E’ un periodo fiorente per il panorama indipendente, grazie a diverse proposte di natura artistica, capaci di sorprendere molti giocatori e supportare l’idea che il videogioco possa andare oltre gli stereotipi con cui questo media viene bollato dai suoi detrattori. Bound è un’avventura molto particolare, intrisa di tematiche e riferimenti artistici che sembrerebbero all’ordine nel giorno nella Biennale di Venezia, ma che invece trovano spazio anche in un titolo per Playstation 4.
Dimensione Danza
Nonostante Bound venga pubblicato sotto l’etichetta dello studio Santa Monica, lo sviluppo è opera dei polacchi di Plastic Studio, particolarmente attivi nella sperimentazione di nuove periferiche, piuttosto che nella produzione di giochi in senso classico. Basti pensare ai lavori precedenti come Linger in Shadow, una tech demo che sfruttava il sensore di movimento del Sixaxis (prima versione del DualShock3, un motion controller a tutti gli effetti), oppure Datura, un’avventura grafica pensata appositamente per il Playstation Move. Su queste basi appare scontato che Bound sarà compatibile con Playstation VR già all’uscita, nonostante rimanga fruibile anche separatamente.
Questa nuova proposta si inserisce nel filone dei giochi artistici, entrando in questa definizione nel modo più calzante, date le numerose influenze da correnti dei primi decenni del 900, come il movimento Bauhaus o il Concretismo. Il mondo in cui si muove l’avatar della nostra protagonista difatti rispecchia tutta la forza visiva di questi stili e contribuisce a creare un contesto unico, originalissimo e suggestivo. Ogni elemento nei livelli di Bound è composto da poligoni semplici, colorati in maniera asciutta, ma assemblati con ottima attenzione per il risultato complessivo e gli accostamenti cromatici. Capiterà molto di frequente di interrompere l’esplorazione per fermarsi ad ammirare il paesaggio, semplice e privo dei dettagli di un blockbuster come The Witcher3 o GTA5, ma in grado di rapire il giocatore in brevi parentesi degne di Stendhal. Un tipo di bellezza grafica diversa, che non punta sulla potenza del motore grafico o sullo strabordante numero di poligoni, ma su idee più personali. Solo le brevi sequenze ambientate nel mondo reale stonano nel contesto, apparendo arretrate e decisamente povere.
Il lago dei cigni
Dentro questa cornice troviamo un’altra metafora nella storia, stavolta psicologica e legata all’esplorazione dell’animo di una giovane donna, che ripercorre dei momenti chiave della sua vita, sfogliando un diario dove ciascuna pagina rappresenta un ricordo e un livello da affrontare in chiave surreale.
Nel mondo alternativo si incontra invece una regina, la quale affida alla principessa il compito di trovare un modo per scacciare la bestia che minaccia il suo regno. Ogni area viene esplorata sino a raggiungere un ricordo chiave, che dipana poco alla volta il quadro generale legato alla protagonista, oltre che una minaccia, che simboleggia una paura da sconfiggere insita nel cuore della ragazza. La principessa può effettuare diverse mosse per muoversi e difendersi e ciascuna è rappresentata come un passo di danza classica o ritmica, creando un’altra curiosa astrazione di classiche situazioni videoludiche. Per camminare lungo il cornicione di un palazzo verrà simulato il passo sulle punte, il nastro usato per le esibizioni ritmiche invece verrà agitato sia come scudo contro sciami molesti e getti di fuoco, il salto sui fossati sarà più simile alle evoluzioni di un Nureyev nel Lago dei Cigni, piuttosto che alla manovra di un rude soldato, e gli scontri con i boss saranno giocati su coreografie composte da movenze miste. Generalmente tutti questi aspetti si dimostrano interessanti, però la narrazione risulta eccessivamente criptica e portata avanti da scene che dovrebbero essere rivelatorie ma non ne hanno la consistenza, lasciando al solo epilogo una chiarificazione dei fatti.
Meglio di Carla Fracci
A parte le eleganti metafore, Bound deve fare i conti con aspetti più canonici di un videogioco: giocabilità, longevità e design dei livelli.
Sul primo fronte non si trova una sfida vera e propria, l’esperienza generale è decisamente semplice e votata inizialmente alla semplice esplorazione. E’ comunque presente una modalità speedrun, in cui affrontare i livelli per completarli entro dei limiti di tempo che mettono alla prova il giocatore. Purtroppo però è proprio nel cercare di raggiungere un maggiore spessore che la giocabilità inciampa. Si nota spesso un’imprecisione nel gestire i salti e l’atterraggio sulle piattaforme, rovinando in parte quella che poteva essere un’indovinata svolta competitiva. Questo difetto non rappresenta minimamente un problema, qualora si giochi Bound solo per goderne dell’estetica, grazie alla semplicità generale e alla diffusa presenza di checkpoint. La rigiocabilità comunque è garantita in entrambi i casi dalla presenza di numerosi collezionabili, passaggi alternativi, oltre che di un diverso ordine nell’affrontare i livelli, che consente di modificare la reazione alle minacce ambientali disattivando le paure a cui corrispondono (come i getti di fuoco, ad esempio).
La possibilità di essere rivisitato anche senza correre nella sfida a tempo aumenta leggermente la longevità, che normalmente richiede non più di un paio di ore per portare a termine il gioco la prima volta. La durata rimane comunque bassa e paragonabile ad altri prodotti dall’effetto emozionale come Journey.
La progettazione dei livelli è buona e meno lineare rispetto al recente Abzu, rendendo Bound più incline ad essere riaffrontato per svago, esplorando meglio il suo mondo e scoprendone altri angoli pittoreschi.
Rimane la curiosità di riscoprire le incantevoli atmosfere attraverso il visore VR in arrivo ad ottobre, ma per questo bisognerà aspettare ancora un pò.
Pro
- Artisticamente il titolo più ispirato della stagione
- Possibilità di rigiocare i livelli per scoprire passaggi alternativi
- Supporto a Playstation VR
Contro
- Controlli imprecisi
- Rimane comunque poco longevo
- Qualche passo di danza in più non avrebbe guastato