Anche nei videogiochi siamo arrivati al punto che il vintage che prima nessuno voleva è tornato di moda. Otto anni fa, dopo l’uscita di Modern Warfare, non venivano riservati commenti positivi per gli sparatutto che proseguivano sulla strada dell’ambientazione storica. Ora, dopo diversi anni di scenari contemporanei poco ispirati o brusche deviate verso il futuristico, si è finito per riapprezzare la semplicità, l’assenza di trovate sofisticate. Da qui l’esplosione di consensi per lo scenario della Prima Guerra Mondiale di Battlefield 1, un pò il pantalone a zampa d’elefante degli FPS moderni.
Uomini Contro – di Francesco Rosi
Partendo dalla campagna in singolo diventa chiaro come imbastire una vicenda durante la Grande Guerra non si presti ad una narrazione organica, attraverso un solo personaggio. I conflitti mondiali si sono sempre svolti su più fronti, ciascuno distintosi per le sue peculiarità, le sue battaglie, con vittorie o sconfitte memorabili. Per questa ragione Battlefield 1 rinuncia ad un protagonista unico, preferendo raccontare cinque piccole storie, vissute oltre che da soldati veterani, da gente comune, trovatasi richiamata al fronte all’improvviso e impreparata agli orrori della guerra, specialmente di un nuovo tipo di guerra, quella su scala globale, per giunta imbruttita dalle prime integrazioni frutto della rivoluzione industriale (come i carri armati, i gas chimici, i lanciafiamme).
Il tono adottato è abbastanza rispettoso degli eventi (nonostante delle imprecisioni) e punta sin da subito a far comprendere che la guerra non è qualcosa da cui si può uscire facilmente, neppure se si è dei “bravi giocatori”. Il livello introduttivo difatti è programmato per vedere il computer trionfante in ogni caso. L’assalto in campo aperto rende l’idea dell’aspettativa di vita di un soldato di fanteria: bassissima! Non importa quanto si giochi bene, si può guadagnare qualche secondo, ma si finisce per essere uccisi, passando ad un altro che farà la stessa fine, almeno sino alla conclusione del prologo. Un inizio brutale che vuole mettere bene le cose in chiaro su quale fosse la realtà del tempo; un modo per raffreddare ogni approccio entusiasta e irrispettoso della tragicità rappresentata.
La Grande Guerra – di Mario Monicelli
Fatto questo e predisposto il pubblico al giusto stato d’animo, la campagna vera e propria può iniziare. I cinque capitoli che la compongono sono diversificati e riescono a proporre una buona varietà di situazioni, lasciando persino in secondo piano le fasi sparatutto in prima persona. Spesso si passerà molto tempo ai comandi di un biplano, di un carro armato, o impegnati in fasi stealth per non farsi scoprire. Forse giusto “Avanti Savoia”, il capitolo che vede protagonista un soldato italiano, rimane quello più classico e incentrato più sulle sparatorie a piedi.
La giocabilità quindi devia dall’approccio del solo sparare a cui si è abituati in questo genere di titoli, somigliando più ad un grosso tutorial (della durata di 5/6 ore circa) in vista del multigiocatore . Una scelta che può spiazzare chi si aspetta una progressione più uniforme da FPS, lasciando delusi gli appassionati del gioco in singolo, per i quali la varietà non sopperisce ad una carenza generale di spessore. Molto completa invece l’interazione ambientale, che permette di modificare la conformazione della mappa grazie all’uso di mezzi ed esplosioni. I carri armati possono sfondare e abbattere le pareti di una casupola in cui si nascondono dei soldati, le esplosioni possono creare piccole fosse in cui rifugiarsi. Il motore grafico, qui, mostra una completezza e forza che va oltre il semplice lato estetico.
Dal punto di vista narrativo rimangono comunque forti concessioni commerciali, come l’utilizzo in tre capitoli su cinque di personaggi di eserciti anglofoni (americani, inglesi, australiani), a cui sono riservati i ruoli più eroici o plateali. Una semplificazione forse dovuta al corteggiare un bacino immenso di mercato, ma che limita di parecchio la rappresentazione dei molti e sfaccettati scenari a cui si poteva attingere dalla Prima Guerra Mondiale. Molto spesso le atmosfere sembrano riprese da un qualunque gioco della Seconda Guerra Mondiale, con la solita contrapposizione “alleati vs tedeschi”, perdendo l’occasione di offrire punti di vista inediti e interessanti. Anche il capitolo dedicato agli scontri tra i ribelli beduini contro l’Impero Ottomano tratta superficialmente le ragioni dei popoli del deserto, finendo per perdersi attorno alla figura di Lawrence D’Arabia. Appare quindi come una mosca bianca la presenza di un paragrafo, seppure breve, dedicato al reparto degli Arditi dell’Esercito Italiano. Forse la parentesi meno epica, ma in assoluto quella più credibile e umana nella sua rappresentazione della guerra e dei rapporti tra i soldati. Priva di retorica, di trionfalismo e dotata della giusta drammaticità: la parte più “vera” di tutta la campagna.
