“Ho giocato la demo e l’ho amato. Lo stile artistico è bellissimo, non oso immaginare il duro lavoro fatto per catturare quelle scene. Mind Diver è assolutamente travolgente”. Queste parole le ha pronunciate Lucas Pope, padre di Papers, Please e Return of the Obra Dinn, gemme del panorama indipendente che hanno lasciato il segno sull’industria videoludica. Potrebbero bastare, forse, per vendere il titolo di debutto di un gruppo di studenti danesi. Una esperienza narrativa profonda, toccante, riconducibile al vissuto di qualsiasi persona. Un esperimento che, per qualcuno, potrebbe rivelarsi un capolavoro.
Mind Diver è un gioco breve preparato con Unity e, ve lo dico già, non punta in alto. Da progetto studentesco è diventato un’idea più curata, trasformandosi nei mesi. Ha ottenuto il sostegno del Danish Film Institute e raggiunto la finale dell’Independent Games Festival 2023 come Best Student Game. Uno storico non indifferente, per nulla passato inosservato. Il risultato finale? Ve lo racconto in questa recensione.
Mind Diver e le ispirazioni palesate

Come lascia intuire il titolo, il nostro lavoro qui è di Mind Diver. Ovvero, ci si immerge nell’Oceano Mentale delle persone attraverso tecnologie sperimentali per ricostruire i ricordi, riassociare tra loro le varie memorie e inquadrare eventi al fine di soddisfare le richieste del cliente, ossia di chi possiede tale mente da noi esplorata. In questo caso tocca a Lina, giovane fotoreporter che sta perdendo gradualmente la sua memoria ma che ne ha bisogno al fine di scoprire dove si trova Sebastian, il destinatario del suo amore.
Sin dalle prime battute la storia si rivela articolata, ricca di misteri da svelare e risolvere tuffandosi in un numero sempre più elevato di ricordi. Collegarli non è elementare ma è necessario, richiede l’associazione di oggetti, fatti e parole al fine di comprendere ogni circostanza e riordinare la mente, passo dopo passo e scena dopo scena. Si tratta di una sporca discesa nelle memorie frammentate di una persona tormentata, in un caotico mare figurativo.
La narrazione si evolve molto velocemente, senza lasciare troppi tempi morti e concludendosi nell’arco di 3-5 ore. La linearità è evidente ma solida, tutt’altro che stancante – complice anche la brevità dell’esperienza. Ciò che Mind Diver fa egregiamente è trattare temi spesso considerati tabù, o per cui serve una certa maturità e predisposizione sentimentale e psicologica affinché possano essere affrontato. Un nobile intento che, come in altre produzioni più note tipo Death Stranding 2, viene portato avanti con grazia e soddisfazione.
Il gameplay: essenziale, non il vero focus

Se in apertura ho citato le parole di Pope in merito a Mind Diver c’è un motivo, manifestato dal gioco stesso. Il team Indoor Sunglasses, infatti, si è ispirato al gameplay di Return of the Obra Dinn – ma anche IMMORTALITY – realizzando un titolo investigativo, basato sul puntare determinati oggetti o individui al fine di ascoltare i loro Echi, ovvero i suoni emessi o a loro circostanti nel momento del ricordo analizzato. Ogni Regione ne include molti, separati in più sfere che rappresentano istanti diversi della sequenza di vicende, legati tra loro per una serie di motivi da scoprire.
Spesso viene chiesto di posizionare alcuni oggetti dove invece si trovano già altri Echi, riempiendo un buco mnemonico. L’importante è riuscire a riordinare la memoria, scoprendo infine cos’è accaduto esattamente a Lina e Sebastian. La difficoltà di questi piccoli puzzle cambia man mano che si passa da una Regione dell’Oceano Mentale all’altra. Diventano sempre più articolati, seguendo il flusso stesso della narrazione. Eppure, non vanno mai oltre certi limiti. Pertanto, gli appassionati di puzzle game non percepiranno chissà quale problema nella loro risoluzione, il che potrebbe rendere Mind Diver un po’ noioso.
Ciò che risulta evidente è che i meccanismi ludici sono stati scelti appositamente per poter raccontare questa storia e trasmettere sensazioni precise in maniera ottimale, cercando di creare un legame indissolubile con il comparto narrativo senza distanziarsi troppo dall’obiettivo pensato dal team di sviluppo. È un dettaglio che potrebbe risultare scontato, ma non sempre lo è davvero. Da qui l’esigenza di sottolineare nuovamente come infine il gioco sia ben strutturato nella sua essenzialità.
Unicità stilosa

Più peculiare è la scelta stilistica. In Danimarca hanno optato per la scansione 3D di ambienti e individui, mescolando fotografie vere realizzate appositamente per Mind Diver. Una soluzione singolare, incrociata ad artefatti visivi che rendono l’esperienza visivamente efficace e di qualità. Meno convincente è forse il doppiaggio, vittima di alti e bassi nella performance degli attori scelti che solo a volte riescono a esprimere adeguatamente le sensazioni dei personaggi.
Nell’insieme, però, questa selezione di elementi si unisce alla narrazione creando un’esperienza in grado di ricordare il motivo per cui si amano i videogiochi. Mind Diver, nella sua natura di titolo sperimentale e d’esordio di un gruppo di studenti, riesce a elevarsi come esempio brillante della forza del medium nella sfera dello storytelling, senza essere – o pretendere di essere – un capolavoro.
Venendo a performance e resa estetica, il meglio riesce a darlo su Steam Deck OLED. I colori e le forme spiccano davvero sullo schermo più compatto e ricco di luci e tonalità più accese. Stonano di più i modelli del diver ripresi chiaramente dal database di Unity, o realizzati con uno stile che stacca troppo dal resto. Per la stessa ragione, non ho apprezzato troppo anche la manciata di animazioni usata per gli effetti di movimento.
La recensione in breve
Mind Diver non intende abbondare e nemmeno sprofondare. Con il suo carattere semplice, incrocia una formula ludica nota e apprezzata con un’estetica singolare, il tutto per raccontare una storia che riesce ad essere vicina al cuore di tutti. Per quanto avrebbe potuto osare leggermente di più aumentando la durata dell’esperienza, finisce per rivelarsi solido. Un debutto convincente per lo studio danese Indoor Sunglasses, che rappresenta ancora una volta le potenzialità del medium videoludico nell’affrontare temi complessi con saggezza e prospettive differenti.
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Voto Game-eXperience
