Con Horizon lo studio Guerrilla si è “messo in gioco per creare un nuovo gioco”. Siamo infatti soliti vedere questi sviluppatori olandesi alle prese con gli sparatutto in prima persona, pertanto cimentarsi su di un titolo così diverso ha rappresentato una sfida completamente nuova, dopo anni dedicati a Killzone, passando da una campagna lineare e un multigiocatore competitivo ad un open world interamente in singolo.
Collana fantascienza Urania
Rischiare così tanto non è scontato nel panorama videoludico attuale. Parliamo di un settore in cui molti studi vivono di rendita facendo bene una cosa e continuano a ripeterla ad oltranza, oppure dove alcuni non riescono neppure a replicare un successo con un “more of the same”. Pertanto la scommessa dei Guerrilla non sembrava facile e sicura, anzi. Anche soltanto la progettazione del gioco in singolo richiede esperienze e competenze diverse se parliamo di sparatutto bellici o luoghi esplorabili. Eppure Guerrilla complica ancora di più le cose; sceglie di abbandonare le meccaniche sparatutto e mette in mano alla protagonista arco e frecce, niente pistole o fucili, andando contro alle mode di mercato che vogliono un gioco avvantaggiato nelle vendite qualora permetta di sparare. Aloy quindi deve muoversi come una cacciatrice e non come un soldato, non deve attaccare sparando a vista a qualsiasi cosa, ma muoversi in un’ecosistema in cui l’uomo non è più la specie dominante del pianeta.
E’ accaduto qualcosa di apocalittico, di cui l’eroina non è a conoscenza, che ha cancellato la società umana contemporanea riportandola ad una dimensione tribale e animistica, all’estremo opposto dell’era post-moderna in cui viviamo. Non c’è più tecnologia nella vita delle persone, anzi è persino vista con repulsione dalla coscienza collettiva, in quanto associata alla distruzione e a sventure. Le macchine tuttavia continuano ad esistere. La fauna animale difatti è stata affiancata da dei robot che ne mimano comportamenti e forme, creando un campionario di predatori metallici, cavalli d’acciaio o imponenti zebre in titanio con parabole al posto
della testa.
La protagonista è chiamata ad affrontare una prova di passaggio dall’età dell’adolescenza, per essere accettata nella sua tribù, una sfida che sarà solo il punto di inizio per scoprire le sue origini e altri retroscena di questo fantasioso scenario. Da qui in poi si visiteranno zone ancora più vaste, popolazioni basate su varianti delle civiltà primitive ma sempre accomodate sui ruderi di un futurismo decaduto.
Guerrilla abbandona anche gli eroi senza macchia e paura dell’immaginario militare, per puntare su di una protagonista più sfaccettata nei sentimenti, con i suoi momenti di forza e fragilità. In particolare è originale proprio la presentazione della società tribale, rivoluzionata sotto ogni aspetto rispetto a quella odierna. Se produzioni come Fallout hanno abituato lo spettatore a salti moderati nello scenario post-apocalittico, in cui si riscopre un’umanità forse più barbara ma
sostanzialmente analoga nella struttura sociale, qui il contesto richiama all’era primitiva, fatta di pitture facciali, dove l’età del bronzo è la nuova avanguardia e il baratto la forma di commercio principale. Un mondo dove i cacciatori per sopravvivere riciclano ciò che sottraggono alle loro prede, sia pellicce contro il freddo, dalle bestie vere, che pannelli di metallo come corazze, dai “meccanimali”. Il risultato è un’epoca intrigante, che rimette in scena il passato ma che conserva i ruderi del nostro “futuro” indossandoli come feticci.
Futuristico primitivo
La giocabilità di Horizon si basa su diversi aspetti, mescolando aspetti stealth e combattimento in un contesto free roaming.
Nel corso dell’avventura sarà necessario affrontare sia nemici umani che i temibili meccanimali. Sebbene l’arco e la lancia siano le armi principali per gli scontri su lunga e breve distanza, sono disponibili anche delle trappole per gli animali da piazzare, le quali portano un pizzico di Monster Hunter nelle meccaniche di gioco.
Aloy difatti può utilizzare sia l’attacco frontale, che attacchi furtivi o accessori, ciascuno dei quali risulta più o meno utile a seconda del tipo di avversario.Ciò che sorprende è come il gioco non porti all’abuso di nessuna tecnica, rendendo l’esperienza complessiva sempre varia. C’è qualche integrazione tecnologica nell’armamentario che si sblocca nelle fasi avanzate, ma rimane marginale e non sbilancia le cose. Ciò che invece serve in più ambiti è il Focus, ovvero il dispositivo per la scansione dell’area. Questo permette di individuare in battaglia i punti deboli dei meccanimali (come un serbatoio di carburante, ideale per una freccia incendiaria, per esempio) così come per determinare il percorso di ronda delle sentinelle automatizzate e aggirarle senza correre rischi, qualora siano in branco.
