Siamo, per forza di cose, abituati a pensare a tre principali mercati quando si parla di videogiochi: America, Europa e Giappone. Negli ultimi anni, con la grande ascesa della Cina, stiamo però assistendo alla nascita di un “quarto fronte” che però ci tocca in modo assai diverso. A causa delle politiche restrittive di quel paese (soprattutto verso prodotti del settore cultura/intrattenimento) il gigante cinese è in gran parte autoreferenziale, producendo prodotti per il suo stesso mercato. Ovviamente non si può restare per molto tempo fuori dal “giro vero” ed ecco giungere a noi molti titoli realizzati da software house cinesi. La cosa che più sorprende a colpo d’occhio sono le pesanti ispirazioni che questi giochi (molto spesso) prendono dai concept basilari del videogames tipicamente giapponesi. Non fa eccezione Banner of the Maid, titolo targato Azure Flame Studio che ricorda per molti versi la pluri-premiata serie Fire Emblem, del quale vi proponiamo la nostra recensione.
LA PULZELLA DI FRANCIA
La storia di Banner of the Maid si concentra su Paolina Bonaparte (Pauline nel gioco) sorella del più celebre Napoleone ma anche un po’ novella Giovanna d’Arco, considerata la sua personalissima guerra messa in moto per aiutare il fratello nella realizzazione dei suoi grandiosi ideali. Da sempre impaziente di mostrare il suo valore in battaglia, la prode Pauline riesce a sorprendere tutti durante il suo primo scontro sul campo e si guadagna il titolo di Maid of France. Le “maid” sono un’unità scelta chiamata in causa per rovesciare l’esito di guerre apparentemente disperate. Per questo motivo Pauline dovrà utilizzare tutte le sue forze per chiamare in causa varie fazioni ed intrattenere con loro (ed i loro esponenti) buone relazioni al fine di creare un’alleanza forte e stabile.
Il gameplay si intreccia fortemente con il comparto narrativo, considerato che il gioco mescola efficacemente le meccaniche di uno strategico a turni con lo stile tipico delle visual novel giapponesi. E quando dico “giapponesi” intendo letteralmente. Riagganciandomi al discorso intavolato in introduzione, è difficile distinguere Banner of the Maid da un titolo nipponico. Molte produzioni cinesi ricalcano fedelmente opere giapponesi sia in stile grafico che in stile narrativo, al punto da risultare quasi indistinguibili ad un primo sguardo. Il fatto che in Cina il mercato dei videogiochi sia principalmente indirizzato verso l’utilizzo mobile è un dato certo, che si rispecchia fedelmente nella qualità media dei titoli che giungono a noi.
Banner of the Maid è, a tutti gli effetti, un “gioco per telefono” con una più profonda gestione del gameplay, pur non esente da difetti importanti così come da pregi interessanti. L’ambientazione, in primo luogo, si colloca in un 1700 “fictional” con personaggi decisamente reinventati in puro stile anime con una buona dose di fan-service femminile. Il problema non si trova tanto nelle fasi visual novel, ben realizzate e dotate di molto carattere, ma più nelle fasi di combattimento.
WATERLOO ALL’IMPROVVISO
I titoli strategici sono una brutta grana, in particolar modo per studi indipendenti o comunque per chi non riesce a rifinire le complesse meccaniche che ne governano il gameplay. Banner of the Maid passa da artwork in stile anime (per le sezioni visual novel) a pixel art tondeggiante e colorata durante le fasi di gioco attivo. Dovremo muovere sulla plancia varie truppe dalle diverse caratteristiche, così da poter utilizzare i punti di forza dei nostri e sfruttare al massimo le debolezze degli avversari. Ogni unità sotto il nostro comando è rappresentata da un singolo personaggio durante le fasi di movimento, mentre durante gli attacchi verranno mostrate tutte le unità del reggimento che eseguono la loro azione offensiva.
Prendendo in prestito elementi da Fire Emblem e Final Fantasy Tactics, Banner of the Maid si assicura una buona fetta di utenza e può contare su meccaniche rodate di sicuro effetto. Le missioni (tra principali e secondarie) aggiungono un buon livello di interesse soprattutto in fasi avanzate, durante le quali il rischio di spegnere l’entusiasmo del giocatore è più alto. In generale il gioco mostra un buon livello di gestione delle meccaniche, eccezion fatta per i menu un po’ troppo confusionari a mio avviso. Il vero problema si presenta in termini di bilanciamento: spesso ci ritroveremo devastati senza aver commesso “davvero” pesanti errori di valutazione. Un elemento apparso all’improvviso (come la pioggia, che modifica molte variabili sul campo di battaglia) potrebbe distruggere completamente una strategia accuratamente pianificata. Se da una parte è pur vero che questo contribuisce al “realismo” del gioco (la pioggia capita) dall’altra parte bisognerebbe ricordare che si tratta, appunto, di un gioco e che le meccaniche di gameplay dovrebbero premiare la pianificazione piuttosto che bastonare il giocatore con elementi non prevedibili.
Versione testata: PC
Versioni disponibili: PC, PlayStation 4, Xbox One, Nintendo Switch
In definitiva se apprezzate la serie Fire Emblem, se apprezzate gli strategici a turni e volete immergervi in un mondo di waifu in stile Lady Oscar (ma più svestite) avete trovato di certo il gioco che fa per voi. Pioggia permettendo.