Buongiorno a tutti giovanotti! Immagino che vi sorprendiate di vedermi compilare questo articolo durante il periodo “maximo” dell’afosa calura estiva. E’ pur vero che i vecchi come me devono restare al chiuso, all’ombra e ben idratati: proprio per questo motivo mi sono piazzato nel mio salottino per scrivere queste doverose righe su un argomento più che mai attuale. So bene che molti giornalisti di settore hanno speso infinite parole per descrivere il fenomeno dei “remake/remastered/reboot”, ma io voglio affrontare questo discorso da un altro punto di vista.
Molti giocatori, ormai prigionieri del ruolo di “giudici non richiesti e spesso incapaci” dell’era social, sparano quasi sempre a zero su tutti i fenomeni di “riammodernamento” di un determinato titolo. Invece, per quanto strano potrebbe suonare alle vostre giovani orecchie, io non sono assolutamente contro le versioni nuove di giochi vecchi. Anzi ritengo il mezzo molto efficace per far conoscere a giovinastri senza cultura le perle del passato reinterpretate in modo che possano comprenderle ed apprezzarle. Quello che assolutamente NON mi piace è vedere un’opportunità come un remake/reboot diventare operazione biecamente commerciale, tesa allo sfruttamento di un brand magari celebre per vendere con facilità prodotti spesso aberranti o privi di qualsivoglia innovazione. Un remake dovrebbe essere l’occasione giusta per rinverdire qualcosa, per dargli un senso magari completo ottenuto con “il senno di poi” e magari anche chiedendo alla fanbase cosa vorrebbe vedere. Io per esempio, lo dico da anni, sarei felicissimo di vedere una “nuova vita” donata ad una serie che ho apprezzato tanto da giovane ed ora scomparsa dai radar: 魔界村 Makaimura, ovvero “Il villaggio del mondo demoniaco”, noto da noi con il pessimo nome Ghosts ‘n Goblins. Una saga dimenticata da Capcom e mai più ripresa se non per inserire Arthur (questo era il nome del protagonista) come cameo in qualche altro titolo come per esempio Project X Zone per Nintendo 3DS.
Come si distingue un buon remake quindi? Quali caratteristiche deve avere? C’è un remake che possa fungere da esempio chiaro e lampante? La risposta è ovviamente si, e per farvi piacere citerò non solo un gioco “moderno” ma un gioco che non è ancora stato rilasciato. Metroid 2: Samus Returns è previsto per Settembre 2017, il mese prossimo, e rappresenta a mio avviso il perfetto esempio di come un remake dovrebbe essere fatto poichè unisce due caratteristiche fondamentali. La prima è l’innovazione: il gioco sembra a tutti gli effetti un titolo completamente nuovo. La seconda è il mantenimento del feeling originale: anche se Metroid 2: Samus Returns sembra un gioco del tutto nuovo, rimane al tempo stesso estremamente fedele all’originale. Forse non è un discorso semplicissimo per voi, giovinastri abituati a misurare tutto in funzione della grafica rinnovata, ma lasciate che vi spieghi.
Un remake è qualcosa di vecchio che dovrebbe venir ripreso, aggiornato e rinnovato. Mi spiegate che accidenti di senso ha fare il remake di Skyrim, ad esempio? Un gioco del 2011, all’epoca già dotato di un comparto grafico decisamente avanzato, viene recuperato dagli sviluppatori senza modificare praticamente nulla a livello di meccaniche e ributtato sul mercato con la grafica potenziata. Risultato? Vendite enormi ovunque. Io non potrei MAI accettare una cosa simile come “buona operazione di remake”. Si può tollerare un remake esclusivamente grafico quando si ha a che fare con giochi davvero molto vecchi, magari usciti agli albori del 3D e che sembravano composti da mattoncini LEGO sgranati. Vedi ad esempio i primi Resident Evil rifatti bene, escluso ovviamente il quarto capitolo che ormai è diventato una spina nel fianco e viene SEMPRE riproposto ad ogni generazione….sembra quasi una specie di scherzo, soprattutto considerato che il gioco originale è invecchiato benissimo e non necessiterebbe di nulla.
Un buon remake ha determinate caratteristiche, ma ora siamo anche in epoca di reboot: per chi non lo sapesse, si tratta di una serie ritenuta ormai vecchia ed abbandonata (oppure gettata alle ortiche grazie a scelte di marketing scellerate) che viene recuperata e ricominciata da capo eliminando qualunque storyline. Di fatto si riavvolge il nastro e si ricomincia da zero, come se nulla fosse accaduto. Un esempio recente e di buon successo è stato Tomb Raider: io ve lo dico ragazzi, non ho MAI CAPITO per quale motivo quella serie abbia spopolato negli anni ’90. Davvero, non posso credere che mezzo mondo si sia fatto imbambolare da due seni piramidali ed abbia ritenuto “capolavoro” un gioco come il primo Tomb Raider, grezzo come pochi e dal gameplay che le generazioni attuali definirebbero trial & error. Il nuovo Tomb Raider invece, seppur non rappresenti il mio genere favorito, è certamente un gioco di buona qualità e ci hanno ficcato pure dentro il Giappone che va di moda. Un PESSIMO esempio di reboot è Bionic Commando, uscito nel 2009 nel tentativo di spremere un pò di latte da un titolo storico dell’epoca NES ed uno dei platform non lineari più divertenti a cui io abbia mai giocato. Quando si punta esclusivamente a vendere usando un titolo di richiamo senza supportarlo con un lavoro qualitativamente decente, escono obbrobri di quel genere.
Una regola generale che vale sempre per tutti i prodotti videoludici: fare le cose con il CUORE e tentare almeno di creare un gioco che sia a suo modo originale. Miyamoto stesso definì al tempo il remake di Ocarina of Time per 3DS “un lavoro vergognoso”. Per molti potrebbe sembrare una bestemmia, ma io comprendo bene ciò che il caro vecchio Shigeru ha voluto dire: il gioco è la copia precisa e perfetta dell’originale su Nintendo 64, con il comparto grafico aggiornato e l’aggiunta di un sistema di aiuti per i giocatori meno esperti. Non basta, neppure se ti chiami “Ocarina of Time”. Un remake deve portare cambiamenti, altrimenti è soltanto una persona vecchia e cadente che cerca di truccarsi un pò troppo per sembrare di nuovo giovane.