Anche nelle sezioni esplorative il visore aiuta ad individuare le tracce da seguire e a identificare reperti audio o punti di interazione, diventando così sia uno strumento per uso bellico, che civile.
Open World stile Asimov
Saccheggiare i nemici sconfitti e raccogliere materiali lungo il cammino invece è alla base del sistema di creazione oggetti, con cui rifornirsi di frecce, creare trappole o migliorare il proprio equipaggiamento, oltre che reperire elementi da barattare con i mercanti. Anche questo aspetto è sfruttato bene, senza causare lunghe e dispersive deviazioni solo per rastrellare risorse, grazie ad una buona disposizione degli oggetti da raccogliere.
Al tempo stesso però si è portati a procedere in maniera libera più per interesse personale che non per necessità. Molti comprimari assegnano delle missioni secondarie, ma accompagnandole da una micro-storia che serve a tratteggiare loro e, di rimando, anche il quadro generale.
Il sistema di crescita di Horizon è basato su una griglia di abilità, che possono essere acquistate con punti ottenibili salendo di livello, e suddivise per aree tematiche. L’abilità del giocatore però rimane sempre l’ingrediente principale, sia nelle fasi stealth che nei combattimenti, assegnando un ruolo prioritario alla bravura nell’usare l’arco, nel piazzare le trappole o nel semplice muoversi in mezzo ad un branco o in un avamposto ostile senza farsi scoprire. Il livello di difficoltà non è sempre ben tarato qualora si giochi a Normale, rendendo alcuni nemici sin troppo semplici da battere, al punto da non necessitare di usare strumenti specifici dell’equipaggiamento. Questo aspetto in particolare mette in evidenza come, similmente a molti altri titoli, la difficoltà base sia mal tarata. Giocando al livello di sfida superiore invece le prestazioni dell’intelligenza artificiale migliorano molto, al punto da spingere il giocatore ad usare tutte quante le meccaniche
di gioco e trovare quindi un’esperienza più completa e varia, capace di valorizzare ogni aspetto. Anche il semplice sassolino può diventare molto più utile, trovando un uso che è invece superfluo qualora si affronti una cpu più imbambolata. Horizon diventa praticamente un’altro gioco qualora provato a difficoltà superiori.
Il Decima Engine
Anche giocato su Playstation 4 liscia, il grado di dettaglio è ammirevole per un gioco free-roaming che si estende su una mappa di queste dimensioni. Il Decima Engine progettato da Guerrilla conferma la bravura degli olandesi nel realizzare motori grafici al passo con i tempi, così come Killzone Shadow Fall fu uno dei pochi titoli che al lancio di Ps4 offrì risultati degni del salto generazionale, a differenza di molti multipiattaforma pubblicati cross-gen. L’ambientazione presenta una buona varietà di luoghi, mentre le sequenze filmate mostrano dei volti dotati di una discreta recitazione facciale, anche se sporadicamente non sincronizzati con il doppiaggio. I comprimari umani sono animati in modo valido ma comunque meno minuzioso rispetto ai meccanimali, i quali invece sono i veri protagonisti e vanto di Horizon. Ogni creatura robotica ha movenze molto raffinate e attente, riproducendo lo scalciare dei cavalli, la carica dei bufali o le planate dei falchi. Il sistema di illuminazione arricchisce l’ambiente naturale, riflettendo un bagliore in una pozzanghera che nell’alternare fasi notturne e diurne gradualmente. La frequenza di fotogrammi è stabile e si mantiene stabilmente sui 30 al secondo. I dialoghi presentano alcune scelte per dare l’impronta caratteriale preferita dal giocatore alle risposte di Aloy, tuttavia rimane giusto un tocco di colore superfluo che non influisce sulla trama. Meno accattivante invece l’abuso di diari-ologrammi narrativi, che nelle fasi avanzate bloccano troppo le fasi di esplorazione dei dungeon avanzati, senza però offrire l’intrattenimento che una sequenza filmata avrebbe creato.Molto bella la colonna sonora, composta di giuste sfumature, adatta alla narrazione ma anche a valorizzare i piani paesaggio e le fasi di battaglia.
Pro
- un open world che mescola varie tipologie di gioco in modo molto efficace
- un’ambientazione molto particolare e intrigante
Contro
- il livello di difficoltà Normale non mette ben in evidenza la profondità di gioco e tutte le sue meccaniche
Voto: 9