Sono passati quasi cinque anni dalla prima apparizione di Max: The Curse of Brotherhood su Xbox One. Il titolo sviluppato dallo studio danese Press Play, vuoi perché si trattava di uno dei giochi di lancio della sopracitata macchina, vuoi per le peculiarità che caratterizzano questo platform 2D, non è passato di certo in sordina collezionando anzi un discreto successo tra il pubblico e gli addetti ai lavori. Non stupisce, quindi, vedere il giovane Max di nuovo all’opera, sulla console del momento. Indovinate quale?
Un piccolo indizio: la produce Nintendo…
Non ci vuole un penn(ar)ello grande ma un grande penn(ar)ello!
Max: The Curse of Brotherhood ha inizio con un litigio, quello fra Max e il suo fratellino Felix. Motivo della lite è l’uso, per così dire, non autorizzato dei giocattoli del protagonista che per tutta risposta decide di cercare su internet una soluzione definitiva al suo problema di parassitismo. Dopo una breve indagine, Max si imbatte in una strana formula per aprire un portale verso un altro mondo; quando prova recitarla, inaspettatamente questa funziona, catapultando il povero Felix nella dimensione parallela. A questo punto l’incredulo Max, senza pensarci due volte, si mette alla ricerca del fratellino caduto nelle grinfie dell’anziano lord Mustacho, il dominatore del nuovo mondo che è alla ricerca di un corpo giovane e forte in cui trasferire la propria coscienza.
Insomma, fin dalle primissime battute ci si rende facilmente conto che non c’è nulla di nuovo sotto il sole per chi ha già avuto modo di cimentarsi con il titolo sviluppato da Press Play su Xbox One.
Comunque, anche in questa riedizione per Nintendo Switch Max: The Curse of Brotherhood ha mantenuto inalterato tutto il proprio fascino. Anzi, a dirla tutta, il fattore portabilità della console valorizza non poco le caratteristiche di questo particolare titolo, che ben si sposa con una fruizione mordi e fuggi rispetto a intense sezioni di gioco casalingo. Questo anche in virtù dell’esigua longevità che, al netto dei collezionabili sparsi nel mondo di gioco, si attesta sulla decina di ore. Parliamo pur sempre di un platform in fondo ma, a differenza dei ben più blasonati Mario, il gioco di Press Play vanta un gameplay e caratteristiche assai particolari. Infatti Max: The Curse of Brotherhood è più assimilabile a prodotti come Heart of Darkness o la serie Oddworld di “Playstationiana” memoria: titoli dal tratto cupo, infarciti di creature orripilanti e, soprattutto, dalla spiccata componente puzzle. Tanto per fare un esempio, per superare un burrone non basta saltare da una piattaforma all’altra, ma in almeno una caso è necessario creare un percorso agibile facendo scivolare un masso giù da un pendio per abbattere una colonna in pietra e trasformarla così in un ponte. Ma non sempre è possibile proseguire sfruttando l’ambiente circostante. Sovente, infatti, bisogna ricorrere alla particolare abilità di Max che, attraverso il suo pennarello magico, può usufruire di diverse abilità come sollevare piattaforme, spruzzare getti d’acqua o combinare due o più poteri per raggiungere posti altrimenti inaccessibili. Peccato che l’uso di tali poteri sia indissolubilmente legato a marker sparsi qua e là in ogni area in mancanza dei quali è impossibile, insomma, utilizzare il pennarello di Max. C’è molta varietà nel mondo dominato da Lord Mustacho e ogni potere conquistato dal protagonista è espressione di ciascun livello di gioco: aridi deserti in cui innalzare pilastri di sabbia o rigogliose foreste in cui animare rami e arbusti, tutti carichi di particolari e splendidamente realizzati. Il setting, insomma, contribuisce a instillare l’idea nel giocatore di un mondo vasto e variegato, grazie anche a un comparto sonoro estremamente accattivante e di qualità. Peccato che in questa riedizione per Nintendo Switch, la resa grafica non riesca a eguagliare la qualità raggiunta dal titolo su Xbox One e il framerate non risulti particolarmente stabile, soprattutto in modalità handheld, causando sporadici rallentamenti durate le cutscene o i cambi di inquadratura. In altri termini, il gioco fatica a mantenere i 30fps. Un problema, questo, che comunque inficia solo parzialmente l’esperienza di gioco, ma che è difficile da digerire tenendo conto che Press Play non ha aggiunto alcun tipo di contenuto extra rispetto alla versione pubblicata sulle console Microsoft, fatta eccezione per l’implementazione dell’HD Rumble e del controllo touch del pennarello.
PRO
- Un Platform 2D ispirato a classici come Heart of Darkness e Oddword
- Comparto audio estremamente curato
- Buona varietà di ambienti e situazioni
CONTRO
- Framerate instabile
- Risoluzione e resa grafica inferiore alle controparti PC, PS4 e Xbox One
- Longevità esigua