Tokyo è una città meravigliosa.
A fare da contraltare al cielo spento e grigio delle ore mattutine ci pensa la fluorescenza delle luci al neon e dei mille colori che irradiano ogni vicolo, angolo e strada della tecnologica metropoli. E ogni quartiere, quando cala la notte, cambia volto. Una città dapprima posata e composta nei modi, poco dopo esuberante ed eclettica. È difficile, per chi non ha mai calcato il suolo giapponese comprendere in poche righe la frenesia e le tante sfaccettature della vita nel Sol Levante. E ancor più difficile, di certo, è trasporla all’interno di un videogioco.
Yakuza, in tal senso, è una delle serie più importanti e veritiere sulle ombre del Giappone, fatte – e qui è il caso di dirlo: Tutto il mondo è paese – anche di macro criminalità.
La serie, nata dalla penna virtuale di Toshihiro Nagoshi, tratteggia sapientemente una realtà, quella della criminalità organizzata, che è diventata parte integrante della sfera economica e politica giapponese.
Onore e appartenenza alla propria famiglia sono l’unico credo riconosciuto da ogni Yakuza che si rispetti, un’eredità distorta della cultura dei samurai che, paradossalmente, il Giappone sembra aver dimenticato. Perché parliamo pur sempre di criminali che agiscono per un puro tornaconto economico. Di tutto questo, Kabukicho – il quartiere più malfamato di Tokyo – è diventato l’emblema e nella serie Yakuza si trasforma nell’epicentro di ogni vicenda, seppur celato sotto il nome fittizio Kamurocho. Il lavoro svolto da Toshihiro Nagoshi è una testimonianza importante di una cultura completamente differente da quella che viene normalmente propinata: idol, anime, manga e ogni altra “stranezza” che ci spinge a vedere il Giappone come una terra popolata da bizzarri personaggi ed eterni Peter Pan.
Nonostante le scarse vendite conseguite in terra straniera, Sega continua ad adoperarsi nella localizzazione e nella distribuzione dei nuovi capitoli di Yakuza fuori dalla madre patria, e questo grazie anche all’intervento della divisione Third Party Production di Sony nata nel 2013. Un lavoro congiunto che ha consentito la pubblicazione dalle nostre parti di Yakuza 0, prequel delle vicende di Kiryu Kazuma raccontate negli altri episodi della serie. Episodio che, in Giappone, ha raggiunto gli scaffali dei negozi nel marzo del 2015, sia per PS3 che per PS4.
FEEL THE ‘80s
In quanto prequel di una serie che vanta all’attivo ben sei capitoli in Giappone e uno spin-off, Yakuza 0 è ambientato agli inizi degli anni ‘80, un periodo di profondi cambiamenti dove la speculazione edilizia stava diventando, per la criminalità organizzata, un business ben più redditizio degli ormai consolidati traffici illegali di droga e prostituzione. Sullo sfondo uno giovane Yakuza, Kiryu Kazuma appunto, intento a svolgere un “lavoretto” commissionatogli da un’agenzia di recupero crediti. Un calcio ben piazzato in pieno volto, qualche cazzotto all’altezza del diaframma al debitore e il gioco è fatto. Peccato che il malcapitato verrà successivamente trovato morto in un vicolo di Kamurocho, ucciso da un colpo di pistola dritto alla nuca. E questo non è che l’antefatto che darà vita a una lunga serie di eventi che costituiscono il cuore pulsante dell’intera serie firmata Sega. Perché, tralasciando gameplay e meri tecnicismi, Yakuza vuole, prima di tutto raccontare una storia. E ogni volta – tra gli alti e bassi che comunque la caratterizzano – riesce a lasciare il segno. La morte dell’individuo precedentemente descritta non sarebbe di per sé di particolarmente rilevante, se non fosse per il posto nel quale il corpo verrà ritrovato: un vicolo sporco e puzzolente in un’area denominata “Empty Lot”. Un appezzamento di terra che fa gola alla famiglia Dojima di cui Kiryu è un affiliato e che rappresenta l’ultimo passo per acquisire la proprietà di un’ampia fetta del quartiere di Kamurocho. Quel lembo di terra si colloca, infatti, esattamente al centro dei terreni già acquisiti dal clan e l’inizio delle indagini sull’omicidio da parte della polizia complicheranno non poco le cose per i mafiosi. In tutto questo, Kiryu, è complice e ancor prima spettatore inerme. Un cane rabbioso che però non esita a mostrare compassione verso gli sventurati in cui si trova a incappare e che spesso si ritrova a fare i conti con la pochezza e l’avidità dell’animo umano. Il suo unico scopo, ancor prima di dimostrare la propria innocenza, è quello di far cadere le accuse mosse dai generali della famiglia Dojima a seguito dello spiacevole evento contro l’ex capo Kazama, mentore e patrigno del giovane Yakuza, in galera da ormai un paio d’anni e prossimo alla scarcerazione.
