Ci siamo: dopo 13 anni dal secondo capitolo e 7 dall’ultimo gioco uscito (sì, sto volutamente escludendo Kingdom Hearts χ in tutte le sue incarnazioni), dopo diverse decine di ore di gioco e le notti insonni per poterlo finire senza rinunciare alle attività secondarie, dopo diversi giorni in cui non ho fatto altro che ponderare le parole migliori per esprimere il mio giudizio in merito, sono finalmente pronto per recensire Kingdom Hearts III, il nuovissimo capitolo di una saga che per molti giocatori di più di una generazione è diventata una vera pietra miliare. E devo ammettere che l’aspettativa intorno a questo gioco mi sta mettendo non poca pressione: penso che trovarsi di fronte ad un titolo così tanto atteso e doverne mettere in evidenzia le luci ma anche le ombre della produzione di Nomura sia un onere non indifferente, ma ormai dopo aver ripassato tutte le vicende in preparazione a questo capitolo, mi sono imbarcato nell’avventura di Sora e degli altri Eroi del Keyblade e sono pronto a dirvi che ne penso.
Cominciamo con il dire che Kingdom Hearts III, pad alla mano, ricorda in tutto e per tutto un Kingdom Hearts. Il gameplay, soprattutto nelle fasi di combattimento, si propone come un’amalgama di tutto ciò che è stato introdotto nei capitoli passati della serie, con le dovute migliorie: le azioni di gioco verranno nuovamente impartite tramite la barra dei comandi dalla quale avremo accesso a tutto l’arsenale di magie e oggetti a disposizione di Sora tramite l’uso del D-pad e del tasto X (A su Xbox One) oltre a poter passare velocemente da uno dei 3 Keyblade equipaggiabili all’altro, mentre con gli altri tasti frontali potremo effettuare salti, schivate e attacchi speciali (dei quali parleremo fra poco). Fortunatamente sarà possibile richiamare tramite il dorsale sinistro un menu di scelta rapida con il quale lanciare velocemente incantesimi senza dover barcamenarsi con la non sempre intuitiva barra dei comandi. Il gioco mutua da Birth By Sleep il Tiro e da Dream Drop Distance il Fluimoto: entrambe sono elementi che permettono di espandere il ventaglio di azioni messe a disposizione del giocatore per dare più varietà negli scontri, ma sono anche utilizzabili al di fuori del combattimento per l’esplorazione dell’ambiente e talvolta per la risoluzione di semplici enigmi ambientali. Il Tiro infatti adesso permette di effettuare una proiezione verso punti specifici e raggiungere così piattaforme altrimenti inaccessibili (qualcuno ha detto Final Fantasy XV?), mentre il Fluimoto era già utilizzabile in Dream Drop Distance per spostarsi sulla mappa, ma se in quel capitolo questa meccanica sembrava stonare con il gioco ed appariva come un’implementazione dell’ultima ora poiché rendeva di fatto inutile il platforming, in Kingdom Hearts III il level design è stato studiato per accogliere la dinamica in maniera consona. Per quanto riguarda gli attacchi speciali richiamabili con il tasto triangolo, Sora potrà effettuarne una moltitudine: attacchi combinati con gli alleati presenti in squadra, incantesimi potenziati, fusioni con il Keyblade che garantiranno l’accesso ad un moveset nuovo ed ad un potente epilogo a seconda dell’arma equipaggiata e le nuove mosse finali dette Attrazioni viste sin dai primi trailer: esse ci consentiranno di prendere il controllo di enormi giostre ispirate ai parchi di divertimento che, con il loro quantitativo esuberante di luci colorate, porteranno devastazione sul campo di battaglia. Tuttavia la facilità con la quale è possibile accumulare questi attacchi speciali, al punto da poterne inanellare uno dietro l’altro senza troppi sforzi, renderà molto più semplici gli scontri con i mostri più comuni e vi tirerà fuori dalle situazioni più spinose con i boss senza che voi ve ne accorgiate: a conti fatti, la conseguenza diretta è un basso livello di difficoltà e di sfida anche in