Le avventure grafiche sono state uno dei generi videoludici più popolari degli anni 90, al punto che Monkey Island divenne un fenomeno citato non solo nelle battute, ma anche nella sua impostazione. Abbastanza scontato che fosse Ron Gilbert, uno degli autori originali, a firmare Thimbleweed Park.
Guarda! Una scimmia a tre teste!
Gilbert, nel produrre Thimbleweed Park, ha letteralmente ignorato ogni forma di reinterpretazione grafica. Questa sua nuova produzione infatti sfoggia la stessa grafica in pixel dei titoli di un tempo, limitandosi ad aggiungere dettagli e smussarne gli spigoli e rendere il tutto molto gradevole alla prova dell’alta definizione. Per il resto questo gioco sembra uscito da fine anni 90, come pubblicato in coda ai titoli LucasArts, anziché adesso.
Una scelta voluta, in quanto questo vuole essere non solo un revival di un genere rimasto in soffitta per troppo tempo, ma anche una celebrazione di quei primi esemplari, che tanto sono rimasti nel cuore degli appassionati.
La trama comincia con un delitto; un cadavere viene rinvenuto in quel di Thimbleweed Park, portando due agenti dell’FBI ad indagare sull’accaduto (i quali sono modellati per ricordare i protagonisti di una famosa serie tv che molti sicuramente conoscono). I protagonisti della vicenda però sono anche Delores, una giovane ragazza che ambisce a diventare una sviluppatrice di videogiochi, un clown volgare e un fantasma. Nonostante questo assortimento possa sembrare inusuale ai più, si scorge lo stesso gusto per l’umorismo nosense angloamericano che era tipico delle avventure grafiche LucasArts come, appunto, Monekey Island. Questa venatura comica infatti è presente in modo onnipresente nei dialoghi, nelle situazioni e in molti altri comprimari che vengono presentati, mantenendo intatto un elemento tipico che riuscirà a strappare più di una risata a qualsiasi tipo di giocatore con la sua simpatica assurdità.
Nel suo volersi mantenere vicino alla tradizione, Thimbleweed Park finisce per abbondare anche con il citazionismo, inserendo riferimenti che molti fan delle avventure grafiche riconosceranno, ma anche giocando esplicitamente con luoghi comuni associati a quei titoli. Ecco quindi che i collezionabili diventano dei minuscoli puntini, quasi impossibile da scorgere, per ironizzare sugli impercettibili e scomodi punti di interazione ambientale. Delores invece romperà la quarta parete felicitandosi di non essere in un gioco della Sierra (casa concorrente della Lucas), in cui le morti dei personaggi erano inserite come espediente per allungare la longevità forzando i game-over e le ripartenze.
Se da un lato tutte queste cose saranno fantastiche per gli appassionati e i nostalgici, spingere così tanto su questo aspetto potrebbe finire per rendere alcuni passaggi poco chiari per un pubblico che voglia avvicinarsi al genere, scoprendolo da zero.
Wow, un secchio di fango! Ed è mio, tutto mio!
Il menù è ripreso alla pari di quelli di un tempo, con l’interfaccia verbale attraverso cui scegliere azioni e oggetti da combinare e con cui interagire. L’insieme permette di effettuare ogni azione con un paio di click in maniera rapida e agevole, per risultare ancora più funzionale. Sono stati inoltre aggiunti gli spostamenti rapidi per permettere di ammortizzare i tempi morti e rendere la progressione più snella.
Nel complesso Thimbleweed Park si dimostra un esponente di un genere capace di intrattenere ancora oggi, specialmente grazie alla presenza di enigmi che rendono la sua componente ludica importante e scongiurano il rischio che l’esperienza diventi troppo passiva, mantenendo il giocatore in un ruolo attivo ed evitando che si ritrovi come semplice spettatore, come avviene nelle avventure cinematiche in stile TellTale. Quest’ultimo genere di giochi infatti ha soppiantato le avventure grafiche quando si parla di giochi con una forte narrativa, tuttavia nel farlo ha ridotto veramente all’osso anche quel minimo di giocabilità che era ricoperto dagli enigmi, al punto che il ruolo dell’utente spesso si limita solamente a scegliere una risposta in gran parte dei capitoli.
Le avventure grafiche invece riaffermano l’importanza e l’apporto del giocatore, il quale ritrova il suo ruolo centrale nella progressione. Talvolta questi enigmi risentono di una decifrabilità non proprio immediata, ma per fare fronte anche a questo problema è stata aggiunta una modalità casual per rendere le cose più lineari e semplici a chi non sia pratica di punta e clicca. L’intenzione è quella di proporre un prodotto dal gusto retrò, ma comunque accessibile e godibile anche da un pubblico neofita.
Pro
- enigmi divertenti e modalità accessibile per neofiti ed esperti
- tutto lo stile e l’umorismo delle avventure LucasArts
- ottima grafica pixel
Contro
- una eccessiva autoreferenzialità e citazionismo ad uso e consumo dei nostalgici