Esistono storie videoludiche particolari, fatte di successo planetario e poi di totale sparizione dal mercato. Ninja Gaiden ha vissuto questo momento già due volte: la prima dopo la fine della trilogia a cavallo tra anni ’80 e ’90; la seconda dopo la fine del ciclo reboot iniziato nel 2004 a cura del Team Ninja. È così che quando ancora Miyazaki e From Software non erano sinonimo di difficoltà ludica, ci pensavano Itagakii e il suo Team Ninja a dettarne il passo. Le avventure di Ryu Hayabusa costellavano le partite dei giocatori di ogni singolo elemento utile a rendere la vita virtuale un inferno. Nulla era lasciato al caso e i tecnicismi dell’action duro, pesante e fortemente punitivo, innalzavano il livello del gameplay. Ancor più dissonante risultava che, in un’industria dei primi duemila che sempre più spesso strizzava l’occhio al pubblico mainstream, Ninja Gaiden tentasse di rincuorare i cosiddetti “hardcore gamer”.
Avanti veloce fino al 2025, anno nel quale Ninja Gaiden è tornato a farsi vedere con grande prepotenza. Prima un remake in Unreal Engine 5 del capolavoro della serie: quel Ninja Gaiden 2 che ha segnato il mercato degli action skill based. Recentemente uno spin-off in pixel art sviluppato da The Game Kitchen – gli autori di Blasphemous – e ora siamo a un passo dall’arrivo del sequel diretto di quella seconda trilogia conclusasi nel 2012. Durante la Gamescom di Colonia abbiamo potuto provarne una brevissima porzione allo stand di Microsoft, testando finalmente con mano il nuovo protagonista della serie: Yakumo.
Questione di velocità
Basta una manciata di secondi per riconoscere dietro a Ninja Gaiden 4 la mano di Platinum Games. La frenesia nei controlli di Yakumo ricorda da vicino l’approccio all’action che caratterizza da sempre la casa di Bayonetta e Metal Gear Rising. Proprio da quest’ultimo è evidente che il team sia partito per muoversi sui difficili passi dell’eredità in gioco. La breve sezione che anticipa lo scontro con l’unico boss della demo è stata utile a prendere dimestichezza con i comandi. Yakumo ha a disposizione i classici attacchi leggero e pensate, così come l’utilizzo di un gadget da lancio. Parata e schivata non mancano, così come la possibilità di switchare arma istantaneamente con la pressione di un tasto.
A caratterizzare Yakumo e distinguerlo dall’iconico Ryu ci pensa lo stile Bloodraven: un attacco alternativo, da concatenare a quelli classici e che non fa altro che utilizzare il sangue del Ninja per potenziare gli attacchi e permettere di stordire anche i nemici più coriacei. Non si può dire che le cose non funzionino: tutti gli elementi dell’action di qualità sono al loro posto e l’esperienza di Platinum Games è innegabile e tangibile già nei primi secondi. Ciò che ci ha spiazzati è proprio il fatto che giocare Ninja Gaiden 4 con Yakumo – non abbiamo avuto modo di provare Ryu – è semplicemente diverso. La pesantezza nei colpi e nei movimenti è diminuita drasticamente e, in generale, ci si sente molto meno in pericolo di quanto non accadesse in passato. Niente paura: i nemici sono ancora oggi dannatamente aggressivi e in grandi quantità, ma l’unicità del gameplay del 2004 e del suo seguito ci è sembrata un po’ persa per strada, con buona pace di quella costante sensazione di sentirsi in pericolo. A tranquillizzare ancor più il giocatore ci pensano anche una copiosa quantità di oggetti di cura e di rianimazione, che per forza di cose diminuiscono il grado di sfida e permettono di affrontare le sezioni con un po’ più di lassismo.
Digerite le dovute differenze non si può negare che tutto quel che c’è funziona a dovere. Combattere è un piacere, così come divertirsi con le esecuzioni, le parate e le schivate perfette. Da questo punto di vista è stato proprio lo scontro con il boss – un CyberNinja alto il doppio di Yakumo – a regalare le soddisfazioni migliori. Tutt’altro che difficoltoso, ha richiesto comunque un certo grado di studio dei pattern e del timing. Le finestre per schivare e contrattaccare sono infatti brevi, e sapere quando sfruttare il Bloodraven per costruirsi un vantaggio importante, sono le costanti che impreziosiscono uno scontro tutto sommato riuscito, seppur non particolarmente originale. Metabolizzata la forte diversità dal passato, il gameplay sa comunque regalare più di una soddisfazione. Il merito è ovviamente dell’ottimo design che fa da fondamenta, figlio dell’esperienza di Platinum Games.
Alti e bassi
Lo stesso entusiasmo non possiamo dimostrarlo anche per tutto quel che concerne l’esplorazione e la cifra stilistica del gioco. Ninja Gaiden è sempre stato sopra le righe, chiassoso e per giunta ridicolo da un punto di vista narrativo, ma sono proprio questi elementi che lo hanno sempre caratterizzato. Seppur della parte narrativa non possiamo parlarne non avendo sostanzialmente visto nulla, sono il level design e il valore artistico di ambientazioni e situazioni ad averci lasciato davvero l’amaro in bocca.
Che la scelta della porzione della demo sia stata infelice è una possibilità, ma ciò non toglie che avanzare nella struttura che funge da sfondo agli eventi, risulta talmente triste e poco stimolante da spingere il giocatore a correre forsennatamente verso la fine della sezione. Solo un paio di casse piazzate alla fine di altrettanti vicoli ciechi smorzano l’alternarsi delle battaglie, per di più in una cornice di stampo cyberfuturistico con il carisma di un ferro da stiro. La speranza è che le altre sezioni, comprese quelle con Ryu, possano essere coadiuvate da qualche elemento esteticamente interessante.
Hype, con riserva
La brevissima esperienza avuta con Ninja Gaiden 4 ci ha quindi convinti sulla parte puramente action, fulcro del gioco ed elemento fondamentale per il successo dell’opera. Diverso dal passato, ma in grado di fondere l’eredità con la tradizione di Platinum Games, il nuovo capitolo si prospetta mutato, ma altrettanto interessante. Sarà la prova sul campo dell’intera campagna a farci capire se questi elementi potranno bastare a riportare la serie nell’Olimpo degli action game. Quell’Olimpo nel quale, ahinoi, non si presenta da fin troppo tempo.