Come si crea un buon gioco indie? Ci sono moltissimi fattori da tenere in considerazione: gameplay, stile grafico, eventuale storia, longevità e prezzo al quale si propone il pacchetto completo. Una caratteristica alquanto in voga recentemente è rappresentata dall’inserire un nome “famoso” nel settore per attirare l’attenzione dell’utenza pagante. Il team Moondrop ha avuto la fortuna di poter lavorare insieme all’acclamato sviluppatore/storywriter Chris Avellone, già coinvolto nella creazione di titoli storici e di alta qualità come le serie Baldur’s Gate, Icewind Dale, Neverwinter Nights direttamente dagli anni ’90/primi 2000 e più recentemente lo spettacolare Divinity: Original Sin II seguito dal bellissimo Torment: Tides of Numenera, passando ovviamente per l’eccellente Prey. Includere Avellone nel team per lo sviluppo di un ibrido puzzle/platform è una scelta curiosa, considerato che si tratta di un genere non propriamente tipico per il talentuoso storywriter. Prepariamoci ad entrare in un mondo fiabesco con Degrees of Separation.
IL BALLO DELLE STAGIONI
Ember e Rime sono due persone molto diverse: lei vive in un mondo caldo, soleggiato, pieno di colori e di odori, lui attraversa terre imbiancate da un perenne manto nevoso, paesaggi tanto freddi quanto meravigliosi. Un giorno questo equilibrio viene in qualche modo spezzato nel modo più morbido ed enigmatico possibile. Ember e Rime si allontanano dalla loro casa richiamati da una forza misteriosa che sembra cambiare il clima al quale sono abituati e finiscono con l’incontrarsi. Ma non è un incontro normale: sono vicini eppure lontani, divisi da una barriera invalicabile che permettere loro di “sentirsi” ma che li tiene al tempo stesso separati. I loro rispettivi mondi seguono ogni movimento e tutto attorno a loro cambia di conseguenza. Dovranno scoprire cos’è successo e soprattutto dovranno scoprire come abbattere quella strana barriera e potersi finalmente incontrare.
Incipit decisamente poetico e stravagante, una storia sulla quale si basa l’intera architettura del gameplay. La trama scritta da Chris Avellone è sognante, eterea, ricorda per certi versi il concept alla base del film Ladyhawke “eternamente insieme, eternamente divisi”. Nelle mani di un esperto storywriter le cose possono cambiare drasticamente ed anche un gioco relativamente discreto può accrescere enormemente il suo feeling nelle mani di un giocatore. Quante volte una storia appassionante ha permesso di sorvolare su gameplay traballanti o level design poco ispirato? Parecchie di certo. Degrees of Separation non fa eccezione seppur limitatamente: un gioco che presenta meccaniche di gameplay simili a quelle trovate nel celebre LIMBO del team Playdead deve far molta attenzione a non rendere la storia eccessivamente criptica e “lenta”. Il rischio è quello di intrigare inizialmente e, lentamente, scemare verso la noia a causa di un gameplay poco appassionante. Purtroppo, in parte, questo accade nel titolo in esame.
SEMIFREDDO
La base delle meccaniche di gioco in Degrees of Separation ruota attorno alla divisione dello schermo a metà tra il mondo caldo di Ember e quello gelido di Rime. Ad ogni movimento il mondo attorno cambierà graficamente trasformandosi nella sua versione estate/inverno ma le modifiche riguarderanno anche alcuni elementi dello scenario interattivo come lanterne o acqua. Se questi elementi si trovano nella sezione dello schermo in cui opera Rime si modificheranno in un certo modo mentre cambieranno se il mondo di Ember dovesse subentrare. Il resto è tutto delegato a salti, arrampicate, oggetti da spingere eccetera: una meccanica di gameplay decisamente originale e ricca di spunti interessanti che funziona bene fino ad un certo punto, soprattutto a causa di alcune scelte non propriamente eccellenti. Il ritmo di gioco è sempre abbastanza lento e, nonostante questo non sia necessariamente un male, qui porta spesso ad una certa “noia” durante l’avanzamento. Lo schema di gioco è diviso in zona paesaggistica (spesso con parte narrata a schermo) e zona puzzle con eventuale raccolta di oggetti collezionabili, poi lo schema si ripete.
E’ un concept semplice, funzionale ma che con il tempo perde di efficacia diventando più che altro ripetitivo: bisogna tenere alto l’interesse del giocatore ed una storia dai contorni sfumati ed eterei riesce nell’impresa solo in un periodo di tempo limitato. Ottima l’idea del multiplayer locale per gestire singolarmente i due personaggi con un compagno di giochi, in stile Brothers: A Tale of Two Sons.
L’offerta ludica è inserita in un contesto estetico decisamente ben confezionato: uno stile grafico ricercato aggiunge notevole valore a ciò che Degrees of Separation può offrire. Molti livelli di parallasse, colori vibranti e fondali ben realizzati fanno purtroppo da contrasto ad uno stile di disegno/animazione dei personaggi che personalmente detesto: quello stile “Flash Games” con modelli fissi animati tramite il movimento degli arti e di parti del corpo. Nonostante sia evidente l’impegno profuso dagli sviluppatori nel rendere l’animazione più gradevole, l’effetto finale non cambia molto ed ha quel feeling da “pupazzo che si muove” non propriamente esaltante. Il comparto sonoro è formato da due facce distinte: alcuni temi musicali molto incisivi fanno da contrasto ad altri poco interessanti. Un plauso al doppiaggio che aggiunge una narrazione vocale agli eventi narrati. In definitiva Degrees of Separation è un titolo certamente buono, con i suoi problemi innegabili ma che riesce a donare sensazioni profonde grazie ad un gameplay sperimentale ed una narrazione di buona qualità.
PRO:
- Comparto tecnico/artistico notevolmente ispirato
- Trama intrigante con spunti davvero originali
CONTRO:
- Gameplay generalmente poco interessante, dal ritmo che non decolla
- Alcune pecche di animazioni e collisioni qui e là
Voto finale: 7
Versione provata: PC/Steam