Sta facendo parlare di se dappertutto e in ogni maniera e, molto probabilmente, continuerà a farlo ancora a lungo. Squid Game, nel bene o nel male, è il trend topic di questa seconda metà del 2021, una serie TV capace di registrare ascolti da record nelle prime settimane di uscita, battendo persino La Casa di Carta e Stranger Things. Tra il successo della serie Netflix e il boom del K-Pop, il Made In Korea sembra essere sempre di più in voga, uno stile che ha contagiato non solo l’Asia, ma anche tutto l’Occidente. Dopo film, serie tv e musica la grande onda in arrivo da Seoul potrebbe portare con sé anche alcuni nuovissimi videogames dal potenziale enorme. Ripercorrendo la travagliata storia dei videogames in Corea del Sud arriveremo a presentarvi alcuni titoli di prossima uscita da tenere d’occhio. Che i giochi abbiano inizio!
Videogames e Corea, un sodalizio difficile
Videogames e Corea non sempre sono andati a braccetto. A differenza del Giappone, dove Nintendo e Sega prima e Sony poi hanno praticamente gettato le basi per le generazioni di console a venire, la Corea del Sud è rimasta guardare per qualche decennio prima di buttarsi definitivamente nel mondo dell’intrattenimento digitale. Nonostante colossi come Samsung ed LG si siano più volte interessati al mondo dei videogames, il debutto sul finire degli Anni ’70 di questo media sul suolo coreano si limitò ad alcuni cabinati che emulavano l’allora popolarissimo PONG. A complicare le cose ulteriormente ci pensò il regime che nei primi Anni ’80 approvò soltanto 43 sale arcade negli inizi degli anni Ottanta, rendendo di fatto illegali gran parte delle sale in cui era possibile divertirsi con i videogame. Del tutto sprovvista di software house interne, la Corea del Sud iniziò così ad importare titoli provenienti da USA e Giappone, laddove la produzione era infinitamente superiore. Il primo cabinato made in Korea arrivò soltanto nel 1987 quando Goindol, sviluppato da SunA, fece il suo esordio in tutte le sale arcade coreane e non. A causa della mancanza di leggi a tutela dei diritti d’autore in Corea del Sud durante gli anni Ottanta erano particolarmente diffuse le copie illegali di giochi americani o giapponesi, così come console create ad hoc per il mercato coreano. Ciò costituì un grosso impedimento per le allora leader Sega e Nintendo che ebberò diverse difficoltà ad imporsi in questa nazione. Soltanto negli anni ’90 la situazione cambio radicalmente, con la mania per i videogame che iniziava a espandersi a macchia d’olio anche in Corea del Sud così come l’improvviso diffondersi della piattaforma che avrebbe dato i natali ai principali successi made in Korea di lì a venire: il Personal Computer.
Il boom dei K-MMORPGs
Se c’è un genere prediletto a Seoul e dintorni è sicuramente quello dei MMORPGs. Gli studi coreani hanno sfornato nel corso degli anni una moltitudine di RPG online, gratuiti e non, capaci di conquistare sia il pubblico in patria che quello europeo e statunitense. I precursori di questo filone sono senza alcun dubbio Lineage, Ragnarok Online e MapleStory. Lineage, che debuttò per la prima volta su PC nel 1998, costituisce una vera e propria istituzione nel mondo dei MMORPGs, essendo stato il primo di produzione asiatica a rubare lo scettro di videogame online più popolare a Ultima Online. Qualche anno più tardi, nel 2002, toccò ancora una volta ad titolo coreano sbaragliare la concorrenza occidentale. Ragnarok Online, MMORPGs in stile medieval-fantasy caratterizzato dai personaggi realizzati in sprites 2D e sviluppato da Gravity Corp, registrò oltre 25 milioni di iscritti nel suo ciclo vitale, divenendo molto celebre anche in Italia. Poco più tardi, un altro gioco coreano sempre in stile 2D fece altrettanto successo, anche grazie alla formula del free-to-play. MapleStory, sviluppato inizialmente dalla coreana Wizet, permetteva a chiunque di provare le emozioni del gioco online, sia per la sua natura gratuita, sia per il comparto grafico minimalista che garantiva ottime prestazioni anche su PC poco performanti in termini di hardware. Negli anni a venire si sono poi susseguiti decine e decine di MMORPGs Made in Korea più o meno di successo, da Lost Ark, ad Aion passando per Dekaron e Cabal II, una tradizione che non sembra essere intenzionata a fermarsi. Una chiara dimostrazione di quanto il pallino per i giochi “di società” da parte dei coreani arrivi da ben prima di Squid Game…
Project EVE e il futuro del made in Korea
I prossimi anni potrebbero vedere la Corea del Sud fare la voce grossa nel settore dei videogames, e non solo per quanto riguarda i MMORPG. In futuro la Corea potrebbe infatti ritagliarsi maggiore spazio da comprimaria anche in quest’ambito, con titoli che sembrano essere destinati a lasciare il segno. Project EVE, in sviluppo presso la coreana SHIFT UP Corporation, è sicuramente fra i progetti più interessanti provenienti dalla terra dei BTS. Il gioco, previsto per il prossimo anno sulle console di nuova generazione, si candida per essere il successore di giochi come Bayonetta e NiER, un action frenetico e pirotecnico realizzato con una spettacolare veste grafica in Unreal Engine 4 e una massiccia dose di fan service. Il coloratissimo DokeV di Pearl Abyss è invece un open world che strizza l’occhio alla serie di Pokémon, alternando fasi RPG ad altre più action in stile Splatoon. Presentato anch’esso in pompa magna con un trailer di ottima fattura DokeV, così come il cugino Project EVE, lasciano però non pochi dubbi sull’effettiva qualità del gioco, apparsi fin troppo artificiali e poco veritieri. Il rischio, soprattutto per un Pokémon-like come DokeV, è quello poi di ritrovarsi fra le mani l’ennesimo clone di un titolo famoso che fatica a brillare per originalità e, soprattutto, per qualità. Bisogna però dare una (o anche più) chance e fiducia ad un mercato ancora nella sua fase embrionale, e che potrebbe espandersi a tal punto da regalare gioie in futuro. Non ci resta quindi che aspettare e sperare che i recenti successi cinematografici e televisivi di film come Parasite o serie come Squid Game possano replicarsi anche in ambito videoludico.