Ma non di solo Kiryu Kazuma vive la serie Yakuza. Ad affiancare il sempiterno protagonista, farà la sua comparsa anche l’altro comprimario della serie, Goro Majima. Un personaggio ambiguo – e giocabile per la prima volta nella serie – le cui vicende, seppur destinate a intrecciarsi con quelle di Kiryu, sono ambientate lontano da Tokyo. Nello specifico: nel quartiere Sotenbori, controparte virtuale della Dotonbori di Osaka.
Purtroppo, e come ormai ci ha abituato Sega quando si parla della serie Yakuza, anche questo episodio è sottotitolato esclusivamente in inglese, il che rende difficile la fruizione a chiunque sia poco avvezzo alla lingua anglofona: il linguaggio adoperato non è di certo dei più semplici.
Parlando di questioni pratiche, invece, il gameplay di Yakuza 0 è un piccolo gioiello la cui luce riesce a mettere in ombra persino l’eccezionale sistema di combattimento dei capitoli che lo hanno preceduto (o seguiranno, visto che parliamo di un prequel). Ciascuno dei due protagonisti dispone di tre peculiari stili di combattimento, alternabili nel corso del medesimo scontro, ognuno coi suoi punti di forza e debolezze. Tanto per fare un esempio e senza cadere in una lunga elencazione che potrebbe risultare noiosa e poco utile, lo stile Brawler di Kiryu è indubbiamente il più equilibrato tra i tre di cui dispone, ma non gode della medesima mobilità che
garantisce, invece, lo stile Rush, focalizzato sulle schivate, su attacchi rapidi e veloci riprese dagli atterramenti. Ogni scontro, pertanto, andrà affrontato valutando le capacità e i movimenti dell’avversario, per non rischiare così di incappare in una fine prematura. A donare spettacolarità ad ogni scazzottata contribuiscono le bellissime e spesso cruenti scene che caratterizzano il set di attacchi speciali di cui dispone ogni stile di combattimento. Attacchi che variano a seconda dell’oggetto che si ha “a portata di mano” in quel momento o dell’ambiente circostante. Ma a tal fine diviene indispensabile riempire una delle tre barre Rage del protagonista di turno, che aumenterà/diminuirà a seconda dei colpi assestati o subiti dagli avversari. In perfetto stile Super Sayan, al raggiungimento di tale traguardo Kiryu o Goro verranno circondati da un aura del colore che identifica lo stile utilizzato in quel momento, divenendo un perfetto hint visivo per il giocatore.
Prendere la testa di un nemico steso al suolo e scaricargli un destro in pieno volto o imbracciare l’avversario e spaccandogli la schiena contro un corrimano sono scene in grado di regalare immense soddisfazioni. A ciò, si aggiunge la possibilità di ampliare il pattern di attacchi e le statistiche dei protagonisti semplicemente spendendo Yen. Ciascuno stile di combattimento, infatti, come in una sorta di Sferografia di “final fantasiana” memoria, dispone di una propria ghiera di abilità, la maggior parte acquistabili spendendo moneta sonante accumulata grazie “all’attività immobiliare” (sbloccabile nelle fasi più avanzate del gioco) oppure attraverso gli scontri e le numerose subquest che Yakuza 0 ha in serbo per il giocatore. A tal proposito, la cosa interessante, però è che non saranno Kiryu e Goro a cercarle in giro per Kamurocho, bensì saranno quest’ultime a trovare i due protagonisti. Camminando per i quartieri di Tokyo e Osaka, infatti, i due si imbatteranno in richieste di ogni tipo, dalle più folli (impartire lezioni di “Yakuzese” ad una dominatrice S&B) a quelle più strappalacrime, come recuperare un videogioco appena acquistato da un bambino e sottrattogli dal criminale di turno. Purtroppo non tutte le subquest riescono col buco e in alcuni casi, sarà più la necessità di accumulare punti abilità (CP) a spingere il giocatore a completarle piuttosto che il desiderio di vederle giungere a termine. CP che potranno poi essere spesi in un apposito tempio e che consentiranno ai protagonisti di potenziarsi ulteriormente e acquisire così nuove abilità.
