Da un’idea originale può scaturire una serie longeva e basata su meccaniche inedite: è il caso di Project Zero, noto anche come Fatal Frame o semplicemente 零 Zero in Giappone (patria d’origine) uscito per la prima volta nel 2001 su Playstation 2. La saga survival horror targata Koei Tecmo si è sempre distinta per un gameplay incentrato sulla narrazione, spesso più difficile da digerire e da apprezzare per l’utenza occidentale, cosa che ha portato il quarto capitolo della serie (in esclusiva su Wii) ad essere rilasciato esclusivamente in Giappone. Un vero peccato perchè Project Zero 4: Mask of the Lunar Eclipse (零〜月蝕の仮面〜 Zero: Tsukihami no Kamen) è stato il primo episodio ad introdurre alcune novità in una serie famosa per essere sempre statica e fedele a sè stessa. Con l’arrivo su Wii U di Project Zero 5: Maiden of Black Water (零 〜濡鴉ノ巫女〜 Zero: Nuregarasu no miko letteralmente “La sacerdotessa del corvo bagnato”) il paddone si trasforma nella Camera Obscura, per portarci a caccia di terrificanti spettri in un gioco dal tipico stampo giapponese.
LA MALEDIZIONE DELLE ACQUE NERE
Nel corso del gioco prenderemo il controllo di tre personaggi ed inizieremo guidando i passi incerti di Yuri Kozukata, ragazza dotata di abilità extrasensoriali: alla ricerca della sua “sensei” scomparsa sul monte Hikamiyama, scoprirà terrificanti leggende su rituali sanguinosi. Miu Hinasaki è una ragazza che si mette alla ricerca della madre Miku Hinasaki, sparita molti anni prima: per gli appassionati della serie, si tratta della stessa Miku Hinasaki protagonista del primo episodio. Ren Hojo è uno scrittore in stretto contatto con la sensei di Yuri e finisce (suo malgrado) a vagare per il monte Hikamiyama in compagnia della sua assistente, cercando materiale per i suoi libri. I personaggi non brillano certo per originalità o personalità, risultando abbastanza piatti nel loro insieme anche se comunque “in linea” con i protagonisti dei precedenti episodi, con solo alcune eccezioni.
Il trio di protagonisti si scontrerà con entità paranormali spaventose ed assai pericolose, fantasmi che bramano l’energia vitale degli esseri umani e che vagano tormentati per i sentieri montani, le grotte e le vetuste dimore che si trovano sulla montagna maledetta. Project Zero 5: Maiden of Black Water prosegue la serie restando fedelissimo ai canoni classici, immergendo il giocatore in un’ambientazione tipicamente giapponese e ricca di spaventosi rituali assai strani per la cultura occidentale: proprio in questo va ricercato il principale pregio di questo titolo che, come i predecessori, esce dai binari comuni del survival horror dei giorni nostri (zombie, infezioni e via discorrendo) per donare un senso di paura del tutto originale. La narrazione procede tramite cutscene numerose, documenti da leggere per comprendere sia la trama principale che la backstory, complessivamente rendendo (come sempre) questo gioco una fusione tra la visual novel ed il survival horror classico, cosa che rende Project Zero 5: Maiden of Black Water un prodotto decisamente appetibile per tutti i fan del videoludo japan-style, mentre potrebbe non piacere a chi è di gusti differenti.
Esteticamente il gioco si presenta bene seppur non brillando certamente per tecnicismi: le texture sono ancora un pò sgranate e poco definite, alcuni dettagli sembrano datati e durante le fasi più caotiche o con più effetti su schermo (principalmente fumo o riflessi) si verificano drastici cali di frame rate, non accettabili da una macchina delle potenzialità di Wii U. Fortunatamente il gioco recupera molti punti grazie ai modelli dei personaggi, realizzati benissimo soprattutto durante le cutscenes, ed agli effetti dell’acqua e del “bagnato”: incentrato su questo elemento, il titolo targato Koei Tecmo riesce a difendersi egregiamente regalando alcuni scorci veramente belli da vedere.
