Pensiamo a quanti sparatutto a sfondo militare sono usciti negli ultimi anni e quanti di questi abbiano cercato di infilarsi sulla scia di Modern Warfare. Riprendere in mano MW1 quindi è un pò un ritorno sulla scena del delitto, a distanza di nove anni, per riesaminare il caso e cercare di comprendere quali siano stati gli ingredienti di un successo che ha cambiato il mondo dei videogiochi.
La maggior parte dei conflitti sembrano inevitabili al momento, ma futili col senno di poi – Edward Morgan Forster
Per riscoprire il mito di Modern Warfare si può iniziare dalla campagna in singolo, qualcosa che non aveva pari nel panorama degli sparatutto bellici dell’epoca. La trama inquadrava con un taglio cinematografico e denso di azione una vicenda che intrecciava fantapolitica, spionaggio e azioni militari, spesso senza lesinare nel proporre “eroi” sporcati da un crudo cinismo. Lo stesso titolo della prima missione, “Equipaggio Sacrificabile”, mette subito in chiaro quali siano i mezzi utilizzati dai protagonisti: nessun cavaliere senza macchia, ma una rappresentazione abbastanza credibile di una operazione segreta condotta da un reparto militare per intercettare un ordigno nucleare clandestino. Una scelta non banale anche quella di affidare ai SAS britannici (quotati tra i migliori al mondo, insieme ai Comsubin italiani, che nella realtà non hanno nulla da invidiare ai cinematograficamente celebrati Navy Seal americani) il ruolo centrale, alternando i livelli nei panni di un soldato semplice del corpo dei Marine, schierato sul fronte mediorientale in un conflitto urbano che echeggia alla guerra in Iraq del 2003. Sullo sfondo invece avviene la caccia ad un antagonista che cerca di ribaltare gli equilibri geopolitici tirando le fila di un ipotetico movimento ultra-nazionalista russo. A tutto ciò basta aggiungere un colpo di scena di grande effetto per ottenere un’ambientazione che offre un misto di spettacolarità e realismo che, nel 2007, assottigliava il confine tra videogioco e cinema in modo impressionante. Dopo quasi un decennio le avventure di Soap MacTavish e del Capitano Price mantengono la stessa potenza narrativa e sanno farsi apprezzare sia da chi le ha già vissute, sia da chi ancora non le conosce.
Graficamente si alza il livello delle rimasterizzazioni in modo tale che tutti i titoli usciti sinora con questo appellativo finiscono per sfigurare. L’aggettivo “remastered” calza davvero stretto in questo caso, siamo ad un passo dal doverlo considerare un rifacimento. Il motore grafico è stato potenziato con texture completamente ridisegnate e arricchite di moltissimi dettagli, un nuovo sistema di illuminazione e il tutto scorre a 60 fotogrammi al secondo su di una risoluzione di 1080p. Non raggiungiamo la qualità di Black Ops 3 o Infinite Warfare, ma trattandosi di un aggiornamento, il lavoro svolto è enorme e può camminare a testa alta in mezzo ai titoli sviluppati apposta per questa generazione. Sicuramente da ora in avanti, chi vorrà appiccicare l’aggettivo “Remastered” ad un gioco dovrà per forza confrontarsi con questo prodotto per sentirsi all’altezza.
In guerra non esistono soldati illesi – Jose Narosky
Quanto alla giocabilità permangono gli stessi punti di forza, basati su di una progettazione delle missioni semplice ma efficace, concentrata sull’essenziale. Qui sono assenti molti degli orpelli con cui si è voluto arricchire le meccaniche della serie nel corso degli anni e la natura di capostipite, di prototipo dei Cod a venire, è palese. C’è una minore varietà di situazioni, non ci sono bivi alla trama e la progressione è eccessivamente guidata, confinando spesso il giocatore al fastidioso ruolo di accompagnatore dei comprimari gestiti dal computer, al punto da punire qualsiasi iniziativa che non sia autorizzata dalle direttive impartite dal Capitano Price. Quest’ultimo è forse l’aspetto che più di tutti pesa sulla progettazione di Call of Duty, finendo per rendere palese come sia avvenuto un appiattimento rispetto al design sofisticato e maturo dei livelli degli sparatutto anni 90. Il titolo di Infinity Ward deve molto forse proprio a questa sua linearità, che lo ha reso accessibile e scorrevole da un pubblico più ampio, ammaliato dal taglio cinematografico al punto da scordarsi quanto incidesse l’aspetto ludico che aveva reso Doom e Quake dei capolavori del genere FPS.
