Nel 2001 su Playstation 2 esce, come ben sappiamo, una delle saghe più longeve della storia targata Koei Tecmo: Project Zero, meglio conosciuto anche come Fatal Frame. I titoli si sono sempre distinti per avere un particolare gameplay incentrato sulla narrazione. Dopo la conclusione offerta dai primi tre, il quarto capitolo della serie (in esclusiva su Wii) venne rilasciato esclusivamente in Giappone e con l’arrivo della Wii U arrivò anche Project Zero: Maiden of Black Water, distribuito a livello internazionale. Purtroppo la WII U ebbe vita breve, ma per fortuna ci pensa la versione rimasterizzata, riveduta e corretta del titolo su Nintendo Switch, Microsoft Windows, Xbox One, Xbox Series X|S, PlayStation 4 e PlayStation 5 a per portarci di nuovo a caccia di terrificanti spettri in un gioco dal tipico stampo giapponese. Versione che ovviamente potete trovare qui, nella nostra recensione!
La maledizione delle acque nere
Come abbiamo parzialmente già visto nello speciale che potete trovare qui, nel corso del gioco prenderemo il controllo di tre personaggi ed inizieremo guidando i passi incerti di Yuri Kozukata, una giovane commessa in un negozio di antiquariato in grado di vedere “l’ombra” degli oggetti che tocca. Il suo dono è tale che può perfino riportare le persone dal “mondo delle ombre”. A causa di questa sua particolarità, Yuri fatica ad avvicinarsi alle persone, anche se accetta di buon grado di aiutare il suo prossimo nel cercare oggetti smarriti e persone scomparse. Miu Hinasaki è una ragazza che si mette alla ricerca della madre Miku Hinasaki, sparita molti anni prima: per gli appassionati della serie, si tratta della stessa Miku Hinasaki protagonista del primo episodio. Ren Hojo è uno scrittore in stretto contatto con la sensei di Yuri e finisce (suo malgrado) a vagare per il monte Hikamiyama in compagnia della sua assistente, cercando materiale per i suoi libri. Della zona , si sa semplicemente che durante una tal ora il confine tra il mondo dei vivi e quello delle ombre si assottiglia, e che le persone si dirigono lì per suicidarsi e mettere in pace il loro spirito, senza rimanere intrappolati come fantasmi tra i due mondi. Il trio di protagonisti si scontrerà con entità paranormali spaventose che bramano l’energia vitale degli esseri umani, tormentati dalla loro non-morte lungo i sentieri montani, le grotte e le vetuste dimore che si trovano sulla montagna maledetta. Ben presto comunque, le loro discendenze e soprattutto i reali motivi per cui il Monte li ha chiamati vi verranno svelati nel corso del gioco attraverso una serie di flashback, legati alla raccolta di particolari oggetti reali o “spirituali”.
Project Zero: Maiden of Black Water prosegue la serie restando fedelissimo ai canoni classici, esce dai binari comuni del survival horror dei giorni nostri per donare un senso di paura del tutto originale. La narrazione procede tramite cutscene numerose, documenti da leggere per comprendere sia la trama principale che la lore, rendendo il prodotto una fusione tra visual novel e survival horror classico.
Nuovi controlli, vecchi difetti
Il gameplay di Project Zero: Maiden of Black Water mantiene costantemente un ritmo molto basso, lasciando al giocatore un’esplorazione lenta e metodica dell’area, appesantita dalla costante sensazione di non essere soli. Durante l’utilizzo della Camera Obscura giocheremo in prima persona, mentre la visuale da esplorazione è in classica terza persona con telecamera libera: i movimenti dei personaggi sono più veloci di un classico old school, ma non fluidi quanto ci si aspetterebbe da un prodotto recentemente revisionato. Gli scontri con le presenze si combattono a colpi di scatti fotografici: ogni protagonista verrà in possesso di una Camera Obscura all’inizio della loro avventura, con diversi accessori e poteri da sbloccare ma dal funzionamento pressochè identico. In presenza fantasmi potrete attivare la fotocamera con la pressione del punsante triangolo e a quel punto bisognerà essere bravi a centrare il più possibile il bersaglio all’interno del mirino dell’obbiettivo. Ogni scatto toglierà un po’ di energia spiritica al fantasma di turno, facendogli danno. Riuscendo a catturare più bersagli con uno scatto solo aumenterete la potenza della macchina ed in particolari circostanze potrete anche attivarre dei poteri capaci di respingere i fantasmi o addirittura di eliminarli con un unico, fatale scatto. Con il passare dei giochi precedenti la Camera Obscura ha acquisito anche dei poteri accessori, usabili per cercare indizi di trama e per riportare nella dimensione reale oggetti che si trovano in quella spiritica.
