Dopo quasi sei anni di sodalizio tra Capcom e Nintendo 3DS, la software house giapponese ha deciso finalmente di fare il grande passo e riportare Monster Hunter sulle macchine da gioco casalinghe. Una transizione non certo priva di ostacoli ma voluta fortemente da Ryozo Tsujimoto, producer della serie, con l’obiettivo di riproporre sul grande schermo lo stesso sistema di gameplay che ha sdoganato questa serie anche al di fuori dei confini nipponici. Ma a distanza di un mese dalla pubblicazione di Monster Hunter: World su PS4 e Xbox One (per la versione PC c’è da aspettare il prossimo autunno) possiamo dire che l’esperimento, purtroppo, è riuscito solo a metà.
Ma per analizzare a fondo in cosa questo titolo differisce dai suoi predecessori abbiamo pensato di prenderci il giusto tempo per studiarlo: trenta giorni in cui il sottoscritto è stato “costretto” a barcamenarsi tra le poderose zampate di Anjanath indemoniati, folgoranti lampi dei Kirin e le diaboliche esplosioni del Bazelgeuse, mettendo a repentaglio la propria salute fisica e psichica per capire cosa deve o non deve aspettarsi un cacciatore veterano della serie.
Tutto questo è stato fatto solo per voi, sia chiaro, e non certo perché chi scrive ha all’attivo un migliaio di ore sugli episodi pubblicati su Nintendo 3DS.
Benvenuti nel nuovo mondo
Come da tradizione, la serie Capcom non ha mai brillato sotto il profilo narrativo e Monster Hunter: World non si presenta certo come un’eccezione. In fondo il franchise ci ha da sempre abituato a ricorrere a pretesti più o meno plausibili per mandarci a caccia di mostri senza costruire storie inutilmente complesse che distoglierebbero l’attenzione dal gameplay, da sempre vera punta di diamante della serie. In questo nuovo capitolo ci troveremo a supportare una squadra di ricerca della Gilda dei Cacciatori intenta a studiare il comportamento dell’ennesimo, mastodontico, drago anziano, lo Zorah Magdaros, misteriosamente in rotta verso le terre del Nuovo Mondo.
Un mero pretesto, insomma, per spingere il cacciatore che si nasconde in ognuno di noi a imbracciare le armi e fare la guerra alle numerose specie animali che popolano questo Monster Hunter. Nonostante ciò, c’è comunque da fare un plauso a Capcom per essere riuscita a costruire una storia più intrigante del solito, supportata da numerose cinematiche e dialoghi finalmente doppiati e per giunta in lingua nostrana.
Come è giusto che sia, ogni nuovo inizio porta sempre con sé delle novità e non è un caso che le terre inesplorate nelle quali saremo chiamati a portare morte e distruzione prendano il nome di Nuovo Mondo: le vecchie mappe dei precedenti MH, suddivise in blocchi con fastidiosi tempi di caricamento, cedono il passo a delle location aperte, dei mini open world in cui, finalmente, è possibile spostarsi in lungo in largo senza interruzioni di sorta. Sia chiaro, scordatevi una mappa formato gigante in stile The Witcher 3 o The Legend of Zelda: Breath of the Wild. Il mondo di Monster Hunter: World, infatti, è suddiviso in aree e, oltre alle singole zone di caccia, che adesso è possibile esplorare liberamente senza dover accettare alcuna missione, spicca la presenza di Astera, cittadina e hub centrale dal vago gusto piratesco in cui, tra le varie cose, potremmo acquistare merci, accedere alla Cassa Oggetti, rifugiarci nei nostri alloggi e accettare le consuete missioni. Ad affiancare quest’ultime, suddivise come sempre in principali, facoltative ed eventi legati ai contenuti gratuiti rilasciati mensilmente da Capcom, trovano spazio un’altra tipologia di incarichi, ovvero le taglie: delle semplici missioni di caccia, cattura o raccolta che verranno aggiunte man mano che si progredirà nel gioco. Il loro vantaggio è quello di essere potenzialmente infinite e accessibili fin da subito anche se, a differenza degli incarichi normali, si hanno un numero di tentativi limitati per poterle concludere, dopo di che scompariranno.
