Nonostante la separazione tra Team Ninja e Tomonobu Itagaki sia una di quelle che si spera culminino in una riconciliazione, lo studio nipponico ha portato avanti la saga di Dead or Alive anche senza il suo storico creatore, raffinandola nella giocabilità al punto di farla diventare una plausibile alternativa a Tekken.
Tra i picchiaduro tridimensionali infatti continua a restare vacante la sedia di Virtua Fighter, ovvero quel titolo che più di tutti si è avvicinato al rappresentare in un videogioco le arti marziali vere, a differenza di Tekken invece, il quale ha ormai da anni abbandonato ogni parvenza di verosimiglianza lanciandosi in una gincana di robot, demoni, orsi, canguri e chi più ne ha, più ne metta.
Dead or Alive si pone a metà strada tra i due, prendendo aspetti di giocabilità da entrambi e riproducendo molti stili di lotta con una certa cura e attenzione, inserendo qualche elemento colorito per concedersi un pizzico di leggerezza, ma senza esagerare.
“You spin me right round, like a record baby” – Dead or Alive
Lascio volutamente ai margini della recensione la trattazione della storia e delle modalità per partire invece con un aspetto forse tecnico, ma che rende l’attrattiva che Dead Or Alive 6 può costituire per chi cerca un picchiaduro dotato di profondità, ma anche su misura di chi non gioca abitualmente a questo genere.
Con questo sesto capitolo gli sviluppatori hanno voluto modificare alcuni aspetti della giocabilità in modo singolare. L’effetto generale è sempre quello di immediatezza e velocità, tipico dei picchiaduro tridimensionali. L’esecuzione dei colpi è data da tasti e direzioni di facile attivazione, tuttavia nelle contromosse, da sempre aspetto cardine di DOA, è stato riconsiderato il sistema per renderne il principio più accessibile per i principianti.
Chi ha pratica con i capitoli precedenti sa che le controprese si basano sul fermare un colpo in arrivo e rivoltare l’attacco contro l’avversario. Tale sistema è presente ancora adesso e funziona sempre secondo un metodo simile alla morra cinese, per cui al colpo A si risponde con counter B, a seconda che il calcio o pugno sia sferrato in alto o in basso. La novità però risiede nella nuova barra per le tecniche speciali, la quale può contenere due tacche spendibili per il Colpo Devastante o la Presa Devastante.
Il primo funziona in modo simile alle Rage Art di Tekken, essendo una supermossa ad alto coefficente di danno, la seconda invece consiste in una contromossa universale, la quale può fermare praticamente qualsiasi cosa, senza richiedere un’esecuzione specifica legata al tipo di attacco in arrivo che si vuole interrompere.
La funzione dei Colpi Devastanti è pressoché sdoganata in molti giochi di combattimento come tecnica di rimonta. Il paragone con le Rage Art di Tekken è dovuto anche all’ignorare i colpi in arrivo nelle fasi di partenza della mossa, permettendo di partire all’attacco anche durante una situazione di svantaggio. La sequenza però può anche essere cancellata, in questo caso l’avversario resterà stodito e i giocatori esperti potranno inanellare una combo più articolata e letale, mentre gli altri lasceranno semplicemente concludere l’esecuzione.
La combinazione di questi fattori è interessante, perché concede spazio sia ad un gioco più tecnico, che uno diretto e semplice, premiando ovviamente in modo diverso i due approcci. La Presa Devastante invece è quella che rischia di essere la facilitazione più grossolana, tuttavia la sua esecuzione resta vincolata ad alcuni principi alla base anche delle contromosse normali.
La Presa Devastante infatti non richiede l’esecuzione di un comando specifico sul colpo in arrivo, tuttavia pone sempre come condizione indispensabile un certo tempismo. Tale aspetto infatti è da sempre parte fondamentale della giocabilità di Dead or Alive, il quale è tanto permissivo quando si tratta di comandi da inserire per combo e mosse speciali, quanto esigente quanto a tempismo. Al pari delle contromosse infatti, anche la Presa Devastante non va usata spammandola, pena andare a vuoto e restare scoperti.
Questa meccanica quindi semplifica alcuni aspetti per i principianti, ma tra tutte le facilitazioni che si vedono nei picchiaduro degli ultimi anni, appare come una delle più sensate. Sovente infatti troviamo autocombo, ovvero sequenze semi automatiche che si attivano premendo ripetutamente lo stesso pulsante. Tale metodo però poco aiuta a capire delle reali meccaniche del gioco in cui è inserito, diventando spesso una stampella che rende goffe e ripetitive le partite.
Con la Presa Devastante invece Team Ninja ha inserito uno strumento pensato per i nuovi utenti, ma al tempo stesso propedeutico ad imparare per davvero un aspetto tra i più importanti nella giocabilità di DOA. L’insieme nel complesso è abbastanza bilanciato, le nuove meccaniche non rovinano l’esperienza generale, anche per via del loro costo di attivazione (una o due tacche di energia speciale, a seconda) pertanto il loro utilizzo è limitato nel corso di una partita. L’unico dubbio è legato all’enorme quantitativo di danno che il Colpo Devastante può produrre se inserito in una combo, tuttavia questo è un aspetto che può essere facilmente limato da una patch e comunque emerge tra giocatori veterani.