Ma la vera bellezza di Yakuza 0 passa indubbiamente per le strade della città. Perdersi per i vicoli di Kamurocho e Sotenbori affollati da centinaia di passanti è qualcosa di elettrizzante. Dal giorno alla notte ogni quartiere cambia completamente aspetto prendendo vita e crogiolandosi nelle luci al neon che sembrano donare loro una veste del tutto nuova, lontana dal grigiore e della monotonia che di giorno li pervade. È come immergersi personalmente in “Lost in Translation” di Sofia Coppola. Questo, nonostante il gioco mostri degli evidenti limiti tecnici probabilmente derivanti dallo sviluppo cross-gen con PS3. Tokyo e Osaka nei loro fittizi quartieri anni ‘80, fatti di cabine telefoniche, taxi colorati e giapponesi col cercapersone, offrono intrattenimenti di ogni genere, dal bowling al karaoke passando per le immancabili discoteche e locali in cui visionare sex tape con attrici in carne e ossa. Video che, ovviamente, lasciano ampi spazi all’immaginazione e che non mostrano eccessive nudità. Ma in fondo Kamurocho e Sotenbori sono pur sempre i quartieri giapponesi del vizio e un ottimo modo per spillare soldi a chiunque cerchi un po’ di svago. Ognuna di queste attività per quanto possano sembrare dei semplici orpelli, costituiscono invece la punta di diamante dell’intera serie, che risplende di luce propria tra i vicoli delle città. Non sarà raro passare intere serate a “cantare” in un locale o a chiudersi con un Ufo Catcher (ovviamente in una sala giochi Sega) per acchiappare l’ultimo pupazzo e completare cosi la propria collezione.
Perché Tokyo e Osaka sono anche questo e Yakuza 0 lo sa bene. Ogni minigioco ha le proprie regole, il proprio grado di difficoltà e, ovviamente, le proprie ricompense, magari fini a se stesse, ma indubbiamente in grado di appagare il giocatore. E come non parlare dei conbini (piccoli discount aperti H24 in cui fare rifornimenti) o dell’infinità di ristoranti tipici di cui sono disseminate Kamurocho e Sotenbori? Insomma, Yakuza 0 offre veramente tante, quasi troppe cose da affiancare alla storyline principale, che già di per sé garantisce una longevità che si attesta ampiamente sulle 40 ore di gioco. Sempre che qualche Yakuza non vi pianti prima un coltello nella schiena.
DANNATA CROSS-GEN
Yakuza 0 è lungi dall’essere perfetto ma c’è da dire che ci si avvicina parecchio.
Per quanto tecnicamente mostri delle incertezze, con compenetrazioni poligonali bad clipping e una resa generale degli ambienti non proprio eccellente, la realizzazione dei modelli poligonali dei personaggi e le loro espressioni facciali compensano ampiamente ogni altra lacuna.
Rabbia, frustrazione, tristezza, ogni singola emozione trova nelle curve del loro viso il veicolo perfetto per giungere al giocatore: la pelle d’oca nei momenti più concitati della storia è garantita. Senza contare il superbo lavoro di doppiaggio in lingua giapponese che avvicina l’opera di Sega più a un film interattivo, con transizioni tra gameplay e cut-scene praticamente indistinguibili. E, per chiunque abbia una buona conoscenza della lingua nipponica, questo elemento da solo dovrebbe essere sufficiente per spingere all’acquisto del gioco.
PRO
- Sistema di combattimento estremamente divertente
- Storia e personaggi eccezionali
- Tante cose da fare
CONTRO
- Tecnicamente mostra qualche incertezza di troppo
- Subquest un po’ troppo simili tra loro