Come rendere possibile la capitalizzazione e l’exploit delle eroine femminili nei videogiochi di ieri e di oggi? E’ un argomento di cui si parla da sempre, a livello di character design ma anche di stime di costi, di prodotto in lavorazione e prodotto finito. Da cui si sono sviluppate polemiche belle e brutte ma anche una quantità di esempi da tenere in considerazione. Ve lo raccontiamo attraverso una metafora, quella di Haunting Ground.
Un argomento particolarmente spinoso che è tornato in ribalta negli ultimi giorni, mentre aspettiamo Dead Space Remake e la sua data d’uscita (il gameplay confrontato con l’originale nell’articolo qui). Da una parte c’è il vile denaro, la stima di quanto le casse possano risuonare dei soldi di un’utenza sfrenata. Dall’altro il piacere delle masse, di una pletora di gente per metà informata e per metà che nell’idea di videogioco ha visto ripristinare la propria adolescenza, pari a quando il seno di Lara in Tomb Raider veniva fatto a poligoni grossi. Dall’altra ancora, meno felice di come vanno le cose, abbiamo un sistema che recentemente vuole far parte del politically correct e che marcia su quanto siano non convenzionali le proprie protagoniste, sia per aderire ai canoni estetici di oggi, sia per una questione di marketing verso un’utenza allargata.
Per cui adesso abbiamo una Nicole di Dead Space invecchiata secondo pareri esterni e confronti grafici che non finiscono da giorni: un’accusa grossa, una colpa terribile quella dell’aver invecchiato la quarantanovenne Nicole Brennan, la fidanzata di Isaac – il protagonista – con l’intenzione di rendere più canonica l’età della loro relazione, meno tra una venti ed un trentenne per intenderci, e più tra pari generazione.
Ma la sessualità non è un concetto importantissimo da mantenere in altri giochi, dove le protagoniste sono volutamente messe di fronte alla fragilità dei loro corpi, pari alla loro fragilità emotiva o situazionale, voluta anche dalla sinuosità delle loro forme? Cosa ne è di protagoniste deboli fisicamente e mentalmente come Rei di Project Zero, di comprimari come Maria in Silent Hill attorno a cui ruota un’intera relazione a dir poco morbosa o di Fiona, bellissima, fragile e timida, di Haunting Ground? Che senso avrebbero avuto se tutta la polemica sollevata su Nicole e Kendra, che appare più mascolina e a cui sembra siano stati ridotti addirittura i fianchi, fosse andata in porto su questi titoli, alcuni entrati nell’immaginario collettivo come infamosi e difficili?
Haunting Ground
Parliamo dell’esempio più evidente, di Fiona, di quella piccola deriva di Clock Tower uscita sotto il nome di Demento in Giappone, Haunting Ground in Europa nel 2005, esclusivamente per PlayStation 2. Haunting Ground , un gioco di cui una sola copia fisica incartata ora frutta più di uno stipendio mensile (o poco ci manca), ambientato in una magione italiana e in un “idilliaco” contesto tipicamente orrorifico, come un castello isolato nelle campagne. Fiona Belli, una diciottenne appena entrata al college, in Haunting Ground viene coinvolta in un incidente automobilistico coi suoi genitori e riprende conoscenza in una gabbia nei sotterranei, coperta da un solo lenzuolo. In tutto il suo essere giovane e nel pieno della forma fisica, Fiona è solo una ragazza che va a scuola e senza strane capacità che non siano la paura e la voglia di sopravvivere, che si trova imprigionata e costretta a liberarsi non solo fisicamente. Per fortuna si imbatte nell’amico a quattro zampe Hewie, un pastore svizzero che decide di aiutare l’umana sua protetta con un’IA adattiva ai suoi comportamenti – Hewie reagisce a Fiona se opportunamente stimolato e premiato, portando il giocatore ad addestrarlo a tutti gli effetti.
Il filmato introduttivo di Haunting Ground ci mostra per prime le delicate fattezze celate da un lenzuolo che se ne va presto, in maniera molto lasciva. Eppure in quel corpo seminudo e nelle forme prosperose di Fiona c’è del foreshadowing, un intento che viene presto mostrato dai primi abitanti del castello nei quali la ragazza si imbatte. Debilitas, un inserviente grande e grosso ma mentalmente disabile, a differenza di quanto troverete dire nel vasto internet NON scambia la ragazza per una delle sue bambole, ma cerca attivamente di aggredirla per stuprarla come soggetto del suo vezzo per poi mangiarla ed assimilarla in sè, suggerendo come nel corpo mastodontico si nasconda l’intento semplice di un bambino che esplora la sua sessualità – prima espressa solo da simulacri come la bambola a cui paragona Fiona al loro primo incontro.
