Se siete tra quelli che contano i giorni che vi separano dal prossimo fine settimana, se siete tra quelli che al momento di staccare da lavoro si preparano come un centometrista alle Olimpiadi, allora l’idea di una fuga dall’ufficio sarà senz’altro familiare.
Office Quest in fondo però ha un significato più profondo che il semplice affrancarsi dalla fatica del turno di lavoro. L’avventura dell’apatico protagonista è una evasione dalla routine, dalla monotonia del quotidiano, dove l’ufficio rappresenta solo la prima tappa attraverso una serie di situazioni al limite del ridicolo.
Che l’ambientazione infatti non sia esattamente realistica lo si può dedurre dall’aspetto dei personaggi, antropomorfi nella maggior parte dei casi, si, ma comunque inseriti in strani costumi che gli donano attributi bizzarri o animaleschi. Tutti i siparietti che si vengono a creare sono densi di umorismo nosense tipico della tradizione anglosassone, suscitando un’ilarità non sguaiata ma sicuramente buffa e divertente.
La narrazione infatti viene portata avanti senza un vero filo logico, senza dialoghi, lasciando solamente ad un susseguirsi di eventi assurdi il compito di dipingere la rocambolesca storia. Office Quest è un’odissea in cui ci si perde nello svarione, dove la razionalità diventa sempre più estranea ad ogni passo e dove non bisogna farsi troppo domande ma lasciarsi coinvolgere, trovandosi spesso a sghignazzare per qualcosa che avremmo difficoltà a descrivere a parole.
La componente ludica tuttavia non viene a mancare e in questo frangente la presenza della logica invece si fa sentire. Come in ogni avventura punta e clicca che si rispetti bisogna infatti raccogliere degli oggetti indispensabili per proseguire, così come risolvere degli enigmi. Grazie ad una buona composizione, i rompicapo appaiono ben progettati, capaci di spingere l’utente a scervellarsi il giusto, ma senza essere talmente astrusi da bloccare la progressione. Il limite dell’insieme però emerge per via di come il di game design ha impostato proprio quest’ultimo aspetto: ovvero l’avanzamento nel corso del gioco. Ogni zona che visitiamo infatti è una specie di casella circoscritta, in cui bisogna trovare la soluzione giusta nel corso di due o tre stanze e con un numero limitato di oggetti, per poi proseguire e lasciarsi alle spalle un luogo senza più farvi ritorno.
Sotto questo aspetto manca il respiro largo di altre avventure grafiche, che invece tendono a consegnare nelle mani del giocatore anche oggetti da sfruttare non nell’immediato, oppure presentando aree molto ampie in cui fare ritorno più volte, come già Moneky Island aveva abituato.
Questa eccessiva linearità si traduce in una longevità più condensata, portando a completare Office Quest nel giro di tre ore circa e rendendolo molto più lineare rispetto alla media del genere. Graficamente lo stile adottato richiama molto un cartone animato contemporaneo, tuttavia la scelta del bianco e nero per la scala cromatica punta a rafforzare l’effetto di grigiore e banalità in cui il protagonista si trova a vivere. L’unica nota di colore è data da un bizzarro puntino rossastro, che si presenta di tanto in tanto dinnanzi al protagonista, attirandolo in lungo e largo e trascinandolo lungo i livelli. L’idea che il colore sia costantemente inseguito dal personaggio principale diventa così il filo conduttore di questa fuga dalla monotonia, una metafora della routine quotidiana, che Office Quest punta a raccontare.
Pro
- direzione artistica originale e umorismo nosense divertente
- enigmi ben sviluppati
Contro
- molto lineare
- longevità non elevata