Altro che vincere la timidezza, trovare l’amore o conquistare il mondo, come volevano chiedere i protagonisti delle prime avventure del manga di Akira Toriyama. Gli appassionati di Dragon Ball hanno spesso avuto un altro desiderio: un videogioco che potesse rivaleggiare con i più illustri esponenti del genere di combattimento. In oltre venticinque anni di picchiaduro basati su questa licenza, i risultati sono oscillati tra il pessimo e il discreto, ma mai si è raggiunto un livello tale da poter considerare la giocabilità degna di un Tekken o uno Street Fighter. FighterZ arriva dunque a colmare tale lacuna, proponendo un gioco pensato per soddisfare sia i fan più sfegatati, che i giocatori più esigenti.
Arc System Balls
La scelta da parte di Bandai Namco di assegnare lo sviluppo agli Arc System Works non è casuale. Lo studio nipponico si è distinto negli ultimi anni per un rilancio prodigioso di Guilty Gear, che non solo ha riconfermato delle meccaniche di gioco solide, ma ha anche segnato il nuovo termine di paragone nell’utilizzo del cel-shading. Sfoggiare un risultato che sfiorava il cartone animato interattivo li ha resi il miglior partito a cui affidare questo nuovo filone videoludico dedicato ai combattenti delle sfere del drago.
La cosmesi di FighterZ migliora i già ottimi risultati precedenti, assottigliando ulteriormente il distacco tra serie animata e gioco grazie ad un uso eccezionale della tavolozza cromatica e degli effetti di illuminazione. La somiglianza inoltre è rafforzata dall’aver preso spunto dalle tavole del manga per riprodurre le mosse e le animazioni dei personaggi. Ogni singolo fotogramma infatti farà sobbalzare i fan, ricordandogli un momento ben preciso. Anche il più piccolo dettaglio è quindi stato estrapolato dall’ opera originale e diventa un notevole valore aggiunto per gli appassionati, garantendo la stessa meraviglia della prima visione delle puntate televisive, specialmente grazie alle animazioni che accompagnano le super mosse o le distruttive interazioni con i fondali.
La direzione artistica rimane ispirata anche nel comparto audio, il quale è firmato da Daisuke Ishiwatari, storico creatore di Guilty Gear nonché compositore musicale presso Arc System. Le sonorità sono generalmente molto simili a quelle dell’anime, ma la passione di Ishiwatari per l’hard rock lo porta ad inserire anche sfumature più dure e serrate, per accompagnare l’azione.
Quando si parla di picchiaduro, la parte più corposa però rimane la giocabilità. La formula impiegata questa volta però non è quella classica del 1 VS 1, bensì quella della squadra tag 3 VS 3, come visto in Ultimate Marvel VS Capcom 3. I tre membri del gruppo possono darsi il cambio in qualsiasi momento, oppure richiamare per brevi interventi una delle riserve allo scopo di effettuare un’offensiva rapida utile a fornire copertura o a prolungare la durata di una combo. Gli attacchi tradizionali passano attraverso quattro tasti, più altri due per una proiezione e per lo scatto aereo.
A questi si aggiungono altre mosse comuni come la vampata di energia o i movimenti fulminei, mentre contro lo spam di proiettili è disponibile una mossa per deviarli, così come lo spostamento fulmineo per sorprendere alle spalle chi gioca troppo sulla lunga distanza.
Tutto è costruito sapientemente per soddisfare due requisiti: il primo è quello della tematicità nel riproporre tecniche simbolo, sul fronte estetico tutte queste tecniche ricalchino minuziosamente quanto visto tra manga e anime, al punto da poter prendere una qualsiasi pagina o fermo-immagine ed accostarlo a questo gioco per rimanere sorpresi da quanto sembrino una trasposizione su copia carbone dell’originale, assicurando un’effetto in grado di soddisfare persino il più esigente degli ammiratori.
Il secondo è contribuire ad un ecosistema di gioco bilanciato e adatto anche a partite competitive. Difatti ciascuna delle mosse riesce a soddisfare delle esigenze intrinseche a quello che deve essere un picchiaduro valido da giocare indipendentemente dal fanservice.
Bisogna riconoscere il grande talento degli sviluppatori nel rafforzare la fedeltà verso la licenza, donandogli in contemporanea uno spessore superiore anche ai migliori capitoli Budokai. Sotto questo aspetto FighterZ non ha nulla da invidiare a molti picchiaduro blasonati e si vede bene la mano esperta di Arc System Works.
