Quello di Sakura Wars è un rilancio particolare, in quanto si tratta di una di quelle serie tanto popolari in Giappone, quanto di nicchia in Occidente, al punto che in patria sconfinano al di fuori del semplice mercato videoludico, diventando veri e propri casi di costume, al pari di Dragon Quest. Nel suo caso la fama ha raggiunto altri media, producendo racconti radiofonici (molto apprezzati nella terra del Sol Levante, al punto che persino Suda51 e Hideo Kojima vi si sono cimentati), spettacoli teatrali e toccando media ben lontani dal semplice videogioco, come solo pochi riescono a fare.
I fasti della saga
Avevamo lasciato la serie ormai dieci anni fa con So Long My Love, per Wii, con quello che è stato l’ultimo capitolo prima di lunga pausa, dovuta forse anche a quello smarrimento creativo che ha impedito a SEGA di valorizzare le sue serie più famose. Tale spaesamento in un certo senso si avverte anche ora, in quanto pur rilanciando il marchio con questo seguito, ne viene stravolta in modo consistente la giocabilità, compiendo una virata dal genere degli strategici a turni, ad un action piuttosto sempliciotto. Tuttavia ben altri fattori concorrono a rendere questa operazione un successo, malgrado forse una leggera mancanza di coraggio nel rifarsi ai precedenti. È bene specificare che i Sakura Wars originali infatti erano dei titoli alla stregua di Fire Emblem, Tactics Ogre o Final Fantasy Tactics (o del recente The Banner Saga); degli strategici a turni ben strutturati e capaci di offrire un’esperienza ludica simile a quella degli illustri concorrenti. Inoltre c’erano altri punti di valore, come un comparto narrativo ricco di personaggi che interagivano tra di loro in modo approfondito, oltre che una caratterizzazione grafica accattivante, merito del tratto elegante di Kosuke Fujishima, che in seguito firmerà anche le illustrazioni dei Tales Of di Bandai Namco. La parte ruolistica e narrativa inoltre mescolava aspetti di gioco di ruolo (con un sistema di risposte multiple denominato LIPS: Live & Interactive Picture System) con altri da cosiddetto simulatore di appuntamenti, creando quindi un titolo per molti versi innovativo e capace di combinare tipologie apparentemente inconciliabili in un’unica proposta. La gestione delle relazioni tra personaggi di Sakura Wars ha influenzato parecchi giochi di ruolo successivi, sia occidentali che giapponesi, confermando come sia stato forte il suo impatto nel delineare certe meccaniche. Ultimo pregio, un’ambientazione suggestiva e originale, che reinterpreta in chiave steampunk il periodo tra la prima e seconda guerra mondiale in cui tecnologia e fantasy convivono in modo vivace.
Steampunk nipponico con mecha
Necessario quindi un piccolo preambolo per spiegare come mai Sakura Wars sia stato un fenomeno e non soltanto una serie come tante e da qui il carico di aspettative legate al rilancio odierno. Operazione che, come scritto poc’anzi, è abbastanza riuscita, pur non toccando le vette dei titoli migliori a causa di una svolta commerciale che ha diluito certi aspetti. La novità maggiore infatti sta nella giocabilità, che abbandona le battaglie a turni su griglie quadrettose per puntare puramente all’azione. I mech pilotati dai protagonisti infatti rimangono sempre il mezzo principale con cui muoversi in battaglia, ma basandone le mosse su pochi comandi e un insieme di combo e attacchi speciali ripreso dai musou. Tuttavia non propriamente di questo genere videoludico si può parlare, in quanto le ondate di nemici sono meno copiose e quindi meno ripetitive, mantenendo il ritmo della battaglia più dinamico e alternando scontri contro squadre di avversari con un pizzico di esplorazione dei dungeon, alternata a piccolissime fasi platform. Tutto molto accennato e lineare, ma inserito per rendere l’insieme meno monotono e più accessibile per chi i musou proprio non riesce a sopportarli. A conti fatti, questo Sakura Wars risulta essere più un action con lievi influenze musou. I mech infatti dispongono di due attacchi e un lancio per continuare le combo in aria, in una versione parecchio semplificata di un Devil May Cry, aggiungendo una schivata e alcune tecniche speciali, di cui una attivabile al caricamento della barra apposita. Non sono presenti potenziamenti e sblocchi, ma questo non è un difetto, in quanto l’approccio è volutamente arcade, puntando tutto sull’immediatezza e avvicinandosi ai giochi di mech veri e propri, piuttosto che ad un JRPG. Il non essere dipendenti da grinding, punti esperienza ed equipaggiamenti da sbloccare, rende la giocabilità molto più leggera e snella, data la tipologia di gioco che Sakura Wars vuole essere. Semmai l’ottenimento di bonus e tecniche extra si persegue tramite le interazioni tra personaggi, proprio attraverso il sistema LIPS che si collega alla parte narrativa. L’insieme risulta apprezzabile nella sua semplicità, ma alla lunga privo di spessore, il che segna un netto passo indietro nella profondità del comparto ludico, rispetto agli ottimi risultati che invece venivano raggiunti nel campo degli strategici a turni nei capitoli precedenti.
