul campo che permettono di sfruttare al meglio il ritmo frenetico dei match. Altri, come Jill e Ada, si trovano maggiormente in svantaggio: la mina della prima è troppo visibile e rumorosa se messa sul terreno di gioco, mentre la seconda ha a disposizione come bocca da fuoco principale una pistola di bassa efficacia ed una balestra come arma secondaria, piuttosto scomoda e poco letale. L’alta sensibilità del mirino influisce pesantemente sulle armi che caratterizzano i personaggi, e quindi sulla preferenza di utilizzo dei giocatori: Leon e Claire ad esempio possono contare su un fucile a pompa ed una mitraglietta che risultano potenzialmente devastanti sul campo.
Anche in Resident Evil RE: Verse non si può sfuggire alla morte nelle sue diverse forme. Quando i protagonisti finiscono la loro riserva di salute vanno a terra e – nel caso abbiano raccolto abbastanza Capsule Virali – mutano in una delle B.O.W. della serie, o mostri celebri nel caso dei ranghi più bassi. Quale forma prenderanno, il giocatore può intuirlo solo dal numero di capsule: è un tiro di dadi alla cieca in una rosa di cinque mostri – seppur particolarmente letali e pericolosi in confronto alle competenze base dei nostri eroi. Con una capsula potremo ad esempio ottenere un Hunter od il ostico Jack Baker, come sempre particolarmente coriaceo e armato della caratteristica motosega. Un maggiore quantitativo ci darà come risultato il Micromorfo Obeso (all’apparenza sensibilmente più scarso), oppure Nemesis od un Mr. X già mutato e col cuore esposto pronto a tagliare il giocatore in parti sottili. La loro potenza non è però priva di difetti: le B.O.W. hanno comandi estremamente imprecisi e tendono a colpire a vuoto nonostante l’ampia portata, un problema non da poco in un deathmatch. Inoltre (ovviamente) tendono a catalizzare tutta l’attenzione dei partecipanti, rendendo il campo da gioco una battaglia a chi si trasforma prima.
Da prendere con le pinze
Tutto sommato Resident Evil RE: Verse è piacevole da giocare per brevi periodi: l’azione rimane stabile nei cinque minuti ed il matchmaking non è disastroso, offrendo un buon numero di giocatori. Il gioco ad una prima occhiata è anche bello da vedere, pur con dei grossi limiti. Il titolo di Neobards è accompagnato da alcune tracce musicali di Resident Evil 2 Remake e dispone di un filtro in stile fumetto col quale il team ha voluto colorare maggiormente l’esperienza di gioco, staccandola dal solito contesto oscuro e denso di ansia. Il filtro non si rivela una buona scelta sul versante grafico: una volta disattivato tramite menù rivela in larga parte le pecche del titolo, la cui luminosità risulta scarsa, con modelli piuttosto grossolani e poco curati. Si spera che nel tempo questi aspetti vengano rifiniti a dovere, tuttavia il cuore dell’esperienza è prevedibilmente nelle mani dei contenuti che verranno introdotti in futuro: sarebbe un peccato non sfruttare i prossimi aggiornamenti e mancare l’inserimento di una nemesi tanto amata come Wesker, o non proporre gli elaborati ambienti del castello Dimitrescu ed il villaggio campagnolo di Resident Evil 4. Certo, proporre questi contenuti significherebbe per gli sviluppatori il doverli ricostruire completamente da zero, ma la durata del gioco ne gioverebbe enormemente assieme alla varietà, permettendo ad una vastità di persone di usufruire di un multigiocatore divertente e competitivo, mettendoli nei panni del loro beniamino preferito e buttandoli in mezzo all’arena senza tanti fronzoli. In ogni caso, per come l’abbiamo provato adesso manca un’unica cosa che renda veramente distintivo RE: Verse, al di là di ogni altro difetto presente: la volontà di staccarsi dal titolo principale e di sviluppare qualcosa che sia percepito come più di un riempitivo di Village dai giocatori. Una volontà che se ben consolidata potrebbe portare una ventata di interesse in un brand già molto solido, a cui però serve un continuo e mirato rinnovamento.