Ormai si moltiplicano gli esempi di giochi che puntano sull’aspetto drammatico delle loro storie per coinvolgere gli utenti/spettatori; quest’ultimo, un’accostamento non casuale, dato che per via del sempre maggiore taglio cinematografico il confine spesso si confonde diventando quasi impercettibile. Pertanto se l’obiettivo diventa suscitare emozioni, allora bisogna anche guardare a come lo si fa, perché questo settore, ancora non sempre maturo nel trattare il discorso narrativo (salvo alcuni rarissimi esempi di scrittura), sovente ricorre all’inelegante “strattonamento emotivo” per andare a colpo sicuro.
Captain Spirit è un episodio pilota, se dovessimo usare un gergo da telefilm. Similmente alla loro opera prima Life is Strange, gli sviluppatori francesi Dontnod distribuiranno a puntate anche gli altri capitoli secondo la formula di una serie tv. La storia che introduce il piccolo Chris pertanto è un prologo volto a presentare quella che potremmo definire “la seconda stagione”.
Il protagonista, come molti bambini, ama giocare con dei pupazzetti, inventare storie fantastiche, popolate di supereroi che combattono i cattivi in epiche battaglie. Chris però si ritaglia un ruolo sia da regista che da attore principale, in qualità di Capitan Spirit.
Sebbene i compiti di Chris spazino da alcune semplici azioni come portare fuori l’immondizia, sgomberare il vialetto di casa o esaminare fumetti e giochi nella propria stanza, talvolta la sua immaginazione produce siparietti simpatici, come quando fantastica di combattere un mostro cattivo per vincere la paura del buio ed entrare nello sgabuzzino dove si trova il termostato da accendere, o come quando si veste da supereroe per intervistarsi da solo davanti allo specchio del bagno. La componente ludica effettiva però si assottiglia nel cercare il pin del cellulare del padre per giocare all’app di Mr.Mostarda e poco altro.
La trama tuttavia sposta subito l’accento sul contesto familiare in cui il bambino si muove, turbato dalla perdita della madre, lasciando il padre profondamente scosso da un lutto che non riesce ad elaborare. Quest’ultimo infatti è diviso tra il cercare di essere un buon genitore, quando è sobrio, e lo scadere in comportamenti problematici, quando invece affoga il suo malessere nell’alcool.
Captain Spirit tuttavia non mostra una particolare profondità nell’ora richiesta per completarlo, in quanto nel breve arco proposto viene frettolosamente presentato un contesto strappalacrime troppo aderente ad un luogo comune e volto a suscitare una commozione forzata, quasi a comando. Al pari di quelle sitcom che cercano di pilotare le risate del pubblico facendo sentire quelle registrate in sottofondo, ad alcune situazioni di Captain Spirit sembra solo mancare la scritta in sovraimpressione “commuoversi ora, prego”, per quanto l’aspetto emozionale è imposto.
Un modo di gestire la narrativa che lascia intendere come Dontnod voglia rendere un cavallo di battaglia quella sensazione di delicata commozione che era stata suscitata nel primo capitolo, ma che qui appare inseguita a tutti i costi, puntando su scene che richiamano quasi a forza un certo tipo di sentimenti per non correre rischi.
In ciò però si perde la spontaneità della risposta emotiva del giocatore, il quale potrebbe quasi trovarsi di fronte a qualcosa che cerca di cavargli a tutti i costi una lacrimuccia, per inseguire la strada del melodramma di un certo tipo di televisione.
Ciò che ha reso il primo LiS apprezzabile per molti giocatori è stata sicuramente la sua narrativa, la quale puntava ad una storia, prima che a creare delle emozioni, riuscendo anche nel secondo intento ma in modo spontaneo e sincero.
Captain Spirit invece sembra voler tirare fuori obbligatoriamente questo tipo di sensazioni, sapendo già che può essere lo strumento del suo successo, ma provare a replicare a tavolino questo tipo di effetti non sempre porta a risultati all’altezza, come già lo spinoff Before the Storm ha suggerito.