modalità normale, nonostante si veda un flebile tentativo degli sviluppatori nel rendere gli scontri “comuni” un po’ più impegnativi rispetto al passato per poter sopperire alla minor sfida, ma si tratta di un tentativo vanificato dalle meccaniche appena descritte. Nel complesso il combat system si dimostra veloce, frenetico, dinamico ed estremamente appagante, sia per le diverse possibilità offerte al giocatore, sia per sfolgoranti animazioni fatte di luci e suoni che accompagnano la mattanza di Heartless e Nobodies, ma non posso fare a meno di notare qualche difetto che mi ha fatto storcere il naso: in primis le suddette attrazioni che non solo contribuiscono a rendere il tutto un po’ troppo facile, ma spezzano anche il ritmo frenetico del combat system, secondariamente la telecamera che è sempre stata una croce della serie e che (pur non essendo atroce come quella vista nel primo episodio) nonostante i miglioramenti tende ad incastrarsi dove non dovrebbe, a perdere di vista gli obiettiv ed a disorientare il giocatore, soprattutto nelle boss fight. Ma il combat system è solo una parte di quello che Kingdom Hearts ha da offrire dato che le attività da compiere sono molteplici: torna la Gummiship, l’astronave usata da Sora per spostarsi fra un mondo e l’altro, stavolta accompagnata dalla possibilità di esplorare liberamente lo spazio profondo che circonda i vari regni. Avremo quindi una sezione dove potremo muoverci liberamente utilizzando un set di comandi molto semplificati che ricordano quelli di un gioco di navicelle alla Star Fox: qui potremo combattere contro la sempre ostica telecamera, raccogliere munny (la moneta di gioco) ed esperienza per la navicella, mettersi a caccia di scrigni del tesoro e pietre contenenti ricompense di varia natura o ingaggiare battaglia con gli Heartless spaziali. I combattimenti ricorderanno una versione infinitamente migliore di quelli visti nei vecchi Kingdom Hearts, una sorta di shmup dove finalmente sarà chiaro dove stiamo sparando e dove di trova ciò che sta cercando di colpirci, con tanto di scontri con boss dedicati piuttosto divertenti da portare a termine. È ancora possibile personalizzare la Gummiship per poterle donare nuove abilità, ma nel caso in cui uno non voglia passare ore a scoprire tutte le caratteristiche dell’editor può sempre utilizzare le navi predefinite ed aumentare le statistiche tramite l’acquisizione di esperienza. Per offrire un’esperienza più variegata possibile, ogni mondo presenta qualche elemento di gameplay unico che cerca di donare varietà all’intera struttura del gioco in maniera più o meno riuscita a seconda dei casi: ecco quindi che il mondo di Rapunzel sarà accompagnato da un semplificato rhythm game da eseguire nella piazza della città e quello di Monsters & Co. da sezioni non molto convincenti in cui dovremo far ridere Boo, mentre si dimostreranno decisamente più appaganti le battaglie navali a bordo della Perla Nera, le discese dalla montagna innevata cavalcando lo scudo di Pippo e le sessioni di shooting pilotando dei robot giocattoli capaci di sparare laser. Il gioco offre poi diverse ore di attività secondarie, dalla caccia ai loghi a forma di testa di Topolino (essenziali per sbloccare il finale segreto in arrivo fra un paio di giorni), alla ricerca di ingredienti necessari per cucinare i piatti ideati dal topo Remy, dalle missioni della Gummiship ai minigiochi in stile Game & Watch giocabili dal cellulare di Sora: si tratta di tante attività non solo atte ad arricchire l’offerta di Kingdom Hearts III, ma molte di esse hanno impatti anche sul gioco permettendoci di guadagnare bonus permanenti o temporanei o materiali da utilizzare per craftare nuovi oggetti presso il negozio del Moguri. Insomma, le cose da fare non mancano e vi porteranno via molto più tempo delle 30 previste per il completamento della quest principale.