Picchiaduro o gruppo pop anni 80?
Sul fronte grafico lo sforzo profuso però è abbastanza pigro. Sicuramente si poteva fare di più, in quanto l’effetto generale è quello di un miglioramento lieve rispetto a Dead or Alive 5, ormai datato 2012 e sviluppato su hardware di scorsa generazione. I modelli poligonali dei personaggi infatti non sono sempre dettagliati e curati, come ci si potrebbe aspettare dopo il salto tecnico avvenuto negli ultimi anni. Sono stati aggiunti effetti di illuminazione di buona qualità, il sudore e la polvere lasciano segni visibili, così come quelli delle botte. Non soltanto i volti presentano tracce dei colpi, ma anche i costumi e gli accessori verranno danneggiati dalle sequenze più letali. L’insieme comunque rimane gradevole, anche se lascia abbastanza a desiderare e resta lontano dalla norma a cui siamo abituati ora.
Sul fronte delle modalità di gioco invece c’è un numero corposo di offerte. Non soltanto l’Arcade, ma anche il Time Attack, il Survival, le immancabili sfide combo e la campagna per la storia, a cui si aggiunge poi la Doa Quest. Quest’ultima consiste in una serie di incontri in cui bisogna non solo vincere, ma soddisfare determinate condizioni come eseguire colpi specifici, vincere in X secondi e via così. Le condizioni sono spesso delle sfide aggiuntive (che premiano con punti utili a sbloccare nuovi costumi), ma talvolta anche studiate per impratichirsi con meccaniche importanti o valorizzare il repertorio mosse di un personaggio. A tal proposito infatti accanto a ciascuna condizione è posta una voce che ci porta in un tutorial specifico per capire come soddisfare quel determinato requisito, creando quindi un circuito di intrattenimento e didattica con cui giocare a Dead or Alive 6 e impararne i fondamentali senza rinunciare a divertirsi.
La campagna come al solito verte sul torneo Dead or Alive, il quale però cela alle sue spalle una serie di trame e personaggi i cui scopi vanno oltre la semplice vittoria di una competizione sportiva. Ogni incontro è preceduto da un filmato e ciascuno di questi porta avanti la trama principale e quelle secondarie. La particolarità però è che i paragrafi di ciascun capitolo si sbloccano in modo asincrono, pertanto avanzando nel quarto episodio potremmo vedere il personaggio X agire nella storia principale, il che attiverà il suo antefatto tra le finestre dell’episodio precedente.
Un metodo narrativo che può sembrare confuso, a leggerlo così, ma che all’atto pratica diventa simile all’intreccio di varie vicende di un telefilm moderno, con la storia che salta tra protagonisti e comprimari dedicando magari anche solo qualche minuto ai secondi, per poi tornare ai primi.
Pertanto la storia di Dead or Alive 6 può definirsi non tanto “cinematografica”, quanto “telefilmica”.
Itagaki dove sei?
Tra le pecche da rimproverare al produttore Shimbori, c’è sicuramente l’aver composto una rosa di lottatori sicuramente appagante per i fan della serie (tolti magari un paio di nomi, come Gen Fu e Leon, ma non si possono rimettere sempre gli stessi ogni volta), ma davvero povera di novità. Soltanto due nuove facce sono forse poche per stimolare chi segue la serie da anni e sarebbe stato lecito aspettarsi almeno il doppio di nuovi sfidanti proposti. Gli stessi fondali sanno di già visto rispetto a Doa5 (come il ring della palestra di Mila, o la zona di guerra, qui riprodotta come sezione di un museo).
Rimangono comunque presenti le transizioni, per cui colpendo il nemico a piena potenza in determinati punti, non soltanto si possono attivare delle interazioni particolarmente distruttive, ma anche lanciarli fuori dall’arena, spostando in tempo reale l’azione in un fondale completamente diverso.
Al momento del lancio inoltre la modalità online non permette ancora di creare stanze, ma soltanto di giocare in Matchmaking. Gli sviluppatori hanno promesso che entro breve verrà rilasciato l’aggiornamento che aggiungerà le altre opzioni, tuttavia rimane un aspetto talmente basico che sarebbe bene dare per scontato sin dal lancio, anche se si è profusa particolare attenzione nell’offerta offline. La qualità del netcode comunque rimane più che buona. Su circa un centinaio di partite sono state poche le situazioni di lag incontrate, inoltre prima di ogni incontro è possibile scegliere se accettare o meno lo sfidante basandosi sulla qualità della sua connessione (che ricordiamo peggiora sensibilmente qualora si giochi sotto WIFI, a differenza del cavo, che garantisce stabilità al segnale e abbassa il rischio di lag).
PRO
- La nuove meccaniche facilitano alcuni aspetti dell’ottima giocabilità, ma non la banalizzano. Anzi, sono propedeutiche ad impararne gli aspetti più importanti
- Molte modalità offline
CONTRO
- Grafica e fondali sotto tono rispetto alla media di questa generazione
- Pochi personaggi nuovi
Versione Provata: Playstation 4
Disponibile su Playstation 4, Xbox One, PC