La corrente gangsta dell’hip hop ha letteralmente infiammato quasi un decennio di rivalità tra costa Est e costa Ovest degli Stati Uniti, spesso sfociando in scontri in cui si passava dal microfono alla pistola con preoccupante velocità. Posate le armi dopo la dipartita dei due esponenti di spicco come Notorious e Tupac, tale stile è rimasto più che altro un vezzo, cristallizzato come iconico di una certa scuola di rap, al punto da ricorrere in molte opere di finzione.
Keep ya head up – Tupac
Orangeblood attinge a piene mani da questa categoria della musica black, fatta di felpe e pantaloni larghi, demo registrate in casa e rime infarcite di turpiloquio, ma lo mescola ad un immaginario anime variopinto e fantasioso. La protagonista è infatti una ragazza costretta a lavorare per la polizia onde evitare il carcere, spedita sull’isola di New Koza, la quale è contesa da bande rivali di malavitosi.
La “crew” di eroine viene assemblata pescando da un sottobosco locale dove musica e crimine si intrecciano, presentando personaggi e dialoghi che usano un gergo di strada, creando un’ambientazione in stile anime di un videoclip gangsta rap. La grafica in pixel è realizzata discretamente, modesta nel suo essere basata sul motore di RPG Maker, ma più che sufficiente per una produzione indie. Il punto debole però si trova nel sistema di combattimento e nella componente RPG vera e propria.
Orangeblood propone un sistema a turni e delle battaglie dove i protagonisti usano armi da fuoco come se fossero nel bel mezzo di una sparatoria. In questo modo si crea anche nella giocabilità un simpatico connubio tra due generi diversissimi, togliendo le spade dei JRPG solitamente più votati al fantasy o sci-fantasy.
Mo money mo problems – Notorius B.I.G.
Tuttavia il sistema di loot casuale dell’equipaggiamento non risulta molto calzante, lasciando spesso le protagoniste ben al di sotto dei requisiti richiesti per vincere uno scontro e costringendo il giocatore a dedicarsi a sessioni di grinding solamente per potenziare il proprio arsenale.
Le opzioni comunque non mancano, dato pur essendo un’ambientazione leggermente cyberpunk, gli sviluppatori hanno pensato ad una serie di abilità e tecniche che i personaggi possono usare durante gli scontri per fare le veci delle magie dei giochi fantasy. In particolare è divertente come alcune icone della musica rap siano state trasformate in oggetti da gioco di ruolo (come lo stereo Ghetto Blaster che conferisce dei bonus al gruppo quando si mette a suonare).
Il problema di fondo però rimane una mancanza di profondità generale, una ripetitività di fondo e una curva di difficoltà che spesso spinge eccessivamente al livellamento in cerca di equipaggiamento nuovo.
Anche nella costruzione delle aree visitabili c’è una certa faragginosità tipica delle opere prime che vogliono strafare. La città è composta da molte zone visitabili, tuttavia le varie aree finiscono per somigliarsi sin troppo in alcuni punti, creando un senso di caoticità e rendendo difficile la deambulazione per raggiungere una zona. Quest’ultimo aspetto è attenuato dalla presenza di una mappa, tuttavia l’insieme rimane poco ordinato e non semplice nella navigazione.
Pro
- ottima colonna sonora
- insolita ambientazione ambientazione gangsta hip-hop per un jrpg, con cura nel riprodurne anche il gergo
Contro
- pessimo sistema di combattimento
- mappa molto confusionaria e caotica
Disponibile su PC, Steam e sito ufficiale di Playism