Outcast si ritagliò un posto nella storia dei videogiochi grazie alle sue caratteristiche, che gettarono le fondamenta per titoli come Elder Scrolls: Morrowind (a sua volta antesignano di Skyrim) e del primo Mass Effect.
Big Ben Interactive quindi ripropone l’opera dello studio belga Appeal con una veste grafica aggiornata, per un’esperienza all’insegna del retrogaming.
Spazio, ultima frontiera.
Cutter Slade è un marine coinvolto in una missione insolita: scortare una squadra di scienziati in un’altra dimensione e recuperare una preziosa sonda. Come abitudine in questo genere di giochi, le cose si complicano parecchio e al protagonista tocca compiere un’impresa di ben più grandi proporzioni. Dopo aver perso i suoi compagni di viaggio Cutter viene soccorso dagli abitanti del pianeta Adelpha, i Talaran, minacciati da una guerra civile e dalle mire di potere di un loro simile. Il nostro si trova quindi a barattare l’aiuto dei locali per ritrovare il gruppo, con il suo per vincere la battaglia per il pianeta.
La prima grande caratteristica di Outcast è il suo rifarsi ad una tematica cardine della fantascienza, tale al punto da essere presente anche nelle primissime forme di questo genere narrativo. L’esplorazione dell’ignoto difatti è il motore di molte trame, dalle opere di Jules Verne, ai viaggi intergalattici di Star Trek.
Lo stupore e il mistero che molti autori hanno voluto e saputo creare di fronte alla prospettiva di avventurarsi in un mondo sconosciuto non ha mancato di essere rappresentato efficacemente anche nei videogiochi. Già sulle console 16bit Another World mostrava una grande atmosfera e, non a caso, questo è stato ripresentato recentemente su Playstation 4, Xbox One, Wii-U, Pc e console portatili, per tutti gli amanti del retrogaming.
Outcast si riaggancia a quel genere di stupore solleticato dalla fantascienza presentando un vero e proprio mondo popolato da una società con una sua storia, tradizioni e costumi. Avventurandosi lungo il pianeta per completare le proprie missioni e contrastare l’esercito nemico, Cutter, e il giocatore di conseguenza, vengono a conoscere un popolo alieno dotato di una sua mitologia, un contesto che esiste al di là delle semplici motivazioni che ci hanno portato ad incontrarlo per caso. Questa impostazione è tutta a beneficio della tipologia di gioco, che attraverso delle meccaniche open-world, va a rafforzare la profondità e la ricchezza dell’ambientazione. Nonostante oggi siamo abituati a questo genere di lavoro, per l’epoca l’importanza di compiere un tale salto nel game-design e di supportarlo con una direzione artistica coerente, era decisamente epocale, un segno di nuove possibilità offerte e di una maturazione del videogioco.
Stargate
Nella sua avventura Cutter può visitare dei villaggi, scegliere il suo tragitto in modo non lineare, cavalcare bizzarri esseri, affrontare nemici in sparatorie in terza persona, oppure evitarli in abbozzate fasi stealth. I dialoghi si basano su di un menù prototipo di quello a ruota di Mass Effect, in cui scegliere cosa pronunciare o meno. C’è quindi molto di Outcast che è servito a gettare le basi degli rpg occidentali moderni.
La veste grafica è quella che ha beneficiato maggiormente in questa versione aggiornata, migliorando sensibilmente, seppur non di molto, la qualità generale. Non si può comunque definire il risultato raggiunto conforme ai canoni attuali del mercato, né quello dei giochi indie, tantomeno dei tripla-A, pertanto bisogna accontentarsi dell’equivalente di un buon fondotinta, piuttosto che di un lifting vero e proprio.
La giocabilità invece rimane ferma al 1999, con dei controlli non proprio agevoli, un sistema di puntamento piuttosto rustico e una telecamera che non aiuta a muoversi negli ambienti più ristretti. Quest’ultimo aspetto senza dubbio è quello che pesa di più e che avrebbe avuto maggiore importanza per rendere questo ripescaggio più fruibile per il pubblico odierno. Allo stato attuale permane una spigolosità che può essere perdonata solo dai giocatori veterani o quelli più pazienti e disposti a qualche comodità in meno. Fatta pace con i comandi, Outcast riesce ad intrattenere per una ventina di ore abbondanti. Sproporzionato però il prezzo, superiore ai 40 euro persino in digitale, quando per sarebbe stato più appropriata una ventina di euro per ciò che Second Contact offre.
Pro
- lievi migliorie grafiche
- struttura open-world e ambientazione ben caratterizzata
Contro
- controlli piuttosto legnosi e imprecisi
- Intelligenza artificiale dei comprimari piuttosto carente
- prezzo sproporzionato