Ulteriore novità di questo capitolo è rappresentata dal Centro di Coordinamento, una struttura a cui dovremo consegnare materiali di diversa rarità per soddisfare alcune richieste degli abitanti di Astera e da cui potremmo accettare dei mini incarichi, come raccogliere un certa quantità di miele o catturare un determinato nemico. Trattandosi di semplici mansioni portabili a termine durante una qualsiasi missione è sempre meglio tenerle da conto, visto che si incastrano perfettamente con la perlustrazione delle ampie aree di gioco durante la ricerca e la caccia dei singoli mostri. Di converso, però, avere delle mappe così estese ha reso necessari dei cambiamenti al sistema di esplorazione adottato nei precedenti capitoli, a partire dall’introduzione degli Insetti Guida che, attraverso l’individuazione di tracce, scaglie o residui organici, consentono quasi istantaneamente di individuare il mostro a cui appartengono illuminando la strada da seguire per raggiungerlo. Questo ha reso ovviamente superflue le vecchie Palle Pittura per segnalare l’obiettivo sulla mappa e al contempo ha agevolato l’individuazione della propria preda a inizio missione.
Un’altra differenza sostanziale è la presenza quasi costante in ogni area di gioco di più mostri contemporaneamente: non è raro ad esempio, finire gambe a l’aria a causa di un Rathalos che può comparire inaspettatamente durante la caccia a un Anjanath. In questi casi, però, i mostri minacciati per il dominio territoriale dall’altra creatura finiranno per mettere in scena un piccolo siparietto in cui “fingeranno” di darsele di santa ragione: i danni che si infliggono, infatti, il più delle volte sono estremamente limitati e per lo più lo scontro si risolve con la fuga della creatura più debole tra le due. Sinceramente ci saremmo aspettati qualche interazione in più tra le bestie in conflitto che non si limiti a un botta e risposta di attacchi predeterminati e a poche specifiche animazioni. C’è da dire, comunque, che vedere un Odogaron, (un cane infernale estremamente aggressivo) che azzanna un Paulumu, (un pipistrello gigante che immagazzina aria per aumentare le proprie dimensioni) fino a sgonfiarlo come un palloncino regala sicuramente emozioni. Fatto sta che ogni scusa è buona per riprendere fiato e queste dispute per lo più fungono a tale scopo. Ovviamente per non trovarci impreparati di fronte a situazioni di pericolo come queste, è sempre meglio riempirsi lo stomaco prima o durante una missione facendo scorta di cibarie alla mensa. Sì, avete letto bene: durante. A differenza dei vecchi capitoli di MH, infatti, in questo episodio potremo usufruire dei boost derivanti dai piatti preparati dalla squadra felyne anche nel bel mezzo di una caccia, semplicemente tornando a uno dei campi base sparsi sulla mappa. Di conseguenza, vista l’importanza che questa particolare attività ricopre, le missioni di caccia e cattura risultano meno impegnative, soprattutto quando, dopo essere finiti sotto la zampa di un Uragaan, ci ritroviamo privati dei power up e con una barra di vita e stamina drasticamente ridotte. Certo, sarà comunque necessario aspettare del tempo prima che la mensa, una volta usata, torni nuovamente operativa ma vista la mole di cose che si possono fare durante una spedizione, di certo non si corre il rischio di rimanere con le mani in mano. Poi, se proprio non abbiamo voglia di aspettare, possiamo sempre accedere alla nostra personale Cassa Oggetti presente nel campo base per prelevare i potenziamenti utili per ritornare in azione. Anche qui, ci troviamo di fronte a una semplificazione forse eccessiva della struttura di gioco originale, anche alla luce della possibilità di cambiare in corso d’opera il proprio equipaggiamento e scegliere il set che riteniamo più consono per affrontare la situazione. In tal senso, l’indicatore dei danni inflitti a schermo può tornare sicuramente utile ma, di nuovo, tale feature finisce per facilitare il cacciatore privandolo del piacere di scoprire, attraverso la sola esperienza, la strategia e l’arma più adatta per ciascuna tipologia di mostro.