Anime dal taglio commerciale
Tale scelta risulta dettata da una svolta puramente commerciale, fatta per inseguire la moda del mercato nipponico e che si riscontra anche nella direzione artistica, sì molto valida, ma anche qui, non eccellente come quella degli originali. Il design dei personaggi infatti è passato a Tite Kubo, autore del manga Bleach, richiamando quel genere di fumetto d’avventura shonen molto apprezzato dal pubblico di massa, ma stilisticamente meno raffinato rispetto al tratto con cui Fujishima ha caratterizzato la serie agli esordi. Riprova di una certa volontà di inseguire la tendenza si trova negli altri autori coinvolti per disegnare i comprimari. Tra questi si annoverano nomi molto famosi per opere come Sword Art Online, Pokemon e Girls und Panzer, che per quanto popolari hanno forse meno ricercatezza, trovandosi più affini ad un certo tipo di produzione commerciale (lasciando in parziale controtendenza un solo personaggio firmato da Soejima, autore delle illustrazioni di Persona). Nel complesso la direzione artistica comunque è buona; la caratterizzazione grafica di Kubo produce dei personaggi che per quanto meno raffinati nel tratto, arrivano comunque dare forza e vigore agli archetipi che rappresentano, creando un insieme di protagonisti riuscito e accattivante. Il motore grafico riesce ad aggirare i limiti produttivi di un budget da cosiddetto “singola A”, utilizzando in modo suggestivo degli effetti di illuminazione e sfumature cromatiche abbastanza simili a quelli del cel shading, per ovviare ad una carenza di dettaglio dei modelli poligonali e dei fondali. Il risultato generale è dunque buono nelle sezioni ruolistiche con i personaggi, mentre una minore cura si riscontra nelle fasi di battaglia, dove le arene in cui si muovono i mech risultano più scarne. Le sequenze di intermezzo invece sono di qualità paragonabile a quella di un cartone animato vero e proprio. Non a caso infatti è in corso di programmazione in Giappone una serie animata che fa da seguito agli eventi del gioco. La colonna sonora invece è uno dei punti di forza a tutto tondo, dotata di una qualità davvero alta, con tracce che toccano sonorità diverse, tutte molto adatte ad ogni segmento su cui sono inserite e che sembrano composte per una serie televisiva di alto profilo. Dal sottofondo giocoso e spensierato che accompagna un siparietto umoristico o una missione secondaria, a quello più incalzante nelle fasi di battaglia, senza far mancare un audio più adatto a montare i toni drammatici quando serve, sino agli stacchi da fiato sospeso delle anticipazioni tra un capitolo e l’altro ,che fanno il verso a quelli di una vera e propria serie TV.