A livello sonoro si raggiungono invece vette eccelse: la serie è famosa per la sua capacità di infondere terrore ed ansia attraverso effetti sonori che gelano il sangue nelle vene, e questo episodio non fa eccezione. Le urla dei fantasmi, il vento che soffia tra gli alberi, il lento scrosciare dell’acqua, tutto contribuisce a creare ansia e senso di pericolo riuscendo perfettamente nell’intento. Il doppiaggio è disponibile sia in lingua giapponese che inglese, ma la seconda opzione è decisamente da scartare a causa di un lavoro abbastanza scadente: le voci originali giapponesi invece si adattano benissimo all’ambientazione le consigliamo caldamente; la lingua a schermo invece è inglese, cosa che potrebbe rendere l’esperienza ostica a chi non mastica del tutto l’idioma anglosassone.
STORIE DA BRIVIDO
Abbiamo detto che Project Zero 5: Maiden of Black Water rispecchia fedelmente i tipici canoni della serie, e la cosa si conferma come un’arma a doppio taglio. Se da un lato i fan della saga saranno felici di ritrovare a distanza di qualche anno (o di molti anni, se rimasti fermi al terzo episodio) i classici riferimenti ai quali sono abituati, dall’altro lato questo gioco porta pochissime innovazioni al concept di base. Le principali novità sono ovviamente incentrate sul paddone Wii U, strumento perfetto per diventare una vera Camera Obscura (la macchina fotografica che permette di vedere ed attaccare gli spettri) nelle mani del giocatore, sfruttando anche i movimenti tramite giroscopio ed accelerometro per un’esperienza decisamente più reattiva. In aggiunta è presente un indicatore che segnala quanto il personaggio in uso è “bagnato”: l’acqua ha un ruolo centrale in Project Zero 5: Maiden of Black Water e ritrovarsi eccessivamente bagnati ci porterà a subìre più attacchi dagli spettri, trovarne in maggior quantità fino a quando ci “asciugheremo” utilizzando un oggetto specifico.
Durante l’utilizzo della Camera Obscura giocheremo con una visuale in prima persona, mentre la visuale da esplorazione è in classica terza persona: nonostante i movimenti dei personaggi siano stati resi leggermente più veloci, il sistema di controllo si rivela molto legnoso e decisamente “old school”; va ricordato che il primo Project Zero uscì a pochi anni di distanza dai grandi successi del primo Resident Evil/Biohazard che offriva lo stesso genere di movimenti limitanti. La serie Project Zero sembra impassibile all’evoluzione dei tempi ed anche in questo caso ci troviamo tra le mani un’arma a doppio taglio: da un lato si ha una piacevole sensazione di vecchia scuola del survival horror, ma dall’altro ci ritroveremo a lanciare insulti allo schermo quando il pericolo sarà alle nostre spalle ed il personaggio impiegherà una decina di secondi a voltarsi.
Come di consuetutine, Project Zero 5: Maiden of Black Water offre una buona longevità arricchita anche da una missione extra dove prenderemo il controllo della ragazza ninja Ayane (direttamente da Dead or Alive) con una modifica sostanziale di gameplay. Oltre a questo sono disponibili molti contenuti extra di carattere fan service come costumi aggiuntivi per i personaggi ed alcune chicche “made in Nintendo” che faranno la felicità dei fan. Il gioco si divide in vari capitoli che, una volta conclusi, riveleranno i punteggi ottenuti con gli scatti ai fantasmi ed un rank che indicherà il nostro livello di abilità: questa feature è disponibile dal livello di difficoltà “normale”, mentre per il livello “facile” il tutto sarà disabilitato in favore della narrazione.
Complessivamente, questa nuova incarnazione di Project Zero riesce bene nel suo intendo di essere un survival horror indipendente, fuori dagli schemi di mercato odierni, che mantiene orgogliosamente una sua identità unica per la gioia di chi sa apprezzarlo, nonostante alcuni evidenti difetti tecnici e di meccaniche.
PRO:
- Ambientazione e narrazione ad ottimi livelli
- Interessanti novità a livello di gameplay grazie al paddone Wii U
- Buona longevità con contenuti extra
- E’ sempre Project Zero
CONTRO:
- E’ sempre Project Zero
- Controlli legnosi difficili da gestire
- Tecnicamente ancora qualche imperfezione