Lords of the Fallen (siglabile come LOTF) è uno dei titoli che ha fatto parlare di sé in questo periodo in vari modi e ne abbiamo parlato anche in recensione. Un titolo in continuo aggiornamento per sistemare i vari problemi, con il team che ha confermato un supporto continuo e una road map per i mesi a venire. Possiamo discuterne quanto vogliamo ma la qualità artistica di Lords of the Fallen è davvero pregievole. Nelle precedenti settimane si è tenuto anche un contest fotografico per selezionare uno scatto realizzato in photo mode da presentare direttamente in Times Square come promozione e noi abbiamo colto l’occasione.
Siamo riusciti ad entrare in contatto con parte del team di Hexworks (contano 80 sviluppatori e una parte di team di outsourcing esterni) e nello specifico con Alexandre Chaudret, art design di Lords of the Fallen e gli abbiamo posto alcune domande circa il suo lavoro, la realizzazione del gioco e qualche aneddoto. Ecco la nostra intervista.
Abbiamo giocato a Lords of the Fallen e una delle cose che ci ha colpito, al primo sguardo, è stata la ricchezza e il livello di dettaglio degli ambienti. Puoi dirci quanto tempo ci è voluto per realizzare il progetto?
L’intera produzione è durata circa 3 anni e mezzo. Tutto questo tempo non è stato dedicato solo alla creazione degli art assets anche se la decisione di spingere sui dettagli, è stata una delle prime scelte della pre-produzione. Come rappresentante artistico, il mio focus è stato nel riprodurre il tormento e la follia attraverso elementi di contesto “accumulati” con centinaia di candele o radici che invadono i nostri ambienti. L’incredibile team artistico che abbiamo in Hexworks ha creato e assemblato le risorse principalmente durante la fase di produzione, fino alla fine del progetto.
Il passaggio da un mondo all’altro è una delle meccaniche più affascinanti. Da dove è nata l’idea di LOTF della doppia mappa? Si tratta solo di una questione legata alla lore? Qual è stata la scelta creativa che hai dovuto fare dietro questa meccanica?
L’idea vera e propria del reame Umbral è arrivata molto presto nella visione del progetto: Saul e Cezar volevano aggiungere una svolta all’eredità dell’universo dei Lords of the Fallen e non fare affidamento esclusivamente sul confronto con Orius (il radioso dio della luce) e Adyr (dio demoniaco del fuoco caduto). Umbral è arrivato con questo desiderio di portare un nuovo respiro al “loop mortale” del genere action-rpg oltre a rafforzare l’aspetto esplorativo. Ricordo che nelle nostre prime discussioni sul reame di Umbral, Cezar lo descriveva come “un luogo dove soffochi, dove è difficile restare perché semplicemente non puoi viverci”. Queste erano le premesse nella realizzazione del nostro “Giardino della Morte” e degli spettrali orrori cosmici che si nascondono tra le realtà.
Quanto è stato difficile realizzare due mappe di gioco, una sovrapposta all’altra, non solo in termini di gameplay ma anche in termini di design artistico?
Ci sono volute molte iterazioni, questo è certo. Fin dall’inizio, volevamo un mondo interconnesso che riproponesse la grande emozione di aprire una scorciatoia e scoprire di tornare indietro in un’altra parte. L’aggiunta del regno Umbral ha creato tante possibilità e sfide, non solo in termini di level design ma anche artistici. Avevamo bisogno di un contrasto tra il mondo raccapricciante e tormentato dei vivi, che era già un luogo fantasy molto oscuro, e il mondo dei morti. Ispirarsi all’orrore cosmico lovecraftiano è stata la nostra soluzione: abbiamo spinto per un’estetica organica e macabra, facendo affidamento su argilla, carne e ossa, con enormi strutture che sfidano le leggi della fisica. L’idea principale era quella di provocare frasi esplorando del tipo “ma cosa.. ?” e momenti per i giocatori che alzando la lanterna e guardando il regno Umbral osservano questo magico mondo come dal buco della serratura.
Qual è stata la tua prima richiesta quando hai iniziato ad immergerti nel mondo di LOTF?
