Penso che pochi giochi possano paragonarsi a Secret of Mana per quanto riguarda l’impatto avuto sulla mia personale vita da videogiocatore. Originariamente noto in Giappone come Seiken Densetsu 2 rappresenta appunto il sequel di Seiken Densetsu: Final Fantasy Gaiden arrivato a noi come Final Fantasy Adventure. Si trattava di uno spin-off action RPG della più celebre saga targata Squaresoft, ma l’ottimo risultato ottenuto in termini di critica e vendite convinsero la software house a sviluppare una serie indipendente che iniziò appunto con il gioco che noi conosciamo come Secret of Mana. Era il 1993 ed io, giocatore in erba, scoprivo un mondo eccezionalmente ampio e coronato da un gameplay molto più dinamico che si avvicinava alla serie Zelda pur presentando sostanziali differenze e più complessi combattimenti. Oggi, a distanza di 25 anni, Secret of Mana torna in vita seguendo la scia (sempre più opprimente a dire il vero) delle operazioni “revival” in voga attualmente. Un capolavoro senza tempo arriva su console moderne: cosa possiamo aspettarci?
LA SPADA RUGGINOSA
Una classica trama “arturiana” fa da sfondo alle vicende narrate in Secret of Mana: un giovane apparentemente fuori posto in un villaggio di campagna, adottato dall’anziano del posto, estrae una spada arrugginita trovata incastonata in una roccia. Al contrario però delle classiche fiabe, questo atto non porta buone cose: la spada infatti teneva a bada le forze del male e la sua estrazione le ha di fatto liberate. Il giovane quindi viene inizialmente aggredito e successivamente scacciato dal villaggio che l’ha ospitato per molti anni, catapultato nel grande mondo con la spada che gli ha causato queste sciagure: suo malgrado, il giovane eroe dovrà viaggiare per il mondo e risvegliare il vero potere della spada per distruggere la più grande minaccia che sia mai sorta dalle ceneri del passato. Secret of Mana aveva, almeno al tempo, una trama decisamente complessa e matura nonostante si presentasse in una veste simile a quella di molte altre produzioni nipponiche: il tutto si sommava ad un drastico cambiamento dai classici combattimenti a turni in favore di un combat system action. Non i “semplici” e ripetuti movimenti di spada già visti nella serie Zelda, bensì un più complesso sistema basato sulla cooperazione tra tre personaggi con tanto di incantesimi di difesa/attacco ed armi che si evolvono nel tempo.
Non è un segreto che all’epoca Secret of Mana fosse un’esperienza assai interessante, anche per la possibilità (praticamente unica nel suo genere) di giocare in compagnia di un amico: secondo joypad alla mano, il nostro sodale poteva prendere il controllo di un personaggio ed avventurarsi con noi. Ho personalmente accolto con grande entusiasmo l’annuncio del remake di Secret of Mana e mi sono goduto la bellissima “nuova” introduzione arricchita da fondali dipinti a mano con uno stile che ricorda le antiche opere d’arte giapponesi. Poi il DISASTRO. Mi ci è voluto un pò per capire se l’effettiva qualità tecnica (sia grafica che sonora) di questo remake fosse davvero quella che stavo osservando: è davvero difficile comprendere la motivazione dietro alla scelta di Square Enix di riprendere tra le mani un titolo di questa portata e portarlo nel mercato attuale tramite un’operazione di remake “cheap” a livelli imbarazzanti. Probabilmente qualunque studio indie odierno con un pò di abilità nel maneggiare poligoni potrebbe realizzare con bassissimi budget un risultato simile.
Si perde il fascino “campagnolo” delle prime fasi di gioco, si perdono i vari feeling quando si viaggia: tutto è ridotto ad un ammasso raffazzonato di poligoni dai colori brillanti e realizzati al risparmio. Unica nota positiva sono i modelli poligonali dei personaggi visti da vicino durante le cutscenes inserite per dare maggior risalto alla storia, ma anche qui si fa un passo avanti e due indietro: quasi nessuna animazione facciale, modelli rigidi come pezzi di legno. Molto carino il character design senza dubbio, anche se il senso generale è quello di veder tutto il mondo di Secret of Mana trasformato in modo da diventare il più possibile bambinesco. Sono state aggiunte anche brevi cutscenes durante i pernottamenti presso le varie locande, anche se la maggior parte si basa su una caratterizzazione dei personaggi molto basilare: ragazzo coraggioso ma impacciato, ragazza “tsundere” generica, ragazzino scherzoso ed irrispettoso dal cuore grande.
CATTIVO GUSTO
Un simile sfacelo grafico e tecnico si aggrava a causa dei pessimi remix della splendida colonna sonora originale ad opera di Hiroki Kikuta: melodie confusionarie, spesso caotiche e che tentano di dare ritmi quasi “techno” ad alcune parti della soundtrack. L’unico raggio di sole in questo cielo plumbeo è dato dalla possibilità di utilizzare la colonna sonora originale (consigliato a tutti) e dalla presenza di un buon doppiaggio giapponese. A livello di gameplay abbiamo di fronte la copia esatta di quanto visto nel titolo originale, eccezion fatta per la meccanica della corsa che ora consuma percentuali di stamina gradualmente anche mentre si effettuano curve. Ora i personaggi si muovono a 360° ma sono lungi dal considerare strategicamente le mosse da effettuare: nonostante ci sia la possibilità di gestire il comportamento degli alleati, spesso ci si ritrova con kamikaze che si buttano tra le fauci dei nemici senza tentar di schivare o comunque cambiare atteggiamento se restano con un barlume di HP. Tutto ciò che funzionava poco nel gioco originale si è mantenuto invariato: un remake (come dico quasi sempre) dovrebbe essere l’occasione per dare nuova linfa vitale ad un gioco dei tempi passati e crearne una versione migliorata in tutto, gameplay compreso.
Secret of Mana rappresentava, pur con i suoi difetti di gameplay dovuti ad imperfezioni nel concepimento del combat system action mescolato a magie che creavano brevi interruzioni nel flusso della battaglia, un titolo decisamente solido e “strano” per l’epoca. Oggi invece abbiamo a che fare con un remake che non rende alcuna giustizia al titolo originale: un’operazione commerciale decisamente deludente su quasi tutti gli aspetti che punta all’effetto nostalgia per piazzare un prodotto di bassa qualità, che evita la grave insufficienza solamente grazie ad elementi ereditati dal gioco originale. Forse alcuni giocatori moderni scopriranno Secret of Mana grazie a questo remake, ma il valore ludico/artistico di quest’opera è praticamente nullo. Soprattutto considerando che, ad un prezzo leggermente superiore, ci si porta a casa un SNES Mini con dentro il titolo originale…fate vobis.
PRO:
- Trama “shonen fantasy” sempre intrigante e funzionale
- Il doppiaggio giapponese è una gradita sorpresa
- Aggiunte alcune cutscenes per approfondire personaggi e storia
CONTRO:
- Gameplay genericamente invariato (quando va bene) e persino peggiorato su alcuni punti
- Tecnicamente agghiacciante sotto tutti i punti di vista, animazioni decenti non pervenute
- Gran parte delle cutscenes si sviluppano in gag e stereotipi shonen fantasy triti e ritriti
Versione testata: Playstation 4
Voto: 5.5