Se, tanti anni fa, gli Antichi Romani avevano inventato l’espressione “Nomen Omen”, tutto sommato, avranno avuto i loro buoni motivi. Di esempi illustri nel mondo dei videogiochi ce ne sono a bizzeffe, ma difficile trovarne uno più calzante del famigerato Agony. Un titolo horror ambientato nelle viscere più malsane dell’Inferno dove noi, anime impotenti e disarmate, siamo chiamati agli straordinari per sopravvivere ad un’orda di demoni (più o meno affamati) e, già che ci siamo, per non condannare la nostra eternità ai gironi più dolorosi. Detta così magari sembra una boiata (e spoiler, basta guardare Metacritic per accorgersi che lo è al 100%), ma le premesse del titolo di MadMind Studios, credeteci, erano estremamente goduriose per gli amanti dell’horror. Violenza, tortura, un pizzico di erotismo gore e altre amenità sembravano contestualizzate alla perfezione in un inferno pulsante e macabro, che ai tempi dell’annuncio sembrava la cosa più simile alla casa di Lucifero mai vista.
La storia di Agony, purtroppo, la conosciamo tutti. Difficile non abbandonarsi a leziosità letterarie per definire il clamoroso buco nell’acqua realizzato dallo sviluppatore, che cercò di mettere la proverbiale toppa al buco rilasciando Agony Unrated soltanto qualche mese dopo. Risultato: un gioco ancora una volta rotto che metà basta, a tratti ingiocabile, ma con un’ulteriore accelerazione sulle tematiche gore/splatter/erotiche che vabbè, questo passa il convento. All’inferno, insomma, i miracoli non riescono mai come vorremmo. Ecco perché, a distanza di un annetto e mezzo scarso, ci chiediamo in coro: ma lo volevamo davvero un Agony, nemmeno quello Unrated, su Nintendo Switch? Sì, ma solo per farci due risate sopra: che il risultato finale, anche stavolta, è già scritto a caratteri cubitali nel suo nome.
Quant’è brutto l’Inferno…
È raro, quando si scrive una recensione, trovare faticoso anche il solo cercare degli aspetti positivi di quanto si è provato. Con Agony è tuttavia più semplice in quanto, tenetevi forte, anche nella versione per Switch non esiste manco l’ombra di qualcosa che funzioni. Nulla, niente, nada: dall’opening ai titoli di coda, passando per grafica, gameplay, sonoro o quello che vi pare, la versione di “Agony in Kyoto” è un’esperienza rotta e disastrosa, che una creatura sana di mente difficilmente porterebbe a termine pur sotto tortura. Da qui in avanti sarà persino inutile fare una distinzione tra versione docked e handeld, visto che l’unica differenza sarà la risoluzione di un comparto tecnologico che degli inferi sembra essere uscito per errore. Inutile quindi girarci troppo attorno, lasciando piuttosto spazio all’elenco di peccati mortali.
In Agony, tanto per cominciare, avrete un coefficiente di visibilità che oscilla tra il “non si vede una mazza” e “mioddio sono diventato miope di colpo”. Vista la quantità aberrante di tearing e stutter vomitati sullo schermo, tutto sommato, potrebbe non essere un aspetto negativo: peccato che l’oscurità folle che permea i labirinti infernali di Agony per il 90% del gioco risulti ingestibile anche alzando la luminosità della console al massimo – un paio di volte potrà anche andarvi di lusso, ma state pur certi che, presto o tardi, finirete giù per uno strapiombo che non potevate comunque vedere. O per essere maciullati da qualche altra trappola, ovviamente coperta dall’oscurità infernale. Quando, di tanto in tanto, riuscirete a vederci qualcosa, finirete per rimpiangere il buio di cui sopra: non che gli organi genitali maschili e femminili appesi nelle “pareti” dell’Oltretomba siano di cattivo gusto, ma tecnicamente siamo messi maluccio. Se va bene, Agony appare come un’accozzaglia indistinguibile di oggetti purulenti, dove dovrete muovervi un po’ a intuito, un po’ a fortuna. Se va male, e capiterà spesso, avrete a che fare con una modellazione basilare a dir poco, che offre demoni e amene creature dalle animazioni imbarazzanti e dai dettagli pure peggiori. Il sangue non manca certo, ma per sfortuna di Agony non basta a coprire questo triste sfacelo.
Il diavolo non gioca coi dadi. Ma nemmeno con Switch.
Se il versante tecnologico è un discreto macello, quello relativo al gameplay è probabilmente peggiore. Che Agony fosse un gioco difficile (almeno sulla carta), lo si sapeva sin dall’inizio: che fosse ai limiti dell’impossibile e a tratti pure ingiocabile, dovrebbe essere noto almeno a quegli sventurati (compreso chi vi scrive) che un anno e mezzo fa ne hanno atteso impazienti il Day One. Per spiegarvi il motivo di tale affermazione useremo un comodo approccio schematico, che riassume per punti le debolezze intrinseche delle meccaniche di Agony – presenti paro paro in questa conversione per Switch. Il control schema è agghiacciante, la meccanica di possessione nel 99% dei casi funziona per puro caso, i demoni sono dannatamente OP rispetto al nostro alter ego e spuntano letteralmente dal nulla. Ah, il Save System di Agony è una barbaria sadica e spietata che andrebbe denunciata alle Nazioni Unite. Non ci credete?
Muoversi nei labirinti demoniaci di Agony smette di essere interessante dopo circa 10 minuti, per far spazio ad una frustrazione che, per difetto, possiamo definire mortale. Sarà per il buio pesto di cui sopra, sarà perché il nostro alter ego si muove in modo così lento e acciaccato da indurci a pensare d’essere perennemente accucciati, ma il solo pensare di correre a perdifiato ogniqualvolta si incontri un demone, e capita tutto tranne che di rado, a noi fa quasi sorridere. Questo perché, non l’aveste capito, in Agony si fa tanto stealth e non si attacca mai: quando butta male possiamo giocare la carta della possessione, dandocela a gambe con un nuovo corpo mentre il diavolo di turno banchetta con quello vecchio. Peccato che il “minigioco” della possessione sia un mix cabalistico di tasti da premere a caso, sperando (in molti casi, inutilmente) di indovinare la sequenza corretta per non dover tornare all’ultimo checkpoint. Checkpoint che, di norma, è collocato grossomodo a 15/20 minuti (e oltre) di distanza dal punto del nostro trapasso – e che, di default, verrà letteralmente distrutto dopo essere stato utilizzato per tre volte. Lo stesso numero di tentativi che, con buona probabilità, finirete per dare a voi stessi prima di cancellare definitivamente Agony dalla vostra microSD, mandando la vostra curiosità nell’unico posto che le spetta: all’Inferno.
PRO
- Sicuramente è la cosa più estrema che vedrete su Switch per un paio d’anni.
CONTRO
- Tecnologicamente è terribile…
- Ma il gameplay è pure peggiore.
- Non ne sentivamo la mancanza su Switch. E avevamo ragione.
Versioni disponibili: PC, PlayStation 4, Xbox One, Nintendo Switch
Versione provata: Nintendo Switch