La ormai trentennale carriera di Capcom è paragonabile a quella di un cantante famoso. Quante volte un musicista magari sbaglia anche diversi album di fila? Negli ultimi anni però CAPsule COMputers sembra aver ripreso il filo dei suoi discorsi migliori. Al pari di Resident Evil 2 Remake, Devil May Cry 5 dimostra come la software house nipponica sia in grado non solo di produrre ottimi giochi, ma anche di traghettare la tradizione nella modernità, proponendo esperienze di alta qualità senza inseguire la moda.
“Nel mezzo del cammin di nostra vita, Capcom si ritrovò in un mercato oscuro, che la retta giocabilità era smarrita”
Le porte dell’agenzia Devil May Cry si aprono un’altra volta per accogliere un enigmatico individuo. Il suo nome è V, aspetto aristogotico, tra tatuaggi, abiti neri e bastone da passeggio, intento a declamare versi di William Blake con fare ieratico. Tuttavia se nella Divina Commedia era Dante ad essere accompagnato nei recessi infernali, in questo gioco invece è Dante a scortare V, al fine di sconfiggere la minaccia di Urizen, demone talmente potente da richiedere l’intervento anche di Nero.
La commedia messa in scena da Capcom però è talmente sfaccettata da essere uno spettacolo teatrale dei più variopinti, fatto di prosa, come di balletto. Il palcoscenico infatti viene diviso equamente tra i tre protagonisti, i quali si danno il cambio agilmente per riempire la scena con tutto il loro carattere. I tre eroi infatti non solo sono diversi per modo di fare, ma presentano robuste differenze anche nella rosa di mosse e abilità a disposizione, offrendo al giocatore esperienze ludiche ben delineate.
Il sistema di combattimento di Devil May Cry 5 infatti è il più ricco e rifinito dell’intera serie. Ai comandi di Dante, V o Nero si hanno a disposizione meccaniche specifiche: Dante ha un armamentario composto da spade, manganelli, armi da fuoco (più molto altro) e dai suoi stili di lotta, (come trickster, pistolero e spadaccino), ciascuno studiato per valorizzare un determinato approccio. V può evocare un corvo, una pantera e un golem, i quali combattono al suo posto.
Nero invece deve supplire alla perdita del suo braccio con delle protesi tecnologiche, ciascuna dotata di effetti particolari e versatili, ma tutte frantumabili se mal usate (per evitare che il loro uso sconfini nel banale spam). Di tutta la compagnia Dante rimane comunque il primo attore, sia in termini ludici, sia perché nelle scene di intermezzo si prende il palcoscenico in modo plateale, come solo lui sa fare, in sequenze spettacolari.
Il rischio di ripetitività è quindi scongiurato da un numero elevato di meccaniche, alle quali bisogna anche sommare le mosse e le tecniche acquistabili lungo il gioco, tramite le sfere rosse. Il numero di opzioni complessivo è quindi talmente alto, non solo da garantire una sufficiente varietà nel corso della prima partita, ma anche da conferire freschezza al NewGame+. Un secondo giro diventa dunque indispensabile per continuare ad esplorare ciò che il gioco ha da offrire, padroneggiare armi e tecniche ottenute nelle fasi finali e scoprire anche alcune chicche (come le animazioni dell’abilità che Nero ottiene nel finale, applicate sui boss dei primi livelli), a tutto beneficio della rigiocabilità.
La longevità di base rimane comunque corposa, assestandosi intorno alle quattordici ore, se si cerca anche qualche segreto e missione secondaria.
Il sistema di votazione funziona come nei capitoli precedenti, dove man mano che si sconfiggono i nemici si ottiene un voto (da D a SSS, “smocking,sexy,style”) basato sulla varietà e durata delle combo effettuate. Far passare troppo tra un colpo e l’altro infatti farà abbassare il grado raggiunto e il numero di punti e ricompense ottenuti a fine missione.
Ad alti livelli la giocabilità di Devil May Cry diventa quindi una specie di balletto, dove i personaggi saltano da un lato all’altro, colpendo di qui e lanciando di là i malcapitati avversari, in sequenze frenetiche e adrenaliniche. Il ritmo serrato e la varietà delle combo è quindi il metro stilistico con cui questa serie declina il genere action e qui si può dire lo ha fatto alla perfezione, introducendo delle idee nuove che donano identità e carattere alla giocabilità di questo quinto capitolo, riprendendo al contempo tutti gli aspetti migliori dei precedenti.