(Ride alla domanda) Da parte mia, penso che fosse per “fissare i limiti”: avevo bisogno di sapere rapidamente quanto potevamo immergerci nell’oscurità e nel tormento, e quali fossero i nostri limiti in termini di fantasia. Fondamentalmente quanto posso rendere il mondo raccapricciante e che tipo di emozioni vogliamo trasporre ed esprimere per i giocatori. Tutto questo perché le emozioni sono, secondo me, lo strumento per provocare l’immersione.
Una cosa che dico sempre al team artistico, quando iniziamo a lavorare su un progetto, diventando un po’ un mantra nel corso degli anni: siamo qui per creare un gioco, non un artbook. Per me è molto importante restare concentrato sull’obiettivo finale, realizzare un videogioco e non limitarmi ad accumulare belle immagini per un portfolio. Penso che sia fondamentale che tutta la squadra guardi in questa direzione comune. Detto questo, penso di non essere altro che il ragazzo che ha chiesto di aggiungere più teschi, candele e sangue ovunque (ride nuovamente).
Il gioco vanta un level design notevole. Quanto è stato difficile crearlo e come avete fatto per creare i collegamenti?
Il level design è stato al centro di molte aree di lavoro durante lo sviluppo: collegare insieme il mondo, definire il ritmo del gioco, le dimensioni delle arene e le sensazioni di gioco del viaggio… posso dire che è stato un lavoro enorme. Non c’è altro modo di procedere: cicli multipli di iterazione di grey boxing, test, ripetizioni e rifacimenti ancora e ancora. Dal punto di vista artistico, uno degli aspetti cruciali è stato quello di stabilire punti di riferimento visibili affinché il giocatore potesse vedere ma anche sentire dove doveva andare e quando volevamo che si perdesse. Molti ragionamenti e fatiche che ci hanno permesso di delineare il mondo di Umbral.
Cosa ti è piaciuto di più realizzare?
Mangiare pizza ai peperoni. (scherza) Scusa, è sempre il mio primo pensiero naturale, a volte divento una Tartaruga Ninja. In realtà ci sono così tante cose su cui ho amato lavorare in questo progetto… ho avuto la fortuna di poter dipingere e creare io stesso alcuni dei design che finivano nel gioco, un lusso che gli art director non sempre possono permettersi. Una delle mie più grosse soddisfazioni è stato vedere alcune delle mie armature e dei miei abiti diventare molto popolari tra i giocatori come il set di scheletri dell’Angelo del Vuoto. In quei progetti ci sono alcune scelte di design artistico più “personali” e mi piace sempre vedere così tanti guerrieri teschi nel gioco.
Penso che ciò che mi è piaciuto di più sia stato effettivamente realizzare cose come una grande squadra e che diventano amici. Non posso citarli tutti qui ma molti membri del team Hexworks ora sono amici oltre che ottimi compagni di lavoro.
Raccontaci un aneddoto accaduto durante la fase di sviluppo.
Ok, ecco, una storia divertente e dettagliata: abbiamo un personaggio NPC, Andreas di Ebb, un nobile pretenzioso con un’alta stima di se stesso. Quando abbiamo progettato il personaggio dallo schizzo al concept art finale, abbiamo cercato di spingere davvero questo look pretenzioso e l’outfit e il design estremamente ricchi. Non ricordo chi ha iniziato lo scherzo ma a un certo punto ho abbozzato dei baffi sul disegno, solo per divertimento e tutti l’hanno adorato. Ecco come Andreas ha ottenuto i suoi baffi molto distinti ed eleganti.
Domanda da videogiocatore: quali sono i titoli della tua infanzia (e quelli che consideri tra i “tuoi” migliori)?
Anche se ho avuto un Game Boy per molto tempo, la mia prima vera console è stata il Nintendo 64 e l’unico gioco che mi ha davvero scioccato dalla sua forza bruta è stato Zelda: Ocarina of Time (e più avanti il seguito Majora’s Mask). Così tanta ispirazione per il ragazzino che ero. In realtà, un altro gioco di quest’epoca che mi ha formato, anche se era un gioco molto meno famoso, è stato Castlevania Legacy of Darkness, il gioco era tutt’altro che perfetto ma ne sono stato molto ispirato, dalla musica, e… (lascia un profondo respiro) quanti ricordi riaffiorano.