Basti pensare che, in Monster Hunter: World, il classico bestiario si è trasformato in una vera e propria Wiki dei mostri, con tanto di debolezze e resistenze per ciascuno di essi. Certo, è comunque necessario sconfiggere la preda almeno una volta per poterne visionare le statistiche, ma ciò non toglie il fatto che questo capitolo non si fa scrupoli ad agevolarci in forme e modi sempre diversi. Per lo stesso motivo, a malincuore, siamo costretti a dire addio a picconi, retini e cote consumabili che ora invece sono una componente non degradabile dell’inventario. Scelte, insomma, indirizzate a semplificare la struttura di un gioco che non ha mai voluto fare sconti ai novelli cacciatori. L’obiettivo di Capcom era chiaramente quello di allargare il bacino di utenza in occidente, mentre in Giappone i veterani più agguerriti possono continuare a godere dell’esperienza genuina della serie con Monster Hunter XX per Nintendo Switch. Guardando i dati di vendita dopo soli trenta giorni dal lancio, possiamo dire che la scommessa della software house nipponica con Monster Hunter: World è stata ampiamente vinta.
Quindi l’ultima iterazione del franchise è una versione “easy” dei precedenti capitoli della serie?
Assolutamente sì, ma questo non significa che il titolo non sia divertente o abbia riscritto del tutto in negativo il sistema di gioco che ha accompagnato i cacciatori della prima ora.
Chi lascia la strada vecchia per quella nuova…
Da sempre le dinamiche alla base della serie Monster Hunter possono essere riassunte nel binomio “uccidi e potenzia” (volendo forzatamente richiamare per assonanza un certo volume “Potere e Potenza” di PK). La quasi totalità dei mostri, infatti, ci offre la possibilità di realizzare la rispettiva armatura attraverso le risorse che è possibile ricavare dai loro corpi, alcuni molto più rari di altri (ad esempio Piastre, Gemme etc..). Viene da sé che per ottenere i materiali necessari a realizzare tutti e cinque i pezzi che compongono l’equipaggiamento dovremo ripetere uno scontro più e più volte contro lo stesso obiettivo mirando gli attacchi verso i punti sensibili del suo corpo, come la coda o il muso, nella speranza di riuscire a tagliare o distruggere le rispettive parti e aumentare così il numero di oggetti ottenibili a fine missione.
Rimane comunque il fatto che, in tutto ciò, la Dea Bendata ricopre un ruolo di non poco conto. Tanta dedizione, ovviamente, ci consente di preparare il personaggio alle sfide successive con mostri sempre più temibili. Questo sempre a patto di avere la pazienza necessaria per ripetere il processo ogni volta che ci si imbatte in una preda considerevolmente più potente di quella che l’ha preceduta. Nei precedenti capitoli della serie, il vantaggio principale nell’avere un set completo, oltre che a migliorare le statistiche del nostro alter ego, risiede nelle abilità insite in ogni pezzo di armatura: normalmente, infatti, pezzi dello stesso set hanno abilità identiche (che ne migliorano l’effetto generale) o della medesima tipologia. Tanto per fare un esempio, tre parti con abilità Angelo Custode consentono, a volte, di ridurre il danno subito del 50% invece che del 15%.
Tutta questa doverosa prefazione per dire che, in Monster Hunter: World, la solida struttura di potenziamento dei cacciatori che da sempre sorregge il gioco è stata (purtroppo) parzialmente rivista. Durante la prima parte del gioco (nelle missioni di basso grado), non c’è uniformità tra le skill legate a ciascuna componente di un set e questo fa venir meno la necessità di spendere tempo su un certo mostro per ottenere, ad esempio, quell’ultimo materiale che ci manca per realizzare il relativo gambale; sconfiggendo un’altra creatura è infatti possibile produrne uno dalle caratteristiche simili. Il sistema tende a tornare sui vecchi binari quando si iniziano a intraprendere le missioni di alto grado ma è sufficiente forgiare al massimo quattro pezzi di un set su cinque per sbloccare lo specifico potenziale di una certa armatura. In ogni caso, anche qui, si può sempre ricorrere ad accessori e gioielli da applicare all’equipaggiamento per ottenere o migliorare le abilità.
Di certo questa diversa impostazione ha attenuato il fattore ripetitività, da sempre croce e delizia di questa serie ma, al contempo, ha semplificato uno dei paradigmi alla base di Monster Hunter al fine di renderla appetibile, come si diceva, anche ai neofiti. Anche il livello di difficoltà, tarato in linea generale verso il basso è stato pensato per rispondere alla stessa necessità: se avete dimestichezza con i precedenti capitoli e vi ritenete cacciatori esperti allora non avrete problemi ad affrontare in solitaria buona parte delle missioni della campagna principale senza troppi intoppi. Beh, non proprio in solitaria dato che potremo fare affidamento sul nostro compagno felyne a quattro zampe che, a seconda dello strumento equipaggiato, può incrementarci temporaneamente le statistiche, distrarre un nemico o addirittura curarci una porzione considerevole di vita.