Forse nelle ultime missioni la progressione si fa abbastanza ripetitiva, vuoi per una monotonia estetica dei luoghi esplorati, vuoi per la scarsità di situazioni diverse dal vibrar fendenti in ogni direzione. Sono infatti rare le piccole interazioni che erano all’ordine del giorno nei vecchi capitoli, come recuperare oggetti e chiavi o attivare interruttori per aprire porte in altre stanze, ma che offrivano brevi momenti di rottura rispetto al susseguirsi di scontri. Devil May Cry non ha mai voluto avere enigmi in stile Resident Evil o Onimusha, tuttavia stavolta si è puntato quasi esclusivamente sull’azione, aggiungendo invece più attenzione alle battaglie contro i boss (abbondanti e ben diversificate).
“La bocca mi baciò tremante. Galeotto fu il gioco e chi lo programmò, quel giorno più non vi giocammo avante”
Graficamente Devil May Cry 5 è impressionante. La bravura di Capcom nello sviluppare motori grafici proprietari rimane costante sin dal loro ingresso nella generazione in alta definizione. Come prima l’MT Framework, anche il REengine si dimostra perfetto per garantire altissime prestazioni in qualunque situazione. Ciò che sorprende maggiormente è la stabilità dei 60fotogrammi al secondo (anche su console base), che produce una fluidità perfetta a valorizzare questa tipologia di gioco. La quantità di dettagli ed effetti di illuminazione su schermo rimane notevole, non mancano gli oggetti che possono essere distrutti e le zone sono sovente modificate dagli attacchi dei boss. Come detto sopra, l’ambientazione però patisce la ripetitività dei fondali in alcune fasi e sarebbe stato apprezzabile un maggior sforzo creativo.
Un altro aspetto poco convincente è lo stile fotorealistico, dovuto all’aver digitalizzato le prestazioni di attori reali e averle riprodotte in gioco. Tale lavoro è stato svolto senza modificare i modelli poligonali per adattarli allo stile della serie, pertanto molti volti di personaggi iconici risultano poco somiglianti e stonano parecchio con l’aspetto tipico di Devil May Cry. In particolare Nero e Lady, se non fossero presentati come tali dal loro abbigliamento, non sarebbero facilmente riconoscibili (al punto che Nero adesso somiglia più al protagonista di DmC dei Ninja Theory, che non a come lo abbiamo conosciuto nel 4). Un esempio di come il fotorealismo potrebbe non essere sempre gradevole, oltre che creare un registro stilistico piuttosto piatto per delineare i personaggi esteticamente.
“Lesti a Devil May Cry giocate chè perder tempo a chi più gioca più spiace”
Qualcuno si starà chiedendo se non sarebbe stato meglio portare Devil May Cry ad una svolta simil openworld, come avvenuto per God of War 4 lo scorso anno, date le somiglianze che in origine le sue saghe avevano in comune. La risposta però è no. Devil May Cry nel decennio scorso aveva saputo rinnovarsi, senza contare che già in partenza la sua forza era data da giocabilità e meccaniche più varie, profonde e complesse rispetto a quelle di God of War. Se quindi lo spartano Kratos non ha mai potuto contare su combo e groove di combattimento particolarmente vari, questo elemento invece è sempre stato centrale e robustissimo all’interno della produzione di Capcom. Qui, la stessa compresenza di tre personaggi, ciascuno dotato del suo gimmick personale, non fa che confermare come Devil May Cry 5 riesca ad inserire nuovi elementi nella giocabilità, tutti dotati di profondità ludica, ma senza bisogno di ricorrere ad espedienti free roaming per rinfrescare delle meccaniche che, nel caso del collega greco, da troppo tempo si fermavano alla combo “quadrato,quadrato,triangolo”.
Devil May Cry quindi rimane un gioco d’azione che vuole offrire questo ingrediente in forma concentrata, al pari di un caffè italiano ristretto e senza cercare di diventare una bevanda allungata e annacquandosi in un free roaming che lo avrebbe fatto diventare più dispersivo e simile a cento altri giochi attualmente in commercio.
Devil May Cry 5 è un caffè forte, una miscela di chicchi di giocabilità accuratamente selezionati dai suoi sviluppatori, tostati al punto giusto. Al pari di Resident Evil, anche questo tassello della produzione odierna di Capcom dimostra come si riesca a rinnovare un game design solido, mantenendone al contempo i tratti salienti.
PRO:
- graficamente notevole, raggiunge i 60 fotogrammi al secondo stabili anche su console base
- giocabilità molto profonda e varia, grazie alla presenza di tre protagonisti, molte armi e stili di lotta
- piuttosto rigiocabile
CONTRO:
- lo stile grafico fotorealistico mal si adatta ai toni di Devil May Cry e alcuni personaggi sono quasi irriconoscibili
- alcuni livelli nelle fasi finali sono abbastanza ripetitivi
Versione Provata: Playstation 4.
La versione PS4 presenta censure su scene di nudo parziale, nonostante il gioco sia espressamente segnalato come PEGI18 per un pubblico maggiorenne.
Gioco disponibile su Playstation 4, Xbox One, PC
Voto: 9