Just Cause è l’equivalente videoludico degli Esercizi di Stile di Raymond Queneau. Così come lo scrittore francese mostrava come si potesse raccontare in 99 modi diversi la stessa storia, gli sviluppatori di Avalanche ci mostrano invece come seminare distruzione in altrettante varianti. Questo titolo infatti è un piccolo compendio della demolizione per i poeti del devasto.
“Hai abbattuto un elicottero usando una macchina?”, “avevo finito i proiettili” – Die Hard 4
La trama di questo quarto capitolo vede ancora una volta l’agente Rico Rodriguez operare come demolitore in lotta contro l’esercito di un piccolo stato immaginario. La storia è praticamente sovrapponibile a quella del terzo e funge da mero pretesto per giustificare le meccaniche di gioco. Da questo punto è un peccato, perché il contesto di Just Cause sarebbe perfetto per offrire una narrativa più elaborata e arricchita con spunti da storia di spionaggio. Intrecciando staterelli sudamericani, dittatori, Cia, milizie ribelli e quanto altro, il contesto potrebbe proporre qualcosa di più raffinato, che non sia troppo di grana grossa. Anche considerando che JC non vuole mai prendersi troppo sul serio, si sarebbe potuto fare di più. E invece via, lanciati nell’azione e contrapposti a delle nemesi poco originali, presentate sullo sfondo di un semplice canovaccio.
La campagna nel complesso assume le tinte di una puntata interattiva di A-Team o un adattamento de I Mercenari di Stallone, rendendosi godibile per gli amanti dell’adrenalina pura, senza troppi fronzoli. Ludicamente parlando ci si ritrova in un’ambientazione sandbox, in cui potersi muovere liberamente usando i mezzi più disparati (da una semplice moto sino ad un’elicottero o una nave militare) i quali possono servire per spostarsi, così come compiere acrobazie o diventare strumenti stessi di distruzione. Le attività di Rico infatti si basano sulla distruzione di obiettivi sensibili, ma la libertà di scegliere come effettuare queste demolizioni, è tutta nelle mani del giocatore, il quale può letteralmente attingere ad una scatola di giocattoli, ciascuno dei quali offre un modo unico di completare la missione.
99 modi di distruggere……
L’armamentario vero e proprio già da solo offre una discreta scelta, spaziando tra semplici fucili automatici a quelli da cecchino, lanciagrante, bazooka e quanto altro possa creare danni ingenti. Ma demolire una base nemica in questo modo sarebbe banale, scontato. Gli accessori di Rico invece sono l’elemento che aggiunge vero pepe alle meccaniche, rendendole particolarmente stuzzicanti e diversificando la giocabilità di Just Cause in modo tutto suo, che lo rende unico nel panorama dei giochi d’azione. Il rampino è ormai la base di partenza di ogni manovra, per agganciare nemici o oggetti e creare combo fantasiose. In modo analogo ai precedenti qualora si bersagli un oggetto o un nemico con il rampino, l’estremità opposta può essere collegata a qualsiasi altra cosa, determinando l’esito sulla base dell’effetto che vogliamo creare. Se inneschiamo il semplice riavvolgimento, le due estremità verranno trascinate finendo per sbattere tra loro, qualora il loro peso sia simile, in caso contrario un piccolo bidone di benzina verrà letteralmente lanciato contro un generatore elettrico, facendolo esplodere.
In alternativa possiamo attaccare un pallone aerostatico, che sgombererà la strada dalle carcasse dei mezzi esplosi o trascinerà via una camionetta piena di nemici proprio mentre questi si accingono a scendere. I propulsori invece daranno una spinta orizzontale, trasformando qualsiasi oggetto in un proiettile sparato contro un bersaglio. Queste ovviamente sono solo alcune possibilità di usi basilari, ma mescolando i tre accessori principali tra loro e aggiungendo delle modifiche si possono creare molte altre combinazioni, riallacciandoci al parallelo con gli esercizi di stile di Queneau, che qui diventano gli esercizi di distruzione.
A tal proposito è utile il nuovo menù, da cui si possono creare delle configurazioni predefinite basate su dispositivi diversi, ciascuna delle quali potrà essere richiamata in battaglia con un comando immediato. Ciò aiuta a passare da uno strumento all’altro in modo rapido e per facilitare il ricorso alle combo.
