Diversi autori di videogiochi sono diventati celebri per il loro stile. Nel caso di Giochi Suda si tratta di uno stile surreale, denso di umorismo graffiante, violento, ma anche macchiavellico e originale. The Silver Case, opera prima del suo studio Grasshopper Manufacture, era un esempio di come certe atmosfere e personaggi fossero tipici delle stue storie. Dopo la rimasterizzazione di questo titolo, ora tocca al suo seguito, The 25 Ward, uscito originariamente per cellulari un decennio or sono.
Nicholas Winding Suda
Come il predecessore, anche 25 Ward è una visual novel composta principalmente da schermate statiche, su cui la trama viene narrata tramite i dialoghi. Inutile aspettarsi l’azione di giochi come No More Heroes o Killer is Dead. Questo filone di racconti testuali fa parte di un periodo in cui Suda era ancora lontano dalla complessità dei titoli tridimensionali più elaborati e scelse una formula minimale per dare corpo alle sue storie. C’è quindi tanto da leggere, ma bisogna riconoscere che per la media del genere visual novel, il ritmo utilizzato è decisamente veloce, fatto di dialoghi piuttosto brevi e vivaci. Aiuta anche la divisione per episodi, che permettono al giocatore di spezzare la lettura in diversi capitoli che trattano ciascuno un determinato caso poliziesco, mantenendo una trama di fondo.
Come contorno sono presenti anche alcuni enigmi e un’interfaccia da avventura grafica che consente di scegliere alcune semplici opzioni, come esaminare qualcosa, parlare con qualcuno o utilizzare un oggetto. Anche questo, per quanto ricopra un ruolo asciutto nell’economia del gioco, serve molto ad evitare di seguire ininterrottamente dialoghi per troppi minuti di fila, donando più respiro rispetto molti titoli analoghi. La grafica è stata rimasterizzata, tuttavia rimane palese l’origine umile di questo progetto, che fu distribuito nei primi anni duemila per cellulari. Le illustrazioni in compenso offrono una visione artistica molto calzante ai toni della trama e aiutano a tratteggiare molto bene le atmosfere.
Goichi Tarantino
La vicenda di 25 Ward inizia a pochi anni dal finale di Silver Case. Nel primo capitolo avevamo archiviato il mistero di un assassino seriale che aveva ripreso a mietere vittime dopo aver passato quindici anni in stato vegetativo. Non erano mancati i colpi di scena, alcuni di proporzioni piuttosto consistenti e capaci di spingere la trama ben al di là delle aspettative del giocatore, sviluppando anche in modo originale la figura tradizionale dell’omicida, per come viene solitamente dipinto nei polizieschi. Il venticinquesimo distretto del titolo è quindi la nuova ambientazione, un nuovo centro urbano che dovrebbe affrancarsi dalla spirale di violenza e follia vista precedentemente, ma che invece appare funestata da misteriosi casi di suicidio, alcuni avvenuti in circostanze e modi al limite del credibile.
I protagonisti, per svariati motivi, si trovano ad indagare in parallelo su queste vicende, offrendo ciascuno una sua personale visione. Questa impostazione permette un bel bivio narrativo: il giocatore può decidere di seguire prima tutta la storia assieme ad uno dei personaggi, per poi iniziare a rivisitare gli stessi eventi attraverso il punto di vista di un’altro, scoprendo così altri retroscena. In alternativa è possibile completare un caso e poi rigiocare lo stesso negli altri scenari, componendo il mosaico tassello per tassello e arrivando all’epilogo della trama principale con una visione più chiara degli eventi, ma al prezzo di perdere una leggera suspense.
Lynch51
Rispetto al primo capitolo l’interfaccia utente è stata resa molto più snella e agevole, così come gli spostamenti. Ora non è più necessario muoversi in ogni angolo delle stanze per poterle esaminare, ma si è aiutati da un comodo menù che ci introduce direttamente ai punti visitabili e alle interazioni che possono essere svolte, senza doverle cercare di volta in volta. Il menù è di rapido accesso, attraverso una specie di dado su cui selezionare le proprie opzioni. Questo aspetto aiuta non poco la progressione, limando quello che era il difetto più evidente del primo Silver Case, ovvero quella sua spigolosità nel menù.
Il pezzo forte però rimane il personalissimo stile di Suda51, riscontrabile in ogni dialogo e situazione. Se il genere di riferimento è quello del thriller poliziesco, una vena folle e creativa giunge a dare originalità e personalità all’insieme. Da un lato abbiamo una crepuscolarità fortissima, che sostiene delle tinte noir decisamente riuscite e crea forte tensione e mistero sulle morti oggetto delle indagini. Dall’altro abbiamo dialoghi sferzanti e situazioni assurde.
In una scena si passa da una chiaccherata tra investigatori infarcita di trash-talking, a scoppi di violenza improvvisi. In un’altra ci si perde in disquisizioni filosofiche sul concetto di assassinio seriale e di crimine, tratteggiando scenari inquietanti man, mano che si scoprono dettagli sulla trama principale.
Il mondo poliziesco di Suda è perennemente in bilico tra Quentin Tarantino e David Lynch, tra Robert Rodriguez e Nicholas Winding Refn, con risultati spiazzanti e sorprendenti. Un noir lisergico, fatto di pazzia ragionata.
Pro
- storia originale e con una forte atmosfera, narrazione ricca di trovate
- interfaccia utente migliorata
Contro
- grafica piuttosto basilare, poco aggiornata rispetto l’originale per cellulari