Tecnicamente il gioco è una gioia per gli occhi: nonostante il passaggio dal Luminous all’Unreal Engine, il team ha lavorato duramente per realizzare non solo il (giustamente) miglior Kingdom Hearts sulla piazza, ma anche uno dei migliori prodotti della sua generazione: gli scenari sono ricchi di dettagli, i modelli poligonali curati in ogni dettaglio, la quantità di particellare ed effetti visivi a schermo durante le battaglie è impressionante e su PS4 Pro i cali di frame sono talmente sporadici da non influire minimamente sull’esperienza di gioco. Grande merito del gioco è la scelta oculata che è stata fatta dei franchise Disney e Pixar presi in considerazione: la grande presenza di film realizzati con animazione 3D ha permesso al team di trasporre nel gioco dei personaggi realizzati con una cura tale da non sfigurare minimamente se accostati alla propria versione cinematografica ed anche lo scenario dedicato ai Pirati dei Caraibi impressiona per il modo in cui le versioni animate dei protagonisti rassomigliano alla loro controparte in carne ed ossa. A farne spese sono però i mondi dedicati ai personaggi realizzati in animazione classica 2D, soprattutto il Monte Olimpo di Hercules nel quale il figlio di Zeus appare ben poco convincente. Anche la quantità di dettagli nei livelli non è sempre costante: ad ambientazioni splendide come i fondali del mar dei Caraibi, il negozio di giocattoli del mondo di Toy Story o i palazzi di San Fansokyo si contrappongono altre piuttosto anonime e prive di scorci entusiasmanti come la montagna completamente innevata di Frozen o la fabbrica di Monsters & Co che di fatto non solo è un lungo e spoglio corridoio anonimo, ma è anche minata da un Level design non proprio riuscitissimo. A proposito di level design, grazie al Tiro ed al Fluimoto che permettono di scalare velocemente ripide pareti i mondi attraversati sono caratterizzati da una costruzione sia in orizzontale che in verticale e, pur essendo in numero minore rispetto ad altri capitoli, compensano questa lacuna con mappe più grosse che oltre a rendere il livello mediamente più lungo da portare a termine ne aumentano anche il tempo necessario per la sua esplorazione. Anche le tracce musicali che accompagnano l’avventura mostrano un andamento incostante: tolta la traccia di apertura composta dall’immancabile Hikaru Utada in collaborazione con Skrillex (sì, mi piace Skrillex) ed alle tracce tratte direttamente dai film Disney (fra le quali una versione instrumental della stupenda You’ve Got a Friend in Me e l’ormai onnipresente Let It Go), la soundtrack ad opera di Yoko Shimomura non riesce ad essere così coinvolgente come ci si aspetterebbe da un Kingdom Hearts. Impressioni più che positive per il doppiaggio in inglese: molti degli attori originali che hanno prestato la loro voce nei rispettivi film di animazione ritornano per dare nuova vita ai propri personaggi (con l’eccezione di Sully e Mike da Monsters & Co.) e lo fanno con risultati degni di una produzione hollywoodiana, minati solo da una ritmica dei dialoghi un po’ troppo lenta (ne parleremo più avanti).
La storia narrata in Kingdom Hearts III inizia esattamente dove era terminata in Dream Drop Distance ovvero dall’esame di maestro del Keyblade di Riku e Sora che ha visto il primo riuscire nell’impresa ed a salvare l’amico che ha rischiato di essere soggiogato da Xehanort e trasformati in un ricettacolo. A causa di ciò, il saggio Yen Sid ha deciso di mandare Riku e Re Topolino nel Regno dell’Ombra per trovare la Maestra del Keyblade Aqua, mentre Sora (insieme ai suoi fedeli compagni Paperino e Pippo) avrebbe dovuto compiere un viaggio per riacquisire i poteri perduti, oltre che a trovare il modo di ottenere il potere del risveglio che sarà essenziale per la lotta contro i Campioni dell’Oscurità. Ai più quello che sto per dire sembrerà quantomai scontato, ma siccome non lo è per tutti è bene che ciò venga ribadito: Kingdom Hearts III non è un gioco che può essere giocato da chi non conosce la trama dei capitoli precedenti. Per un neofita si tratta di un prodotto davvero inaccessibile dati i continui riferimenti ad eventi passati ed alle continue comparsate di personaggi introdotti nei capitoli precedenti, ma anche coloro che hanno giocato ai soli episodi numerati avranno non poche difficoltà a comprendere le vicende mostrate a schermo dato che in Dream Drop Distance ci sono diversi eventi fondamentali per capire le dinamiche in atto fra la fazione della luce e quella dell’oscurità ed il perché Sora si ritrova senza poteri: c’è però