Negli ultimi anni siamo stati abituati ad una massiccia riproposizione di giochi dell’era 16bit tramite la Virtual Console dei sistemi Nintendo, i quali hanno ripresentato molti classici di quell’epoca anche a chi non li aveva giocati. Non avendo più una sua linea di console, Sega ha dovuto ripiegare su alcune raccolte tematiche, con una distribuzione meno costante in termini di diffusione. Molti titoli del catalogo Mega Drive inoltre sono il prodotto di una Sega eclettica come poche, capace di creare nuove IP con grande versatilità e costanza, senza ricorrere ai soliti brand, ma con l’effetto collaterale di non cementificare la popolarità di tutte le sue pietre miliari nel corso degli anni. La raccolta Mega Drive Classics però offre una panoramica molto vasta e interessante su esponenti che hanno fatto la storia degli anni 90 e molti dei 50 giochi offerti riescono ad essere un estratto affascinante per i retrogiocatori al pari dei corrispettivi di un Super Nintendo Mini, per citare un contenitore dell’era 16bit recente.
Presenze e assenze: quando la giustificazione a scuola te la scrive l’avvocato
Specifichiamo che ci sono alcune mancanze, tuttavia per lo più giustificate da motivi di diritti legali. Sonic 3 non è presente in quanto alcune musiche vennero prodotte da Michael Jackson e la fondazione Jackson Estate, che ne gestisce i diritti dopo la scomparsa, sembra essere più rigida riguardo licenze (linea non condivisa in vita dal cantante, il quale diede molto volentieri le concessioni essendo lui stesso un grande appassionato di videogiochi). Medesima cosa per Ecco the Dolphin, dato che il creatore ha coinvolto Sega in una bagarre per i diritti del marchio dopo che è fallita una sua campagna indipendente su Kickstarter per crearne un seguito putativo, con l’intento di farsi assegnare la gestione del brand per usarlo come maggior volano pubblicitario in una nuova raccolta fondi.
Gli ottimi titoli su licenza Disney rimangono fuori per motivi praticamente ovvi. Assenti ingiustificati sembrano essere invece Virtua Racing, Thunderforce ed Eternal Champions, il primo è il miglior gioco di corse per Mega Drive, il secondo uno smhup a scorrimento orizzontale, il terzo un emulo di Mortal Kombat, con una rosa di combattenti molto ispirata e con una serie di fatality originali. Sul piano tecnico la qualità dell’emulazione è buona. Sono presenti diversi filtri grafici per smussare i pixel o inserire le scanlines, oltre che poter mettere in pausa ed effettuare salvataggi in qualsiasi momento e per qualsiasi gioco, gestire il multigiocatore online e accedere ad una sezione sfide apposita.
La panoramica dei migliori, divisi per serie e genere videoludico
Quando l’allievo supera il maestro nel mondo dei videogiochi è il caso di parlare di Streets Of Rage. Nonostante il primo capitolo sia soltanto un titolo discreto, è con il secondo e il terzo che la serie compie un balzo capace di superare la solida tradizione Capcom nel settore dei picchiaduro a scorrimento. Streets of Rage 2 è dotato di una grande varietà di livelli, un comparto mosse facilmente eseguibile ma ricco (consigliamo di leggere una guida, visto che giocare Sor limitandosi a premere un tasto ripetutamente significa perdersi metà di ciò che ha da offrire) e un gruppo di personaggi con caratteristiche e stile di gioco davvero differente. Ciò porta al massimo livello tutto ciò che Final Fight ha introdotto nel genere, aggiungendo nel terzo anche diversi finali e personaggi sbloccabili.
Ciliegina sulla torta le eccellenti musiche che hanno contribuito alla fama di Yuzo Koshiro, compositore simbolo delle migliori colonne sonore dell’epoca 16bit. Ottimo da giocare anche Comix Zone, un picchiaduro ambientato dentro ad un fumetto in cui il protagonista può interagire con i fondali creando una serie di situazioni sorprendenti e curiose (come strappare pezzi di vignetta durante la lotta).
Gunstar Heroes ha spianato la strada a Metal Slug, elevando ciò che la serie Contra aveva inaugurato. I protagonisti affrontano livelli frenetici, zeppi d’azione, in cui bisogna sparare a qualsiasi cosa si muova su schermo, evitando al tempo stesso fiumi di proiettili e nemici con salti e scivolate. Come in tutti gli sparatutto Treasure troviamo una solidissima giocabilità che gratifica il giocatore in un’orgia di esplosioni, laser e nemici distrutti. Aggiungiamo chicche di progettazione come una piccola sezione basata sul gioco dell’oca, dove si avanza nel livello lanciando un dado che ci sposta su varie caselle del tabellone corrispondenti ad aree con nemici o bonus.
Nella categoria run&gun/platform bisogna citare anche i due Vectorman, dotati di una grafica con personaggi prerenderizzati in 3d e di un level design molto elaborato, che permetteva di effettuare più partite scoprendo ogni volta sezioni nuove e sbloccando armi e trasformazioni per il robot protagonista. Tecnicamente notevole, giocabile e ricco di cose, Vectorman rimane una delle produzioni meno conosciute per Mega Drive, ma più interessanti.