Un altro elemento di gameplay molto interessante che distingue Maiden of Black Water dai precedenti Fatal Frame è l’elemento acquatico citato nel titolo: durante l’avventura verrete a contatto con laghi, fiumiciattoli, pozzanghere e con una pioggia quasi incessante che inizierà a bagnare e successivamente ad inzuppare i vestiti dei protagonisti. I fantasmi vi lasceranno più bagnati di prima nel caso di attacchi, ed è perfino presente un indicatore su quanto il personaggio in uso è zuppo: l’acqua di Project Zero 5: Maiden of Black Water è maledetta e tenerla addosso per troppo tempo attirerà le attenzioni non solo dei normali spiriti ma anche di altri che hanno poteri ben superiori alla media. Nello specifico ci porterà a subìre più attacchi dagli spettri, trovarne in maggior quantità fino a quando non ci potremo asciutare, per lo più utilizzando un oggetto specifico.
Come di consuetutine, Project Zero: Maiden of Black Water offre una longevità di 14-15 ore e molti contenuti extra come costumi aggiuntivi per i personaggi ed alcune altre chicche. Il gioco si divide in vari capitoli che una volta conclusi ci assegneranno i punteggi ottenuti con gli scatti ai fantasmi ed un rank che indicherà il nostro livello di abilità: questa feature è disponibile dal livello di difficoltà “normale”, mentre per il livello “facile” il tutto sarà disabilitato in favore della narrazione.Da segnalare anche la presenza di alcune missioni post game, rimaste immutate dalla versione Wii U, che vedranno il giocatore prendere il controllo di Ayane, personaggio preso in prestito dalla saga di Dead or Alive.
Project Zero: Maiden of Black Water rispecchia fedelmente gli altri capitoli della serie, e la cosa si conferma come un’arma a doppio taglio. Se da un lato i fan della saga saranno felici di ritrovare i classici riferimenti ai quali sono abituati, dall’altro lato questo gioco porta pochissime innovazioni al concept di base.
Una remastered riuscita solo a metà
Esteticamente Project Zero: Maiden of Black Water si presenta bene: le texture sono state rifinite, i dettagli ed i modelli 3D sono stati elaborati molto meglio dell’originale, e durante le fasi più caotiche con fumo o riflessi non si verificano più i drastici cali di frame rate che avvenivano con la WII U. Le cutscenes sono sempre bellissime e godono di una grafica fresca, di effetti di acqua e di “bagnato” spettacolari. Lo sforzo principale di questa remaster è stato quello di adattare i controlli visti su Wii U a comandi più tradizionali: con la remaster i movimenti sono stati riadattati a sistemi di controllo classici e l’azione risulta comunque scorrevole.
Purtroppo sono rimasti alcuni fastidiosi problemi già presenti nel gioco originale: sequenze di apertura porte e superamento ostacoli, ma soprattutto il fastidioso effetto “traballante” della telecamera che si attiva quando i protagonisti camminano e corrono. Si sarebbe sicuramente potuto fare anche qualcosa in più per sfruttare le peculiarità delle diverse piattaforme, sopratutto nel versante caricamenti. La telecamera è a tratti ingestibile, a questo si aggiungono poi imperfezioni grafiche come frequenti compenetrazioni tra personaggi e ambiente.
A livello sonoro si raggiungono vette molto alte: la serie è famosa far gelare il sangue tramite effetti sonori realistici, e questo episodio non fa eccezione. Le urla dei fantasmi, il vento che soffia tra gli alberi, il lento scrosciare dell’acqua, tutto contribuisce a creare ansia e senso di pericolo. Il doppiaggio è disponibile sia in lingua giapponese che inglese, ma la seconda opzione ha una traduzione un po’ meno fedele all’originale. Purtroppo manca completamente di localizzazione in italiano.
La recensione in breve
Project Zero: Maiden of Black Water si presenta bene come nuova incarnazione e riesce parzialmente nel suo intento di rinnovare la serie per tentare di restringere la distanza tra prodotto e giocatore nuovo. Purtroppo è anche, non ci piove, un survival horror indipendente, fuori dagli schemi di mercato odierni, che mantiene orgogliosamente una sua identità unica per la gioia di chi sa apprezzarlo, nonostante alcuni evidenti difetti tecnici e di meccaniche. La remaster consentirà agli appassionati del genere di riscoprire un interessante esperimento survival horror, ma una maggiore cura realizzativa avrebbe reso l'ultimo episodio di Project Zero fruibile da una platea molto più vasta.
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Voto Game-Experience