Fanservice del drago
La rosa dei lottatori è discretamente variegata e pesca nomi eccellenti tra i filoni Z e Super, anche se bisogna riscontrare una certa ripetitività dovuta ai limiti intrinseci che una licenza come Dragon Ball comporta. Molti picchiaduro moderni infatti stanno cercando di enfatizzare al massimo le differenze tra i combattenti, differenziandoli sulla base di gimmick e modi di lottare che ne rendano lo stile il più unico possibile. La stagione 2 di Street Fighter V nonchè gli stessi membri di Guilty Gear Revelator o i drive specifici di BlazBlue esprimono molto bene questo concetto. In FighterZ invece c’è una certa tendenza a ricondurre il gioco a tecniche come onde energetiche e proiettili in larga parte del cast. Per quanto siano comunque presenti figure come Yamcha o Hit, che offrono qualcosa di alternativo, i giocatori più interessati ad un picchiaduro in termini assoluti potrebbero patire leggermente la cosa.
Per venire incontro però ai meno avvezzi ai tecnicismi dei picchiaduro, sono state inserite diverse semplificazioni, alcune molto utili, altre forse esagerate. Tra le positive si possono elencare mosse speciali e Super, le quali vengono eseguite soltanto tramite un banale quarto di rotazione di stick, accompagnato dalla pressione di uno o massimo due pulsanti. La finestra di tempo in cui inserire l’input per concatenare una combo inoltre è piuttosto permissiva. L’insieme è quindi tarato per risultare accessibile anche per i novizi e chi, attraverso Dragon Ball, voglia avvicinarsi ad un picchiaduro più profondo. La nota dolente però è data dalla presenza di ben due autocombo, le quali possono essere eseguite semplicemente premendo a ripetizione un pulsante. Per quanto limitarsi a questa esecuzione automatica non garantisca affatto la vittoria contro un giocatore esperto, il largo spazio dato a tale strumento rischia di diventare quel genere di stampella che spinge i meno volenterosi a non provare neanche a cimentarsi nell’imparare le meccaniche vere e proprie. Data la già grande quantità di appigli forniti per ammorbidire gli spigoli tipici dei giochi di combattimento, una simile scelta pare esagerata.
La saga di C21
Le modalità in singolo invece non rappresentano il meglio delle produzioni ASW. Arcade consiste nella consueta sequela di scontri contro la CPU, ma vivacizzata da un sistema di valutazione delle prestazioni che seleziona l’avversario successivo basandosi su quanto meglio o peggio si è combattuto durante l’ultima ripresa.
La campagna invece è basata su di una storia inedita e alterna gli incontri con delle sequenze filmate di qualità davvero ragguardevole e molto vicina ad un prodotto televisivo. La trama tuttavia è raccontata superficialmente e con numerosi punti spiegati malamente. Evitando di fare anticipazioni, ci si può limitare a riassumere l’inizio, in cui un’esercito di sosia uguali ai più famosi eroi e cattivi, giunge a seminare caos e distruzione sulla Terra. In concomitanza compare anche la misteriosa C21 (creata con la supervisione di Toriyama in persona), la quale porta le insegne dell’Esercito del Fiocco Rosso, di cui faceva parte anche il diabolico Dottor Gelo (noto anche come C20).
Circa la struttura prettamente “ludica” di questo segmento, in ogni capitolo si procede lungo una mappa a caselle. Su ciascuna di esse bisognerà sconfiggere una squadra nemica, per ottenere delle abilità equipaggiabili che conferiscono dei bonus. Purtroppo l’elemento ruolistico è appena abbozzato rispetto a come ASW ha abituato con la modalità M.O.M. di Guilty Gear Revelator o Abyss di BlazBlue. Stavolta infatti la difficoltà è tarata notevolmente verso il basso, rendendo quasi trascurabile l’impiego di abilità e bonus.
Una scelta dovuta evidentemente a rendere la campagna completabile da qualsiasi giocatore, ma che senza un selettore di difficoltà, finisce per annacquare tutto il senso di sfida, di personalizzazione a metà tra survival e gioco di ruolo, che era stata raggiunta nel loro titolo precedente. Sarebbe quindi stato preferibile separare storia e Survival, per offrire da un lato l’esperienza “anime” adatta a tutti, dall’altro la sfida scalabile per intrattenere offline con qualcosa di più complesso. Non mancano le classiche sezioni in cui esercitarsi con l’allenamento e le sfide delle combo, anche se pure in questo punto ASW ha trascurato qualcosa che aveva proposto con molta più cura in BlazBlue e Guilty Gear, dove il tutorial era talmente completo e ben studiato da poter prendere per mano un giocatore inesperto e introdurlo gradualmente e con chiarezza, non solo alle meccaniche più complesse, ma anche al gergo tecnico dei picchiaduro.
Pro
- grafica di qualità paragonabile alla serie televisiva
- il miglior picchiaduro di Dragon Ball prodotto sinora
- fedeltà incredibile nella trasposizione di ogni dettaglio
Contro
- modalità storia poco riuscita
- ruolo delle autocombo troppo invasivo
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