Se c’è una cosa che il mondo dei titoli indipendenti ci ha insegnato è: le barriere si possono abbattere. Sto ovviamente parlando di barriere “linguistiche” e persino stilistiche se vogliamo: esistono numerosi titoli creati da team occidentali che si rifanno all’ormai celebre ed apprezzato stile giapponese/anime. Il problema è che spesso si nota la mancanza (soprattutto per chi, come me, è assai appassionato di tutto ciò che arriva dalla terra del Sol Levante) di “qualcosa” difficile da definire con una semplice parola. Semplicemente parlando, i giapponesi hanno una “forma mentis” unica che permette loro di creare intrecci narrativo/artistici di genere ben definibile ed immediatamente riconoscibile.
Le opere nostrane (intese come occidentali ovviamente) che tentano di scimmiottare lo stile giapponese spesso si rivelano deludenti copie-carbone di “tropes” narrativi ed estetici di stampo nipponico. Tokyo Dark Remembrance, opera dello studio indipendente Cherrymochi, ha visto la sua nascita dopo una campagna Kickstarter di successo che ha portato nelle tasche del team più di 225.000 dollari canadesi, circa 155.000 euro, ed un contratto di publishing con Square Enix. Perché è importante riportarlo? Continuate la lettura e lo scoprirete.
VEDO LA GENTE MORTA
Ayami Ito è una giovane detective che lavora al dipartimento di Polizia nella città di Tokyo ed è da tempo alla ricerca del proprio collega Tanaka, misteriosamente scomparso. Una notte, nei bassifondi della città, la ragazza entrerà in contatto con un mondo che avrebbe preferito non conoscere mai. Ricordo offuscati, immagini sanguinolente ed una ragazza che avrebbe dovuto essere morta ma che era ancora lì, davanti a lei, armata di coltello e di uno sguardo pietrificante che trasmette la follìa più viscerale. Dopo un terribile breakdown psicologico, Ayami decide di indagare a fondo per scoprire la verità nascosta dietro la sparizione di Tanaka e di capire cosa si cela dietro ai misteriosi poteri di una maschera maledetta.
Incipit interessante per un’avventura dalle tinte oscure che mescola lo stile occidentale della classiche avventure grafiche con quello spiccatamente nipponico delle visual novel. Lo stesso studio di sviluppo ha più volte marcato l’ideologia di base del loro lavoro: unire con un “ponte” lo stile videoludico occidentale e quello orientale. Il prodotto finale (qui in versione console con alcune aggiunte rispetto alla versione PC originale) è un titolo che si difende bene su alcuni fronti ma crolla davanti ad un esame più approfondito, soprattutto se lo si guarda con l’occhio critico di chi conosce a menadito i prodotti dell’industria giapponese.
Partiamo da un presupposto di base che molti si ostinano a negare: noi (inteso come “occidentali”) non sappiamo fare anime nel senso stretto del termine. Tentare di scimmiottare sul fronte tecnico/artistico ciò che viene dal mercato giapponese è una pura perdita di tempo. Ci manca proprio quella scintilla particolare che i creativi giapponesi hanno e che noi non avremo mai.
Si nota benissimo in Tokyo Dark Remembrance, in particolar modo durante le scene che dovrebbero trasmettere pathos ed emozioni forti. Mancano quelle scelte sonore e stilistiche che un game designer giapponese avrebbe sicuramente inserito, mancano effetti adeguati, manca il “climax” se vogliamo. Nonostante le cutscenes animate siamo di miglior qualità rispetto alle sezioni narrative in-game, si ha sempre la sensazione di avere tra le mani qualcosa che tenta di imitare qualcos’altro perdendone lo spirito più puro. La mancanza di una opening degna di questo nome riprende perfettamente il concetto appena descritto.
PAZZIA E SAGGEZZA
Il sistema S.P.I.N. (acronimo di Sanità, Professionalità, Indagine, Nevrosi) è molto interessante sulla carta e permette di approcciarsi a questa oscura vicenda in modo più personale. Ma ho scritto “sulla carta” per un motivo ben preciso: in realtà le decisioni che prenderemo basandoci su determinati parametri influiranno solo in parte su ciò che accadrà durante il gioco. L’idea di inserire metri di valutazione e determinate sequenze causa-effetto è certamente buona, ma andrebbe esplorata a fondo ed implementata nel modo più graffiante possibile.
Il gioco ha delle buone idee di fondo e si rivela più piacevole del previsto nonostante i difetti elencati: ci sono molte cose da fare e le situazioni descritte possono appassionare il giocatore giusto, se si è disposti a sorvolare sui difetti presenti. Sicuramente l’ambientazione è degna di nota e presenta numerosi scorci e spunti interessanti, che vengono però in buona parte persi per strada a causa di un comparto grafico imbarazzante per molti aspetti. Il gioco, come dicevamo, ha ottenuto un cospicuo finanziamento ed è stato pubblicato sotto l’ala protettrice di Square Enix Collective. Com’è possibile quindi trovare texture visibilmente “allungate” con relativa perdita di qualità grafica, elementi dello scenario chiaramente poco rifiniti ed alcuni che paiono proprio inseriti senza i dovuti accorgimenti tecnici?
Lo stesso problema evidenziato prima (ovvero la mancanza di “scintilla giapponese”) si ritrova anche nella colonna sonora di Tokyo Dark Remembrance. Affidata a Matt “Bison” Steed, frontman della band trash metal Reign of Fury, è certamente di buona qualità ma tenta in alcuni casi di ricalcare lo stile j-rock che la fa da padrone in gran parte dei titoli provenienti dal Giappone, fallendo miseramente nell’intento.
Considerati i mezzi (finanziari) a disposizione ed i contatti (di ottima qualità) che il team Cherrymochi ha in tasca, piuttosto che tentare di imitare lo stile anime sarebbe conveniente sviluppare una propria direzione artistica (anche simile a quella tipicamente nipponica) e realizzare qualcosa di unico. Allo stato attuale il gioco è certamente divertente e con più di un momento interessante, ma la qualità generale viene abbassata notevolmente da alcune scelte poco oculate e dal tentativo costante poco riuscito di realizzare qualcosa che imita qualcos’altro.
PRO:
- Ambientazione e comparto sonoro di buona qualità
- Meccaniche di gameplay originali per un’avventura grafica
CONTRO:
- Tecnicamente troppo grezzo, a volte persino imbarazzante
- La trama scade in scelte narrative viste e riviste
- “Regia” non propriamente piacevole: molte scene clou mancano di mordente e di appropriata narrazione
Versione provata: Playstation 4
Voto: 6.5