Orizzonti di Gloria – di Stanley Kubrick
Il multigiocatore di BF punta da sempre sulle battaglie campali, alzando il numero di giocatori coinvolti e proiettandoli in mappe enormi, sino a 32 partecipanti per fazione. Il sistema di classi assegna a ciascun utente un ruolo: tralasciando il classico assaltatore, il medico può rianimare i giocatori abbattuti entro un certo numero di secondi, lo scout può segnalare ai compagni la presenza di altri nemici sulla mappa tramite il suo razzo di segnalazione, mentre il supporto può rifornire di munizioni e riparare i mezzi. Giocato assieme a 3,4 o addirittura 5 amici, Battlefield1 risplende e mostra un’enorme spessore e profondità, che gli permette di guadagnarsi un posto nell’elite degli sparatutto in prima persona. Sfruttare bene le classi rende ogni giocatore come un pezzo essenziale del gruppo e logicamente, offre un vantaggio rispetto ad uno schieramento che punta solo alla potenza di fuoco. Questo emerge in modo particolare nella nuova modalità Operazioni, dove vengono inscenate battaglie campali in cui passare da un obiettivo all’altro, spostandosi sui diversi fronti dentro mappe particolarmente grandi. In queste situazioni è fondamentale la presenza di un medico che rianimi un soldato sul posto e velocemente, o avere un supporto che ripara un carro armato. BF1 quindi premia il gioco di squadra, scandendo ritmi meno frenetici rispetto altri FPS e incentivando un gioco più ragionato anziché il correre all’impazzata in cerca di un’uccisione ad armi spianate.
Torneranno i Prati – di Ermanno Olmi
Tuttavia rimangono dei grossi spigoli in questa esperienza online. Affrontare Battlefield da soli, senza conoscere nessuno all’interno della partita, significa perdersi una grossa fetta di ciò che il gioco ha da offrire in termini di divertimento. Specialmente per chi arriva da altri sparatutto, il passaggio può essere traumatico. Molto spesso in stanze online parecchi utenti non sembrano tener conto dell’importanza delle classi e sopratutto della presenza all’interno della propria squadra di alcuni elementi. Capiterà difatti che qualcuno prema per il rientro immediato in partita, ignorando che chi gli sta accanto, essendo un medico, può rianimarlo. Molti sceglieranno solo classi di assalto, lasciando buchi spaventosamente vuoti dentro il gruppo, che magari necessita con tempismo di uno scout o un supporto. Giocare da soli in una lobby in cui non si può comunicare con almeno una manciata di individui dei 32 partecipanti può diventare un’esperienza frustrante, dispersiva, vedendo mancare il supporto quando necessario o ignorare l’aiuto offerto da un alleato che non sembra aver capito le meccaniche del gioco.
Intendiamoci, la pessima condotta online di molti giocatori non è colpa del gioco (e né inciderà sul voto, ovviamente), ma dato che in molti si stanno avvicinando a BF per la prima volta quest’anno, è bene informarli su cosa rischiano di trovare se si avventurano online da soli, dopo aver speso 70 euro, immaginando di trovare solo rose e fiori per via dell’ambientazione realistica.
Charlot Soldato – di Charlie Chaplin
Le modalità ad obiettivo sono la vera perla dell’offerta di Battlefield 1. Nonostante giocare in Deathmatch a squadre sia divertente e funzioni, nel suo classicismo, il meglio sta in “Operazioni”, “Corsa” e “Piccioni di Guerra”. Le prime due sono basate sulla conquista obiettivo, su larga e piccola scala, mentre Piccioni invece è una simpatica variazione sul tema, in cui bisogna recuperare un piccione viaggiatore e scortarlo in un punto stabilito per inviare un messaggio. Qui tutta l’architettura basata sulle classi esprime il meglio e soddisfa di più. Peccato solo per la progettazione delle mappe, che da un lato sfoggiano una stratificazione ben studiata, un’interazione ambientale e una quantità di dettagli impressionanti, dall’altro lasciano spazio aperto ad proliferare incontrollato di cecchini e “camper”. Questo emerge specialmente sugli scenari più grandi in Operazioni, dove spesso mancano passaggi, palazzine o conformazioni naturali che permettano di arginare il fenomeno. In alcune mappe come Monte Grappa, dei pezzi sono letteralmente strappati di peso dalla campagna e inseriti nel multigiocatore, creando dei pericolosi talloni d’Achille al bilanciamento e creando partite dominate dal tiro di posizione e dagli exploit delle armi sulla lunga distanza.
Più riuscito l’impiego dei mezzi, che non garantiscono strapotere, ma che anzi, rischiano di essere facilmente abbattuti se usati in maniera sbadata. In particolare ottima la possibilità di suddividere una partita sul fronte terrestre e arereo, abbattendo un dirigibile Zeppelin con i biplani, il tutto mentre a terra si può passare da una carica a cavallo ad un rifugio in trincea.
Pro
- multigiocatore dotato di spessore, con buon sistema di classi e modalità obiettivo
- ben implementato l’uso dei mezzi come carri armati e biplani
- campagna in singolo varia…….
Contro
- …….anche se finisce per sembrare solo un tutorial propedeutico al multigiocatore
- la progettazione delle mappe carente sfocia in un’eccessiva proliferazione del fenomeno dei camper
- non adatto a chi non ha almeno 3 o 4 amici con cui giocare online