Ma uno dei giochi a cui faccio spesso riferimento, forse il mio gioco preferito di tutti i tempi, è Vagrant Story su PS One. Ho avuto un legame speciale con questo progetto: l’arte, la musica, i sistemi; rimane una di quelle gemme speciali a cui continuo a tornare e a cui faccio riferimento. Mi ha aperto gli occhi su come un gioco potesse essere allo stesso tempo intenso, profondo e significativo nel suo simbolismo e nella sua narrazione anche con cliché del fantasy con i “cavalieri che combattono i mostri”. Un capolavoro nel mio cuoricino.
Quali artisti e designer artistici sono stati fonte di ispirazione per il tuo lavoro e ti hanno ispirato a intraprendere questo lavoro?
Vivo sempre accanto ai manga e ai fumetti che ho scoperto durante la mia infanzia: hanno seguito la mia carriera e il mio viaggio attraverso l’arte fin dall’inizio e mi ispirano ancora ogni giorno. Dragonball, Saint Seiya, Gunnm, Blame ma soprattutto Berserk del compianto Kentaro Miura: una bibbia per ogni creatore di dark fantasy, immagino.
Per la parte Umbral del gioco, abbiamo tratto ispirazione da grandi maestri come Giger o Beksinski, gli artefici dei nostri incubi. L’incredibile lavoro dello scultore e performer Olivier De Sagazan è stato un punto cardine nell’elaborazione del mondo dei morti: il suo approccio a personaggi tormentati fatti di gargoyle ha portato le prime scintille di quello sarebbe diventato il nostro fiorente giardino della morte.
Ora ti faccio una domanda spinosa: molti sostengono che LOTF assomigli troppo ai mondi di From Software (e chiaramente non è così), cosa pensi che ci sia di unico nel mondo realizzato?
Il Dark Fantasy arriva con molti luoghi comuni: si tratta di usare i traumatismi e trasporli nell’estetica fantasy medievale. Non è un equilibrio facile da creare, in cui è necessario aggiungere abbastanza novità per attrarre i giocatori ma allo stesso tempo rispettare le fantasie comuni che si aspettano. Se inizialmente ci affidiamo ai riferimenti, presto troveremo i nostri codici e articoleremo la direzione artistica attorno ad essi.
Io sono cresciuto in un paese occidentale (Francia) che si è nutrito di manga giapponesi, film horror americani e molto altro. Penso che tutte queste influenze si manifestino in Lords of the Fallen e lo rendano un prodotto unico che può reggere da solo. Mescolando l’estetica dell’orrore cosmico con la trasposizione sul simbolismo religioso, porta un sapore che molti giocatori hanno apprezzato e che continuano a scoprire giorno dopo giorno. Ognuna delle nostre armature è danneggiata, arrugginita e dimostra che vivere nel nostro mondo è una battaglia lunga e inestricabile.
Che consiglio daresti a chi vuole avviare la tua attività?
Una delle cose più belle dell’essere nel campo dell’arte è che tutto ciò che hai visto, sperimentato, sentito, vissuto o sulla tua pelle può alimentare la tua ispirazione e la tua arte. Sono un forte utilizzatore dei traumi passati e dei piaceri della mia infanzia e li traspongo nella mia arte. Fondamentalmente significa che più sperimenti le cose, più la tua arte progredirà. Sii fedele a te stesso, lavora duro e porta nuove storie in risonanza con il tuo pubblico.
Quali sono i prossimi titoli su cui stai lavorando e di cosa parlano? Quelli che possono essere rivelati.
Al momento siamo concentrati sull’aggiornamento del gioco e sull’aggiunta di nuovi contenuti per la nostra community, portando il progetto al miglior stato possibile. Penso che non sarà l’ultima volta che sentirai parlare dell’universo di Lords of the Fallen e spero di farne parte.