Visto che siamo in argomento, è il caso di spendere qualche parola anche sul sistema di recupero HP del nostro cacciatore, che è stato leggermente rivisto rispetto al passato. Quando usiamo una pozione o una megapozione, infatti, la vita non si ricaricherà istantaneamente ma in maniera progressiva fin tanto che il nostro alter ego è intento a bere. Ciò significa che, oltre ad essere impossibilitati a combattere per un certo lasso di tempo, basterà un semplice colpo di un nemico per far cessare l’effetto curativo. Comunque, si tratta di un problema di poco conto per un cacciatore esperto che ha già maturato una discreta esperienza con il sistema di controllo.
Ora, per dovere di completezza, scordatevi il gameplay che ha accompagnato Monster Hunter Generations con stili da scegliere e “limit break”. Ognuna delle quattordici armi presenti è stata rivista e perfezionata nel sistema di combo e nella velocità di esecuzione delle stesse. Per esempio, con la Spada-Ascia, durante la scarica di rilascio della fiala allegata ad essa, è possibile aggrapparsi letteralmente al nemico ed evitare così che possa scappare via prima di aver portato a termine l’attacco. Sempre parlando di armi, l’unico appunto che mi sento di fare riguarda il sistema di forgia e potenziamento. Rispetto ai vecchi Monster Hunter, in World la parola chiave per ampliare il proprio arsenale è “migliorare”. Di fatto è possibile forgiare da zero solo un limitato numero di spade, archi o lance e l’unico modo per incrementarne considerevolmente la potenza è quello di, appunto, ricorrere all’opzione Migliora. È possibile evolvere l’arma in nostro possesso seguendo uno dei rami di potenziamento di cui dispone, generalmente suddivisi per elemento e a cui corrisponde un determinato tipo di mostro. Per esempio, per trasformare l’Ascia d’Osso nella spada ascia di tipo acqua, avremo bisogno dei materiali del Jyuratodus, un enorme pescione che ama sguazzare nel fango delle Guglie Selvagge. Se inizialmente per i primi livelli è possibile forgiare e disfare le armi a nostro piacimento, tornando indietro nel percorso e recuperando così gli oggetti usati, dal livello cinque in poi ciò non sarà più possibile. Quindi, se volessimo nel nostro arsenale diverse Spade Ascia di alto grado dovremmo ogni volta ricominciare da zero e riottenere l’ingente quantità di materiali necessari per tutti gli step intermedi.
A completare il revisionato gameplay, infine, contribuiscono due accessori, uno permanentemente a a nostra disposizione e l’altro solo limitato nell’uso: parliamo della fionda e dei mantelli. Il primo colma la mancanza di attacchi a lungo raggio tipico delle armi bianche consentendoci di distrarre, attrarre o anche ferire considerevolmente (nel caso delle bacche bomba) il nemico di turno. È possibile portare con sé soltanto un tipo di munizioni alla volta, ma parliamo comunque di una risorsa fondamentale dal punto di vista strategico: spingere un mostro verso una trappola ambientale; distruggere una stalattite o un masso sporgente per farglielo cadere in testa; piazzare barili esplosivi per poi farli detonare usando la fionda, amplia enormemente le nostre possibilità di azione. Lo stesso vale per i mantelli, capi di abbigliamento che possono essere usati per un breve lasso di tempo ma che ci concedono considerevoli vantaggi. Tanto per dirne un paio, il mantello mimetico consente di nasconderci alla vista dei mostri, mentre quello vitalità permette di assorbire una notevole porzione dei danni subiti dagli attacchi nemici. Tutto ciò si rivela fondamentale nella componente multigiocatore, accentuando la ripartizione dei ruoli all’interno di una squadra. Prendendo come riferimento il Kirin, mentre un cacciatore con un mantello isolante tenta di tenere a bada il drago anziano e suoi fulmini, un altro invece potrebbe utilizzare quello mimetico per predisporre trappole e barili sul piano di gioco e attirare, una volta preparato tutto, il mostro verso una ingloriosa fine.
