In un mercato sempre più ricco di boomer shooter dai connotati radicalmente differenti, ispirati al passato ma sempre moderni, trovare le piccole gemme non è così complicato. Se da un lato abbiamo il ritorno in auge di antiche perle come Star Wars: Dark Forces Remaster, dall’altro si fanno sentire i giovani sviluppatori indipendenti con i loro approcci unici, pronti a dire la loro in un genere che, sorprendentemente, ha ritrovato prosperità negli ultimi dieci anni. L’ultimo esempio, tra i tanti, riguarda Mullet Mad Jack. Il folle shooter di HAMMER95 potrebbe essere riassunto come un pot-pourri di citazioni provenienti dagli anni Ottanta, da oggi, da Occidente e dal Giappone. Non è soltanto un boomer shooter, ma anche un roguelike e un anime. Un po’ troppo? Forse sì, e vi spieghiamo il perché nella recensione di Mullet Mad Jack.
La storia: troppe ambizioni?
Il futuro distopico del 2090 vede i robot dominare gli esseri umani, costretti a vivere con l’Internet e nell’Internet, per l’intrattenimento e nell’intrattenimento. I ricchissimi Robillionari governano il mondo e solo un gruppo di pazzoidi, noti come Moderatori, è disposto a mettere in gioco la propria vita per porre fine a questo giogo. Come? Tramite dei reality show trasmessi sui social dove i Mod, selezionati casualmente dalle corporazioni dell’entertainment, hanno soltanto 10 secondi di vita a disposizione per lanciarsi in una carneficina. Più vittime fanno, e più spettacolari sono le stragi, più secondi vengono riforniti al malcapitato.
E se i malcapitati fossero i robot stessi, vittime del Moderatore? Qui entra in gioco Jack, infervorato e mullet dotato, un uomo poderoso e inarrestabile come David Hasselhoff. La sua missione? Salvare l’influencer più famosa al mondo, tenuta in ostaggio sulla sommità delle torri gemelle del Nakatomi Palace. Il tutto, naturalmente, seguito in diretta streaming da un pubblico di appassionati, guidati da una presentatrice sempre intenta a commentare le nostre imprese ai fan.
Posta così, la trama di Mullet Mad Jack appare alquanto elementare, ma non lo è affatto. O almeno, prova ad essere di più, osando troppo e senza soddisfare le aspettative. La componente narrativa delizia presentandosi come anime; tuttavia, insegue nodi filosofici senza dimostrarsi abile nello sciogliere un’interessante matassa, cadendo anzi nel banale. Il giovane studio brasiliano poteva e doveva scegliere tra le piste a disposizione seguendole con convinzione, senza inciampare nell’ambizione. Fortunatamente, è il gameplay a riportare l’equilibrio. Più o meno.
Mullet Mad Jack è inarrestabile
Se si considerasse il mero ritmo di Mullet Mad Jack, si potrebbe lodare il gioco all’infinito. È un autentico concentrato di adrenalina, uno shooter inarrestabile che crea assuefazione in men che non si dica. Ogni capitolo richiede la scalata di 10 piani di un grattacielo, ognuno dei quali – almeno nelle fasi iniziali – si può superare in meno di 30 secondi. Liberato ogni piano dalle ondate di robot è possibile selezionare uno di tre potenziamenti temporanei, attivi fino alla fine del capitolo.
Ciascun piano viene generato selezionando casualmente tra una serie limitata di stanze e ambientazioni, con ostacoli e armi ambientali a disposizione per trovare modi più astrusi per eliminare un automa. Terminata la decina di stage si arriva alla boss fight, dopo la quale la build personale viene resettata per passare al piano successivo, con stanze nuove e power-up prima non disponibili.
Il loop asfissiante trova attimi di respiro nella stesura del comparto narrativo, tra immagini e video che illustrano la fame di ascesa dei robot e l’odio di Jack per il nemico artificiale. Suoni ed estetica di alto livello accompagnano le vicissitudini dell’eroe dalla portentosa acconciatura, rendendo Mullet Mad Jack sfavillante sotto più punti di vista. Qui ci vuole un rapido disclaimer: chi è fotosensibile deve prestare molta attenzione a questo gioco.
Gameplay frenetico a dir poco…
In Mullet Mad Jack le run si susseguono e non stancano mai, il piede continua a pigiare l’acceleratore in una corsa contro il tempo semplice e appagante. È un’ipnotica carneficina (o si dovrebbe dire “robot-ficina”?) facile da imparare e godersi, anche a difficoltà più elevate, che può diventare una totale ossessione in poche ore. Si tratta di una gioia audiovisiva che non richiede troppa fatica e tempo per giungere alle battute conclusive e gode pure di notevole rigiocabilità grazie alla modalità Endless.
La storia è una cornice imperfetta a un gameplay travolgente, al quale è davvero difficile dire “basta”. Concepire anche le build più strambe per giungere al boss dà un tocco in più all’esperienza, pur senza meravigliare. Il gunplay resta sempre pulito, indipendentemente dall’utilizzo di mitragliette o katana, e richiede reazioni molto rapide affinché si possa mettere a segno headshot o nutshot, glorykill e uccisioni ambientali.
Naturalmente è necessario muoversi non solo velocemente, ma anche tatticamente. Una volta presa padronanza dei controlli e conosciute le diverse stanze con annessi ostacoli, è possibile sfruttarli tra scivolate, calci e sfondamenti per eliminare i robot in modi ancor più spettacolari e remunerativi.
…che poteva dare di più
A questa descrizione quasi idilliaca del gameplay si contrappone una realtà più confusa, poiché la componente roguelike non si esprime al meglio. Creare build perfette alla The Binding of Isaac non è strettamente necessario, basta anche la bravura negli shooter, e dimenticatevi la bellezza delle sinergie di Risk of Rain 2. Mullet Mad Jack è essenziale in tutto e per tutto, purtroppo anche nella strutturazione dei piani: la variazione di stanze è molto limitata, il che rende la generazione procedurale un elemento che, in poco tempo, rischia di risultare addirittura stucchevole.
In più, le boss fight sono di una semplicità esagerata anche a difficoltà quasi massima. La notevole quantità di nemici presenti nel resto del capitolo è il vero boss, un esercito di piccoli cyberdemoni che, peraltro, ai veterani degli FPS risulterà nulla di che, un gioco da ragazzi, pur aumentando la loro potenza e resistenza. Insomma, Mullet Mad Jack poteva davvero dare di più.
Se non altro, il gioco risulta molto solido sul fronte performance: muniti di RTX 3070 e Ryzen 5 5600X abbiamo potuto viverlo a massima velocità, senza cali di frame, pure nei momenti in cui si poteva temere il peggio. L’ondata retrowave pervade il giocatore su PC e, in 2K e 4K, mostra un’arte molto sorprendente e piacevole. In poche parole, tra alti e bassi, HAMMER95 ha saputo realizzare un boomer shooter come si deve. Mancante sotto certi aspetti, sensazionale per altri.
Versione testata: PC
La recensione in breve
Mullet Mad Jack è follia synthwave, uno stiloso ibrido tra boomer shooter, roguelike e un anime. È un concatenarsi di riferimenti continui agli anni ’80 e al presente, esteticamente azzeccato a dir poco, ma carente nel level design. La componente roguelike viene penalizzata dalla freneticità del concept, originale e divertente, ma imperfetto. Poteva dare molto di più; ciononostante, resta estremamente efficace e gradevolissimo, una vera droga per gli amanti degli FPS.
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Voto Game-Experience