da dire che la scelta di depotenziare Sora è una scelta narrativa piuttosto spicciola per giustificare il lungo viaggio che il ragazzo dovrà compiere attraverso i diversi mondi Disney presentati all’interno dell’opera. Come tutti i capitoli di Kingdom Hearts la storia si struttura in una trama orizzontale che si sviluppa durante tutto l’arco del gioco ed una serie di trame verticali che nascono e terminano nel mondo Disney che stiamo visitando in quel momento e che possono essere più o meno intrecciate con la trama principale: per quanto riguarda le trame verticali talvolta saremo di fronte a vicende inedite, ma la maggior parte delle volte le storie raccontate sono versioni riadattate di quelle viste nel franchise di riferimento. Ciò che mi ha colpito positivamente della trama orizzontale è il modo in cui essa si interseca con i singoli episodi che compongono il mosaico di storie presenti: se nei capitoli precedenti la sensazione che ho avuto giocandoli è che lo sviluppo della storia principale fosse relegata alle battute iniziali ed a quelle finali, in Kingdom Hearts III si nota l’impegno di Nomura e del suo team di espandere le vicende legate ai Guerrieri della Luce ed ai Campioni dell’Oscurità durante tutto l’arco narrativo, sia tramite delle cutscenes al termine di ogni mondo sia inserendo un’interazione reale fra i personaggi Disney ed i vari membri dell’Organizzazione recatisi nei diversi reami disneyani per aggiungere un tassello al loro ordito piano: certo, nei mondi in cui la storia narrata è inedita, come in Toy Story, si vede una maggiore coesione fra trama verticale ed orizzontale, ma anche nelle altre situazioni vengono presentati collegamenti fra i piani dell’Organizzazione ed i personaggi Disney. Il tutto fino alla seconda parte del gioco dove lo scontro fra bene e male diventa il tema portante e la storia acquista velocità fino ad esplodere nel finale. Forse l’aver messo troppa carne al fuoco da parte di Nomuna nel corso degli anni è stata una scelta ben poco lungimirante: il vizio del director di voler continuare ad aprire parentesi ed archi narrativi anziché chiuderli ha portato alcune tematiche ad essere concluse fin troppo in fretta rispetto allo spazio che meritavano, ma si tratta di aspetti che incidono in minima parte sul giudizio relativo alla trama. Ciò che invece funziona veramente poco è la narrazione e la scrittura dei dialoghi: Kingdom Hearts III ha tutte le caratteristiche che non dovrebbe avere un prodotto con una buona narrativa, da ogni tipo di cliché utilizzato per giustificare la separazione di un gruppo o il fatto che il magico trio si sia ritrovato sul pianeta X senza una reale motivazione ad una discontinuità dell’azione dei personaggi che devono di volta in volta tornare a riferire il loro operato a Yen Sid per vedersi assegnare una nuova missione senza che quella precedente sia stata prima portata a termine. Anche la stesura dei dialoghi è opinabile: molte interazioni fra i personaggi fanno ricorso ad un linguaggio semplice e costituito dalla continua ripetizione di termini appartenenti ad un vocabolario piuttosto limitato che se poteva andare bene ai giovani giocatori del 2002, non si può dire la stessa cosa 17 anni dopo. Il punto più basso a livello narrativo lo si raggiunge con le cutscenes: eccessive sia nel numero che nella durata, a volte persino futili ed evitabili, caratterizzate da dialoghi lenti con pause estenuanti fra una frase e l’altra e talvolta inserite nei momenti meno opportuni, le cutscenes in molti frangenti non fanno altro che spezzare il ritmo narrativo di un gioco che, per la quantità di argomenti trattati, dovrebbe procedere a passo più sospinto verso il finale. Ah, un’ultima cosa: che fine hanno fatto tutti i personaggi di Final Fantasy? Dopo la sola apparizione di un giovane Zack Fair in Birth By Sleep e l’ingiustificata presenza della coppia Neku/Joshua da The World Ends With You in Dream Drop Distance, pare che Nomura abbia definitivamente accantonato l’idea sulla quale si fondava la serie, ovvero quello di essere un crossover fra il mondo Disney e quello di Final Fantasy. E perdonate se lo considero un fattore importante.
PRO
- I fan lo adoreranno
- Tecnicamente impressionante
- Gameplay fluido, dinamoco e variegato
- Tanti contenuti secondari
- La chiusura della Saga di Xehanort…
CONTRO
- Che però meritava di essere narrata meglio
- Tante, troppe cutscenes
- La telecamera non rende giustizia al gameplay
- Level design altalenante
Provato su: PlayStation 4 Pro
Voto: 8
Disponibile su PlayStation 4 e Xbox One