……e zero di ricostruire ovviamente
Il sistema di movimento invece è sempre basato sulla tuta alare, con cui planare in volo, e sul paracadute, con cui frenare le discese o sfruttare le correnti ascensionali. I mezzi invece migliorano la guida rispetto al precedente episodio, così come l’uso delle armi ora è più efficiente e preciso. Quest’ultimo aspetto è sicuramente gradito, per quanto non indispensabile. Il livello di difficoltà di Just Cause non è mai particolarmente elevato proprio perché l’enfasi su cui il gioco vuole concentrarsi è quello della distruttibilità ambientale, lasciando quindi il giocatore libero di combattere più a colpi di combo di rampino e accessori, senza dover ricorrere necessariamente ad una sparatoria che banalizzerebbe il tutto rendendolo un semplice third person shooter. Non bisogna aspettarsi quindi un TPS vero e proprio, ma più un gioco dove ogni aspetto è inserito in modo semplificato per offrire un’esperienza variegata, in cui non soffermarsi troppo su un solo compito, ma spaziare tra ciò che l’utente preferirà fare di volta in volta. Abbiamo respinto un attacco usando sino all’ultimo proiettile? Possiamo ora dedicarci a qualche prova da stuntman usando le auto oppure esplorare l’isola in cerca di reperti antichi (entrambe sottomissioni utili a sbloccare potenziamenti per il rampino, veicoli, armi,etc.) per poi passare a demolire una base usando chissà quale fantasiosa combinazione, che magari non ci porterà neppure a sparare un colpo, producendo però ugualmente un sacco di esplosioni.
Mancano però novità veramente grosse rispetto al terzo capitolo. Il sistema con cui usare gli accessori è stato raffinato e reso più adatto a sotto-variazioni e combo personalizzabili, tuttavia per chi ha già giocato il precedente ciò potrebbe essere poco. Le condizioni meteo variabili in diverse zone dell’isola (come tempeste e tornado) infatti sono eventi troppo circostanziali per diventare una costante dell’economia di gioco e finiscono per essere delle parentesi, sicuramente spettacolari e gasanti, ma non paragonabili ad una trovata di cui poter disporre liberamente in qualsiasi momento (come il rampino, per intenderci).
Questo è un Just Cause che raffina la formula ludica precedente, ma che non arriva ad ampliarla tanto quanto ci si potrebbe aspettare da un nuovo capitolo numerato. Le stesse missioni a volte avrebbero potuto essere studiate per mettere maggiormente in evidenza i pregi del titolo, mentre invece si mantengono troppo sul generico, lasciando come pezzo forte invece i momenti in cui il giocatore è portato semplicemente a fare di testa sua, durante le sessioni in cui scorazzare liberamente.
Comparto tecnico
Il lato tecnico invece è quello veramente zoppicante. Just Cause 3 aveva avuto dei problemi di ottimizzazione al lancio e questo seguito però non sembra aver risolto le imperfezioni, peggiorandole anzi. L’effetto di motion blur e sfocamento qui è decisamente ingigantito, pertanto non appena l’azione si fa più concitata, gli ambienti sullo sfondo inizieranno a confondersi in contorni impastati con un’effetto piuttosto sgradevole. Per quanto la frequenza di fotogrammi sia comunque piuttosto stabile da non creare effetti negativi sulla giocabilità, non si può trascurare un dettaglio troppo altalenante e scarno nella cura delle texture, le quali in alcuni casi sembrano prese dalla scorsa generazione di console. I compromessi estetici da accettare sono quindi piuttosto consistenti e sebbene Avalanche abbia promesso la ormai classica patch di aggiustamento, non ci si può esimere dal chiedersi se non fosse stato meglio aspettare e posticipare il lancio una volta aggiustate le imperfezioni più evidenti. Il problema maggiore infatti sembra derivare dall’enorme estensione della mappa di gioco, che riproduce in modo molto minuzioso un’isola composta con una geografia e dei complessi urbani, su cui integrare spesso la distruttibilità di alcune componenti.
Ormai gli sviluppatori devono smettere di ragionare in termini di “più grande è meglio”, evitando di puntare a stupire sulla vastità dell’open world e lavorando invece sull’ottimizzazione grafica o sull’integrare più possibilità in termini prettamente ludici (approfondendo ulteriormente la distruttibilità ambientale, magari).
Pro
- giocabilità migliorata sotto ogni aspetto (sparatorie, guida, interfaccia per le combo)
- sempre divertente e caciarone
Contro
- graficamente un passo indietro a causa di motion blur e texture poco dettagliate
- nessuna novità particolarmente incisiva sia nella giocabilità, che nell’ambientazione