Tra robot e spettacoli teatrali
Il sistema di interazione e narrazione invece rimane invariato, essendo forse quello che gli sviluppatori hanno considerato il cardine dell’esperienza ludica. Nei panni del nuovo capitano della divisione Fiore, bisognerà rimettere in carreggiata una squadra di eroine che faticano a compiere la loro missione, sia nella lotta contro i demoni che minacciano la Tokyo steampunk, sia sul palco teatrale dove inscenano spettacoli come lavoro secondario. Nel pittoresco mondo dei Sakura Wars infatti le divisioni militari dedite alla guerra contro gli invasori mostruosi sono solite dedicarsi ad altre attività nei momenti di pace e quiete, tuttavia anche in questo settore le cose faticano a funzionare per le protagoniste, al punto che il loro teatro rischia di rimanere senza pubblico e i loro traguardi bellici di causare la sostituzione dell’unità di difesa, tanto sono insoddisfatti i loro superiori. Scopo del giocatore sarà quello di riportare la squadra ai suoi fasti, non solo facendola primeggiare nella competizione mondiale delle unità militari robotiche, ma anche portandola a fare il tutto esaurito degli spettacoli. Con quel pizzico di giappo-bizzarria tipica delle colorate trame degli shonen manga, Sakura Wars risulta particolare e fresco da seguire, proponendo uno scenario ben più originale e intrigante rispetto agli abusati fantasy o fantascienza. Il sistema LIPS impiega una serie di risposte con cui gestire l’aspetto ruolistico, in modo che il protagonista possa delineare il suo carattere e impostare le interazioni secondo un approccio più serioso o comico, a seconda del giocatore. In base alla scelta fatta si possono sbloccare scene che approfondiscono la caratterizzazione dei personaggi e ne ampliano il rapporto con l’eroe principale, così come ottenere dei bonus in battaglia che migliorano le prestazioni del mech pilotato, così come qualche tecnica extra. Il sistema è quindi di natura prettamente ruolistica, pur non coinvolgendo statistiche, equipaggiamenti, punti esperienza e numeri. Anzi, l’idea di definire la funzionalità della squadra tramite l’interpretazione è forse ben più calzante al concetto di gioco di ruolo che non il semplice accumulo di punti esperienza, rendendo l’avanzamento più vissuto e partecipante in termini di narrazione. Nel complesso la durata si assesta sulla venti ore abbondanti, lasciando un minimo spazio per la rigiocabilità qualora si voglia dedicare un secondo giro ad approfondire altri comprimari. Il gioco ha comunque una sufficiente presenza di attività secondarie, sufficiente a variare le cose. Inoltre è il dispositivo che gestisce mappa ed elenco delle missioni integra molto bene la navigabilità con la segnalazione dei punti di interesse, di moda che il giocatore riesca sempre a tenere a tenere in ordine le cose da fare.
Pro
- Ambientazione variopinta e originale
- Sistema di interazione tra i personaggi e comparto ruolistico ben strutturato
Contro
- Sistema di combattimento poco profondo rispetto ai capitoli precedenti
- Direzione artistica più commerciale
Versione testata: PlayStation 4
VOTO 7.5
Sakura Wars è un’operazione di rilancio piuttosto riuscita, anche se per via dell’indirizzo commerciale che ha assunto, non riesce a raggiungere le vette qualitative della serie originale. La direzione artistica è meno elegante di quella dei precedenti capitoli, tuttavia ugualmente funzionale e in linea con una serie anime a cartoni di successo. Il sistema di combattimento risulta scorrevole e godibile, ma anche qui, meno forte rispetto all’ottima qualità raggiunta dall’impostazione strategica a turni dei precedenti Sakura Wars.
Il comparto narrativo e il sistema di interazione tra personaggi rimane invece molto ben strutturato e capace di declinare il lato ruolistico e il potenziamento dei comprimari sull’interpretazione del personaggio, anziché sul banale accumulo di punti esperienza. Il tutto si incornicia su di un’ambientazione fresca e originale, che rendono l’esperienza complessiva vivace e particolare.
Vuoi conoscere altro sulle saghe storiche di SEGA? Leggi anche la retrospettiva su Sonic, disponibile a questo indirizzo