Nel mondo dei videogiochi i prodotti su licenza sono stati sovente associati a qualità scadente, con diritti accaparrati in fretta e furia da sviluppatori poco brillanti per sfruttare un marchio famoso e fare soldi facili. Troviamo pessimi esempi sin dagli albori della storia di questo media: dal famigerato E.T. per Atari 2600 del 1982 al recente Aliens Colonial Marines con cui Gearbox ha pericolosamente viaggiato sul confine tra truffa e marketing.
Fortunatamente Transformers Devastation non rientra in questa categoria nonostante sia stato prodotto in sordina dalla stessa Activision che ha rilasciato quel Tony Hawk Pro Skater 5 che sta facendo gridare allo scandalo giocatori e critica di mezzo mondo.
A fugare questo rischio sono state una serie di scelte azzeccate, tra cui affidare lo sviluppo ai Platinum Games.
Generazione 1
Transformers Devastation riprende la versione originale dei personaggi creata dalla Toei e dalla Sunbow negli anni 80 per sostenere le vendite dei pupazzetti Hasbro/Takara (come accadde con i G.I.Joe) e ambienta la trama sullo stesso piano narrativo. Decisione non scontata visto che in trent’anni si sono susseguite una quantità sconfinata di serie televisive e fumetti che ne hanno reinventato il mito, aggiornandolo di volta in volta ai gusti del decennio su cui si affacciavano. La scelta della famosa prima generazione si rivela ottima per via della compatibilità tra lo stile grafico dei cartoni disegnati a mano degli anni 80 e il colorato cell-shading, ricreando una fortissima sensazione di avere tra le mani una versione completamente interattiva e graficamente migliorata di una serie animata.
Lo stile con cui sono caratterizzati Autobot e Decepticon è molto definito e consente una chiara riconoscibilità conferendo un carisma particolare a ciascuno. Tutto questo non sarebbe stato possibile rifacendosi piuttosto alla confusa interpretazione grafica usata nei film di Michael Bay.
I modelli dei personaggi sono fedelissimi in tutto e per tutto e colorati in maniera vistosa grazie ad una forte saturazione del colore. Le animazioni scorrono fluide, lasciando al tempo stesso la possibilità di cogliere momenti salienti come la trasformazione tra la forma antropomorfa a quella meccanica dei robot.
Su console di generazione attuale la risoluzione raggiunge i 1080p unita a 60 fotogrammi al secondo stabili, anche nelle fasi in cui lo schermo è sommerso di esplosioni, nemici ed effetti grafici. Su console di vecchia generazione invece la risoluzione si ferma ai 720p e il tasso di fotogrammi sovente può calare sotto i 60 nelle sequenze più concitate, perdendo anche qualche effetto grafico nelle ombreggiature. In entrambi i casi il livello generale è molto soddisfacente anche se alcune ambientazioni come corridoi o palazzi della città sono leggermente poveri di dettagli.
Il comparto sonoro si dimostra molto vario e in grado di accompagnare ogni momento: passiamo dai temi gravi durante l’esplorazione della città semidistrutta e silenziosa (in maniera molto simile a Bionic Commando) alle musiche “metalleggianti” che infiammano i combattimenti, con un tocco elettro-dub durante i menù in cui si è chiamati a personalizzare il proprio personaggio creando chip di potenziamento, mescolando armi diverse per forgiarne di più potenti.
Ciu-ciu-ciu-ciak
La giocabilità però è il cuore pulsante del titolo. Similmente a molti titoli Platinum, il ritmo dei combattimenti è serrato e scandito da attacchi e schivate da usare sapientemente. Evitando un attacco colpo al momento giusto si attiva per pochi secondi un rallentatore, che permette al personaggio di attaccare liberamente mentre il nemico non può reagire. Gli stessi attacchi possono essere articolati in diversi tipi di combo, che culminano con una trasformazione del proprio Autobot nella sua forma veicolare per dare il colpo finale, creando un effetto molto spettacolare. In alternativa al classico approccio corpo a corpo fatto di pugni e armi bianche, è possibile anche utilizzare armi da fuoco con meccaniche in terza persona. Quest’ultima possibilità però rimane un aspetto marginale del sistema di combattimento a causa dei colpi molto limitati, evitando una deriva verso lo sparatutto in terza persona.
Per i potenziamenti è stato utilizzato un sistema basato sugli elementi, infondendo in ciascuna arma un bonus legato a fuoco, elettricità e ghiaccio, con relativi effetti personalizzati che possono incidere sui nemici in base alle scelte dei giocatori. Anche se sono disponibili parecchie combinazioni questo fattore è un bonus, non indispensabile come in altri giochi per chi non ha voglia di smanettare troppo su opzioni più tipiche di un gdr. Il requisito essenziale rimane il combattimento puro, lasciando intatta la natura d’azione di Transformers Devastation con la possibilità di vincere scontri con boss anche utilizzando armi neutre o poco potenziate a patto di aver padroneggiato schivate e combo.
Nel corso dei livelli sono state disseminate missioni secondarie o richieste speciali che spesso si basano su prove di velocità o sotto-giochi di corsa per sbloccare nuovi pezzi di equipaggiamento o raggiungere nuove aree, sostenendo la varietà generale ma senza spaziare troppo nel tipo di situazioni da affrontare. In alternativa l’esplorazione può portare alla ricerca di collezionabili sotto forma di rapporti che spiegano la storia dei personaggi oppure droni e bandiere Decepticon da individuare ed eliminare. Soffermandosi su questo aspetto però emerge un’altro senso di ripetitività: quello di alcune ambientazioni, visto che spesso si è portati a muoversi lungo le strade della città che evidenziano una scarsa varietà nei modelli proposti (quasi sempre palazzi tutti uguali e spiazzi con giardini in cui affrontare i nemici).
Commander o Optimus?
La campagna intrattiene per otto ore circa se affrontata a livello normale (da ignorare le voci su 4 ore di longevità che girano in rete), soffermandosi brevemente sulle missioni secondarie e provando alcune combinazioni per potenziare l’equipaggiamento. A queste otto ore bisogna aggiungerne altre fornite dalla modalità sfida.
Lo stesso livello di difficoltà superiore al classico “Normale” diventa un’intrigante aggiunta, richiedendo una conoscenza perfetta di ogni aspetto del gioco, rimodellando l’esperienza e l’approccio in maniera completamente diversa, più serrata e coinvolgente. Chi ha adorato Vanquish e Bayonetta non potrà che apprezzare una curva di sviluppo della giocabilità così ricca e profonda, mettendo in evidenza la differenza tra un livello di difficoltà fatto bene (in cui la sfida è alta ma proporzionale alla bravura sviluppata dal giocatore) e uno fatto male (in cui vengono semplicemente alterati i danni, creando situazioni frustranti indipendentemente dal giocatore, come avviene in molti Fps).
Pro
- grafica cel-shading di ottima qualità
- progressione poco lineare ma al tempo stesso non dispersiva
- giocabilità sui canoni qualitativi dei Platinum Games
Contro
- la meccanica delle armi e del bottino risulta parecchio accessoria e superflua
- alcune missioni possono risultare ripetitive