A sorpresa, dopo un Nintendo Direct estivo abbastanza “mariesco”, Pikmin 1+2 rimasterizzati in HD anticipano Pikmin 4 di qualche settimana, ovviamente su Nintendo Switch. Non aspettatevi un prodotto alla Metroid Prime Remake, tanto eccellente da sembrare un gioco appena uscito, ma nemmeno una trasposizione eccessivamente pigra. Fa il suo dovere cercando di soddisfare sia i fan storici della serie che i neofiti, con un oqcchio di riguardo verso questi ultimi. Mentre i nuovi arrivati sperimenteranno il passato della serie, i veterani potrebbero non notare sufficienti differenze. Per loro sarà più difficile rigiocare con ritmi e difficoltà “d’epoca”. Cosa intendiamo? Che se Pikmin vi sembra un titolo dolce e carino, un cozy game senza pericoli né insidie, allora non ci avete mai giocato. Oppure, avete provato solo l’ultima, più gentile e meno sperimentale, installazione. Beh, sappiate che il primo e il secondo episodio erano, e sono ancora oggi, molto più tosti. Vi lasciamo, quindi, alla recensione di Pikmin 1+2.
Naufraghi spaziali
Prima di passare alla parte più tecnica della recensione, crediamo che un breve riassunto esplicativo riguardo la storia della saga sia d’obbligo, almeno per eventuali neofiti. Pikmin si gioca in terza persona, con la telecamera tenuta a debita distanza e alle spalle del protagonista. Si tratta di un action-puzzle-adventure game, che nel corso degli anni non ha mai rinunciato al suo gameplay. Lo ha però sempre evoluto e migliorato, con nuovi quality of life update e migliorie tecniche. Il motivo per cui abbiamo definito il duetto di apertura Pikmin “molto più tosto” dei loro successori è dunque il più classico possibile. Una volta, i videogame erano più (spesso inutilmente) “cattivi” con i giocatori, per aumentare il monte ore o incentivare la rigiocabilità. Oppure, è questo è il caso di Pikmin, perché l’idea su cui si basavano era sperimentale e ancora tutta da bilanciare.
Inizia tutto da un alieno di nome Olimar in viaggio nella galassia, che per puro caso si imbatte in un pianeta sconosciuto e decide di analizzarlo, tenendosi però a debita distanza. Noi sappiamo che quel luogo misterioso è la terra, o per lo meno una versione alternativa del nostro pianeta senza umani, in cui la natura è risorta e ha ripreso i suoi spazi. In realtà, per l’astronauta non fa differenza: ben presto un malfunzionamento lo fa precipitare sulla superficie e schiantare in un comune giardino abbandonato.
A questo punto, il giocatore comprende le reali “dimensioni” del problema: la specie del povero scienziato è infatti minuscola, tanto che un semplice prato appare a Olimar come una foresta. Per di più, la sua navetta è ridotta in mille pezzi e ha bisogno di urgenti riparazioni. Servono 25 parti (di trenta totali, ma 5 sono opzionali) per ricostruire il mezzo e non c’è tempo da perdere. Il supporto vitale di emergenza in dotazione ha una durata nel tempo limitata di appena trenta giorni (di gioco, circa 15 minuti reali per ogni giornata). Abbiamo detto giorni? Intendevamo mattine, perché la notte è il regno delle creature più pericolose, che fino a Pikmin 4 nessun esploratore ha mai osato penetrare.
Ancora molto attuali
L’unico modo che Olimar ha di interagire col mondo esterno e raccogliere i ricambi mancanti è sfruttare degli adorabili indigeni locali, ibridi tra piante e animali che battezza Pikmin. I poveracci, con ingenua docilità fanno di tutto per compiacere l’extraterrestre, che non ricambia la cortesia, (coff coff Conquistadores) e li usa come attrezzi per tutto il gioco. Scherzi a parte (nessun Pikmin è stato maltrattato nel corso del titolo) li “lancia” davvero per raccogliere oggetti, distruggere pareti troppo dure, scalare alture, scontrarsi con la fauna locale e perciò risolvere vari puzzle ambientali ed espandere l’area visitabile della mappa.
Trovare e coltivare nuove tipologie di Pikmin significa infatti sbloccare nuove possibilità ludiche e nuove zone in stile “metroidvania”. Tanto nel primo quanto, ancor di più, nel secondo volume. Sulla semplicissima meccanica di controllo dei nostri aiutanti tramite fischietto, in Pikmin 2 Nintendo aveva infatti edificato un gameplay sempre più rifinito, per un titolo destinato a rimanere inimitato grazie al suo innovativo mix di generi, oggi come allora. Erano stati aggiunti nuovi esserini, mappe più intricate e ostacoli più numerosi e ragionati. Era aumentato il focus sull’azione e gli scontri con le creature ostili, e la grafica era migliorata. Non mancava nemmeno una modalità multigiocatore locale, una gara a chi raccoglie più risorse.
