Le microtransazioni e le loot-box sono state sotto accusa in modo continuativo negli ultimi anni. Ricordiamo bene le accuse a grandi publisher che ne abusavano, le discussioni politiche in diversi Paesi per definire se questi elementi potessero essere assimilabili al gioco d’azzardo e le proposte per indicare chiaramente sulle confezioni e nelle descrizioni dei videogiochi la loro presenza. Ora, un nuovo studio condotto in modo congiunto da due università inglesi sottolinea ulteriormente la pericolosità di microtransazioni e casse premio per i bambini e i ragazzi.
Microtransazioni: dannose soprattutto per i bambini
La ricerca è stata portata avanti dalla Loughborough University e dalla Newcastle University e può essere visionata per intero in rete. L’obiettivo iniziale era la definizione dell’approccio dei giovanissimi a sistemi di ricompense a pagamento, il che include meccaniche di gameplay basate sulla casualità, valute di gioco, pass stagionali e microtransazioni per acquisti di oggetti
Come prevedibile, i risultati dello studio hanno portato a confermare quanto le cosiddette loot-box abbiano un effetto dannoso sui bambini. Il danno è sia emotivo che finanziario e dipende dalla difficoltà di avere una chiara gestione delle spese all’interno dei videogiochi, visto che la tenera età e l’ambiente di gioco virtuale non consentono di avere una corretta percezione del valore del denaro.
Tra l’altro, gli oggetti che vengono proposti nelle microtransazioni o che vengono promessi all’interno delle casse premio sono, per loro natura, molto attraenti per i più giovani. Questo vale per elementi estetici, ma è ancor più vero e grave nel caso di oggetti di gioco che possono accelerare certe dinamiche di gioco, migliorare le prestazioni di un personaggio o rappresentare un qualunque tipo di vantaggio.
Il problema è che molti giochi paiono volutamente costruiti in modo da rendere desiderabili le microtransazioni. Dal momento che diversi giochi trovano nei più giovani il loro pubblico di riferimento, meccaniche riconducibili al gioco d’azzardo e che fanno leva sulla nascita di una certa dipendenza risultano ancora più efficaci, ma anche molto più pericolose.
Microtransazioni e loot-box: quali soluzioni?
Lo studio propone anche una possibile soluzione. Il mondo dei videogiochi dovrebbe dotarsi di un ente regolatore capace di definire e far rispettare in modo forte i limiti di età per determinati titoli. Anche il valore degli oggetti di gioco dovrebbe essere indicato in valuta reale e non mascherato dietro a nomi di fantasia. Infine, le meccaniche basate sul caso andrebbero sottoposte al controllo indipendente di un ente esterno per validare la piena liceità e regolarità dei sistemi.
Il discorso è lungi dall’essere concluso e probabilmente continueremo a vedere giochi che vengono gestiti al limite della correttezza. La soluzione più semplice e immediata sarebbe il controllo attento da parte dei genitori dei giocatori più giovani, in modo da indirizzarli verso una corretta gestione del denaro e da tenerli lontani da meccanismi che potrebbero avere risvolti più gravi in età adulta.