Shinobi rientra tra nel campo azione/platform che molto ha in comune con i primi Ninja Gaiden e Shadow Dancer (passato alla storia come “il gioco del Ninja col Cane”). Contrariamente a Gunstar Heroes, in Shinobi la velocità e la freneticità dei movimenti è richiesta solo in determinate parti, per il resto del gioco correre all’impazzata sarebbe inutile. Genere simile ma cambia l’approccio: è necessaria maggiore precisione nell’affrontare i nemici, muovendosi per livelli che accennano al platform spostandosi su un parallasse orizzontale e verticale e mischiando attacchi ravvicinati e a distanza con katana e shuriken. Come in Ninja Gaiden si mescolano atmosfere mistico-orientali tipiche del mito dei ninja e delle arti marziali con nemici robotizzati, basi tecnologiche, facendo scontrare tradizione con modernità. Uno dei più riusciti esempi di come si possano fondere generi diversi in un unico titolo.
I giochi di ruolo non potevano essere rappresentati meglio. I capitoli 2,3 e 4 di Phantasy Star valgono bene la prova in quanto riescono a proporre ambientazioni, trame e una narrativa ancora oggi originali, innovative e suggestive. Il loro valore inoltre è dato dall’aver anticipato parecchi aspetti che sarebbero diventati poi un classico di molte produzioni successive (come lo scenario fantascientifico di un gdr, alcuni tipi di colpo di scena che Squaresoft ha impiegato poi nei suoi titoli più di successo, lo spawning generazionale di Fire Emblem, musiche multi-layer in base alla formazione del gruppo). In un certo senso i PS per Mega Drive sono il corrispettivo dei Final Fantasy di quegli anni, con un combat system ugualmente solido e con molta audacia nelle trame.
Meritevoli di una menzione anche i due Shining Force, questi più classicamente legati alla tradizione fantasy, comunque gradevoli anche se non all’altezza del collega sopracitato. Per non farsi mancare proprio nulla è presente anche Shining in the Darkness, un dungeon crawler con livelli pseudo tridimensionali, graficamente ben realizzati per un 16bit.
Story of Thor/Beyond Oasis e Landstalker furono considerate due ottime alternative a Legend of Zelda per Mega Drive e le loro valutazioni furono a dir poco eccezionali sulla stampa degli anni 90. Entrambi mescolano esplorazione, elementi gdr ed action, tuttavia il primo ricorre ad una telecamera dall’alto, mentre il secondo utilizza una visuale tridimensional-isometrica davvero molto suggestiva per rendere il dettaglio delle ambientazioni. Entrambi rimangono estremamente pregevoli ancora oggi. Wonderboy in Monster World invece è un platform con elementi metroidvania e gdr con mondi particolareggiati e con un uso del backtracking ben implementato. La possibilità di sbloccare armi e abilità speciali dona una maggiore ricchezza ai livelli e una profondità che inspessisce l’elemento action-platform.
Per gli amanti dei puzzle game alla Tetris sono presenti Columns, in cui bisogna combinare tre gemme dello stesso colore, oppure Dr.Robotnik Mean Bean Machine, una variante del collaudato Puyo Puyo.
Un pizzico di arcade spensierato può offrirlo anche Sonic Spinball, bizzarro gioco di flipper in cui la pallina è rappresentata dallo stesso Sonic, il quale deve colpire i moltiplicatori di punti con il suo spin attack. Particolarmente curata la struttura dei tabelloni, con diverse aree e sotto aree, le quali donano una profondità inaspettata a quello che potrebbe sembrare un banale flipper.
Non si poteva chiudere senza citare i platform. I primi due Sonic sfoggiano lo stesso level design elaborato, esplorabile in orizzontale e in verticale, la giocabilità di grande impatto e la presenza di diverse aree segrete, livelli bonus e quanto altro possa fare la gioia degli amanti di questo genere videoludico. In assenza del terzo è stato inserito Sonic 3D Blast, un esperimento in cui si cercò di proporne le meccaniche all’interno di livelli tridimensionali isometrici. Un buon palliativo, ma non all’altezza del vero terzo capitolo ufficiale.
Da segnalare anche Ristar, passato leggermente in sordina in quanto il personaggio non venne più sfruttato dal Sonic Team, tuttavia capace di regalare uno dei migliori platform di quegli anni. Dotato di meccaniche originali, divertente e ben costruito anch’esso nel level design, rappresenta la prova che i suoi sviluppatori avevano una padronanza del genere platform tale da potersi permettere di reinterpretarlo in modi molto diversi, sentendosi liberi di non ricorrere sempre alla loro IP più famosa. Menzione speciale per Kid Chamaleon, forse più semplice e lineare rispetto i precedenti, ma comunque simpatico grazie al buon numero di trasformazioni che il protagonista può utilizzare per differenziare le sue abilità speciali lungo i livelli.
Pro
- raccolta molto variegata e che copre molti generi
- rapporto prezzo/qualità/quantità eccezionale
Contro
- mancano due o tre giochi importanti per questo catalogo