Ciurma all’arrembaggio
Ora veniamo all’ultima delle componenti chiave di Monster Hunter: il comparto online.
Anche in questo caso, purtroppo, la transizione della serie verso le console casalinghe non è stata indolore e ha portato con sé qualche problema di troppo. Nulla da dire sulla stabilità dei server o sulla velocità di connessione, (quanto meno per la versione PS4 visto che su Xbox One il matchmaking soffre di qualche difficoltà), ma per quanto riguarda la struttura delle stanze in cui vengono raggruppati i giocatori online, invece, è il caso di spendere qualche parolina. Quando accediamo al gioco ci viene richiesto anzitutto di scegliere se creare una stanza ad hoc in cui riunire amici cacciatori, oppure entrare in una a caso o scelta attraverso semplici criteri come il tipo di mostro da cacciare etc. Il problema è che questi hub posso contenere solo sedici giocatori che, tra l’altro, si ritrovano costretti a entrare in una sessione online anche nel caso in cui volessero (e non è raro che accada) vivere l’esperienza di Monster Hunter esclusivamente in single player. Certo, da sempre la serie spinge verso la condivisione e la collaborazione ma, in questo modo, il rischio è di non riuscire quasi mai a trovare qualcuno che voglia intraprendere una data missione insieme a noi. Vero anche, però, che se abbiamo amici fidati su cui contare il problema praticamente non si pone ma si tratta comunque di un fattore estremamente penalizzante e che andrebbe quanto meno rivisto ampliando, ad esempio, il numero di giocatori che una stanza è in grado di allocare.
Comunque, a smussare i difetti di questa rigida struttura online contribuiscono sicuramente le cosiddette Missioni SOS, richieste di aiuto che potranno essere accettate da qualsiasi cacciatore fuori o dentro la propria stanza. In tal caso ricevere supporto esterno è estremamente semplice, ma è anche vero che può rivelarsi un’arma a doppio taglio: maggiore è il numero di giocatori presenti in una missione, più alte saranno le statistiche del mostro da combattere. Indi per cui, non sapendo chi accoglierà la richiesta, se un cacciatore esperto o meno, si corre il rischio di complicarsi ulteriormente la vita.
In alternativa, si può sempre creare la postra Squadra di Caccia personalizzata, una sorta di stanza privata in grado di ospitare fino a 50 membri. Ciascun cacciatore può far parte al massimo di otto squadre alle quali può aderire solo su invito del capo della stessa. Per costituire una squadra è necessario recarsi alla Caccia Celeste, un’area collegata direttamente ad Astera che ha preso il posto della ex area multigiocatore dei vecchi Monster Hunter. Tra l’altro qui è possibile anche cimentarsi nelle tanto amate/odiate missioni arena, in cui i cacciatori sono chiamati ad affrontare un determinato mostro in uno spazio chiuso potendo però scegliere soltanto tra un numero limitato di set preconfezionati da equipaggiare. Come sempre, insomma, il gioco tenta di spingerci a sperimentare più tipi di armi possibili, ma difficilmente un cacciatore esperto sentirà il bisogno di provare qualcosa di diverso se non per divertimento.
In fondo andare a caccia, non è certo un gioco.
Un salto di qualità
Il passaggio a PS4 e Xbox One ha ovviamente giovato alla serie sotto il punto di vista tecnico, con texture ora in alta risoluzione e un comparto grafico finalmente degno di questo nome. C’è da dire che non siamo di fronte a un miracolo della tecnica ma le vaste ambientazioni del Nuovo Mondo, dalle Foreste Perdute fino al Torrente Eterno, sono espressione di una pluralità di flora, fauna e condizioni atmosferiche diverse che incidono in maniera considerevole sull’esperienza di gioco. È evidente la marcata direzione artistica che ha accompagnato la software house giapponese nella realizzazione dei livelli e nel modo in cui il panorama cambia progressivamente il suo aspetto nel passaggio da un’area all’altra: picchi innevati si alternano a flussi lavici e caverne primordiali; distese di sabbia cessano la loro avanzata lì dove la vita inizia a essere rigogliosa, ricolma di animali e vegetazione; specchi di acqua cristallina si contrappongono a effluvi tossici generati dalle vene gassose che scorrono nel sottosuolo. Così tanta varietà non può che rendere ogni caccia unica e a suo modo irripetibile.