Da questo punto nulla è cambiato nel corso degli anni e MW1 è colpevole quanto Infinite Warfare, perdendo il confronto rispetto al rilancio di Doom ad opera di Bethesda, la quale ha recuperato invece la struttura articolata dei livelli e ha rimesso al centro dell’azione il giocatore, offrendogli una libertà nell’ingaggiare il nemico che qui purtroppo non è presente. Nella sua semplicità comunque c’è del buono e le meccaniche rimangono solide, giocare la campagna rimane un’esperienza pilotata ma coinvolgente. Alcuni livelli sono un esempio da libro di scuola (come quelli a Chernobyl) per ogni sviluppatore, così come rimangono impressi dopo quasi una decade anche nella mente del giocatore (che soddisfazione completare Mile High Club a veterano, vero?).
L’unico frangente in cui l’esperienza assume toni davvero sgradevoli è il livello di difficoltà Veterano, forse uno dei peggiori casi di come sia stata implementata la difficoltà alta in un videogioco, con il computer che talvolta spara già conoscendo la posizione del giocatore o ignorando i comprimari, oppure creando ondate nemiche gestite quasi casualmente, per cui anche il semplice sporgersi o avanzare con cautela, può infilare il personaggio in una situazione in cui si viene abbattuti senza poter fare niente. Episodi frustranti, che non lasciano spazio all’abilità dell’utente, come in realtà dovrebbe fare un livello di difficoltà alto ben progettato.
Costo di un singolo F-117A Nighthawk: 122 milioni di dollari
Il multigiocatore, come si può immaginare, è un pò come rivisitare un luogo a distanza di anni e scoprire che è ancora tutto uguale. Infinity Ward ha difatti deciso di ascoltare le richieste dei fan e non introdurre modifiche alla struttura base, lasciando intatto il sistema di equipaggiamento e perk, aggiungendo soltanto delle modalità come “Uccisione Confermata”. Giocare a Modern Warfare dopo quasi 10 anni è ancora attuale, dimostrando quanto le meccaniche di base fossero talmente valide da consentirne persino l’ipersfruttamento per quasi una decade, senza causare un’immediata disaffezione della comunità. Tuttavia questo rispetto nostalgico finisce per essere un’arma a doppio taglio, lasciando appuntiti dei grossi spigoli ed evidenziando quanto in questi 9 anni ci sia stata un’evoluzione della serie, portata avanti a piccoli passi, ma comunque presente. All’epoca forse il fascino della novità rendeva sopportabile la presenza di perk sbilanciati come “martirio” o un design delle mappe ancora inconsapevole di quali baratri potessero aprirsi con l’abuso del cecchinaggio (molte sono ambienti della campagna lievemente rimaneggiati), tuttavia ora i capitoli migliori di COD hanno mostrato più attenzione a questi elementi. Riproporre MW1 intatto, anche nei suoi difetti, è stata una mossa azzardata, dettata forse da una paura dettata verso ogni tipo di novità, come quelle dei recenti e discussi capitoli futuristici, ma che avrebbe dovuto consentire almeno l’elasticità necessaria per ovviare ai difetti ormai conclamati.
Pro
- migliorie grafiche gigantesche
- trama ancora eccezionale
Contro
- molto lineare e guidato nella campagna
- il multigiocatore ha lasciato immutati anche i perk più sbilanciati