Deviando lievemente dall’oggetto della recensione: Pikmin 3, in tal ottica, non poteva che far bene alla serie, per la quale rappresenta un ottimo aggiornamento “modernizzante” che versa nel mix una generosa quantità di quality of life. Come controlli migliorati, gestione semplificata dei Pikmin, level design più articolato e vario ecc.. E poi, conferisce un nuovo significato “ambientalista” agli ibridi vegetali protagonisti della saga. Già su Wii U il terzo episodio aveva reso le colorate creaturine azzeccate portavoce del rispetto per la natura.
Ora però arriva il bello: I Pikmin erano, e sono ancora, magnificamente “non umanizzati”. Li tirerete ancora in giro senza ritegno e li farete affogare continuamente per errore, sapendo che potete sostituirli molto facilmente. Li userete come armi e li dimenticherete di notte da qualche parte, al freddo. Magari vi dispiacerà un pochino, ma mai troppo, perché sapete che l’importante è sopravvivere a ogni costo. La trama è lì a dirvi che siete dei mostri (più o meno), ma il gameplay è tutt’altro ed è quello che ruba la scena.
La magia di Pikmin risiede perciò, a nostro avviso, nella sua immediatezza ludica e nella evoluzione funzionale, che non ne ha mai cambiato sostanzialmente l’identità. Il pacchetto Pikmin 1+2 HD Remastered si limita infatti ad abbellire il comparto grafico e aggiungere qualche soluzione pratica nel menù dei controlli, come vedremo a breve. Questa scelta poco invasiva è possibile solo perché sia Pikmin 1 che Pikmin 2 sono ancora oggi ludicamente attualissimi per tutti. A maggior ragione per gli affamati di un genere con praticamente un solo esponente (Pikmin stesso). Perciò forse non li consiglierei ai neofiti, che indirizzerei piuttosto su Pikmin 3 Deluxe. E’ un approccio più “soft”, moderno e meno “traumatizzante”.
Tirati a lucido… ma non troppo
Abbiamo dunque stabilito che Pikmin 1+2 si conserva bene sul fronte del gameplay e della direzione artistica, che a dire il vero non avevamo ancora menzionato. È chiaro però che il concetto di “piccolo che diventa grande” è ancora oggi affascinante. Lo dimostra il successo di Grounded, per citare un esempio noto. Come potrebbe non essere evocativo trascinarsi dietro un lampone grande come un elefante? Attraversare una pozzanghera che diventa profonda quanto un lago? O ancora, imbattersi in un enorme Game Boy? Parlando di grafica e di tecnica, invece, qualche appunto lo si potrebbe anche fare, specialmente se ripensiamo al già citato e recentissimo Metroid Prime Remastered.
È chiaro che la base su cui si è lavorato è diversa e che il fotorealismo degli oggetti e delle ambientazioni, a cui Pikmin aspira da sempre, non è invecchiato nello stesso modo del contesto spaziale fantascientifico in cui vive e prospera la cacciatrice di taglie Samus. Un oggetto poligonale di tutti i giorni, diciamo un mattone, o un vaso, o un fiore, che nell’era Gamecube sembrava incredibile, anche levigato al massimo dalla piccola Switch non diventerà mai liscio come quelli visti nell’ultimo Pikmin 3 Deluxe. Sapendo che la maggior parte del codice di Pikmin 1+2 proviene dalla versione sviluppata per Wii un bel po’ di anni fa, i passi avanti sono comunque evidenti e la dicitura “HD” è più che mai una promessa mantenuta. Sia giocando in portabilità, che usando la dock su TV.
Lo schema di controlli originale è ancora utilizzabile, ma adattato ai controller odierni. Quindi, in realtà, se non volete farvi del male da soli vi consigliamo di ricorrere agli analogici. Sfruttate il nuovo sistema, più pratico e del tutto identico a quello già rivisitato per Pikmin 3 Deluxe (anche se non c’è modo di usare il touch screen, ricordatelo). Lasciate stare il motion control, inefficace e impreciso oggi come su Wii.
La recensione in breve
Pikmin 1+2 HD Remaster ci voleva, se non altro per soddisfare i completisti amanti della quadrilogia in vista dell'approdo sull'ibrida Nintendo del quarto e ultimo capitolo. Non è tuttavia consigliabile come punto di accesso alla serie, dal momento che la rappresenta nel suo stato quasi embrionale, spogliata di molte migliorie che hanno raffinato e reso più amabile, senza semplificarlo troppo, il gameplay. Avremmo apprezzato uno sforzoaggiore sul fronte tecnico, più vicino a quello di Metroid Prime Remastered. Ma in fondo, dato quanto erano avanti rispetto al loro tempo già alla prima pubblicazione, va bene anche così.
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Voto Game-Experience