Nel finale migliore di Haunting Ground , Demento finalmente capirà come rispettare Fiona, ignorando il suo bell’aspetto e finalmente concedendole quella comprensione che prima non aveva avuto verso di lei – comprensione come persona, non come oggetto. Daniella, la domestica che ben presto diventa instabile ed è capace di rompere gli specchi a testate se solo vede il suo riflesso, fin da subito definisce la sua violenza passando per il corpo della protagonista, in quanto vede sé stessa come manchevole dell’unica cosa che il suo padrone vorrebbe – la capacità di riprodursi di cui la donna sembra invidiosa.
Ancora peggio, in Haunting Ground Daniella subisce le violenze del padrone, muta e bellissima homunculus che viene presa a schiaffi senza un solo gemito, ripetutamente, dolorosamente. Il custode, un uomo incappucciato di nome Riccardo, pianifica di sfruttare il grembo materno di Fiona (una diciottenne!) per rinascere e quindi ottenere l’immortalità, con l’intento di renderla una madre rassegnata e pazza, indifferente al dolore del suo probabile destino – di cui ci parlano i finali angoscianti e le cutscene di quando le cose non vanno come vorremmo, di quando il game over ci sorprende. Lorenzo, il padrone del castello, i cui benevoli messaggi l’hanno guidata fino alla sua alcova e alla sua sedia a rotelle, ha la simile ossessione di diventare immortale e generare con lei un nuovo corpo per sé, a tutti gli effetti giustificando il suo rapimento con l’ossessione verso Fiona, sua unica possibilità perchè l’antico sangue alchimista dei Belli continui a splendere e prosperare, ma solo rimanendo “in famiglia”.
Resident Evil 2, Resident Evil 4
Parliamo anche di un esempio coerente e di uno opposto. Ada di Resident Evil 2 è l’espressione di questi due concetti in un solo personaggio: in Resident Evil 2, donna-oggetto come poche, fa invaghire il povero Leon Scott Kennedy al suo primo giorno di lavoro. Ada si trova quasi sempre in una situazione di pericolo da cui essere salvata, in situazione di inferiorità rispetto al giovane poliziotto che la cerca, sapendo benissimo della sua fragilità. In effetti è una “damsel in distress”, mai veramente pericolosa ma desiderata ardentemente, mai minaccia per quanto la pistola nelle sue mani sia puntata al protagonista effettivo della vicenda. In un finale segreto si cela perfino la cartolina emblema della sua fragilità, dove si cura le ferite in una misera stanza d’hotel con sguardo triste – evidente riferimento agli eventi che la vedono evitare la morte per il rotto della cuffia.
Da emblema della resilienza e della mercificazione sotto mentite spoglie passa a donna di ferro in Resident Evil 4, facendo comunque cadere ai suoi piedi Leon, protagonista assoluto della scena stavolta, che vede comunque sotto il suo elegante vestito ed i tacchi vertiginosi l’oggetto dei suoi desideri, nascosto dietro mirabolanti acrobazie e azione. La Ada di Resident Evil 4 non è affatto una donna timida e cagionevole, ma è il ritratto di una forza naturale, che impedisce attivamente agli eventi di svolgersi secondo il naturale decorso deciso in partenza. Doppio, ma anche triplogiochista, ricatta e muove le pedine sulla scacchiera levandosi addirittura lo sfizio di uccidere il rivale di Leon, Krauser, dimostrando inaudite capacità contro le mutazioni da Bioweapon di quest’ultimo. In Resident Evil 4, ormai la donna timida riposa per lasciare posto a tutto ciò che è una mercificazione al contrario, in dimostrazione di un atto di estrema forza, di volontà ed estetica.
Conclusioni
In un mondo dove tutti volevano appropriarsi del suo corpo oggettificato, già allora sia Haunting Ground che Resident Evil 2 e 4 volevano farci capire che la sessualizzazione esisteva per darci un’idea della mercificazione di Fiona e Ada, che ogni gioco ha sfruttato a suo modo a livello di gameplay nell’impossibilità di contrattaccare e nell’unico tratto di poter riuscire a nascondersi in vari modi nel primo caso, e dietro un cambiamento irreversibile a distanza di un gioco nel secondo, da mite e ingannevole a pugno armato dietro il mistero de Le Plagas. Dietro le curve ed il vestitino da bambola assegnato in sorte a queste protagoniste fin dall’inizio, che i giochi descrivono come “troppo stretto in vita” più di una volta ambedue i casi, si nascondono le vulnerabili essenze di ragazze introverse e dame bisognose destinate a mille orrori.
In quanti altri videogiochi horror e da quante altre protagoniste dalle forme prepotenti abbiamo visto una cosa simile? Facciamoci due domande e diamoci due risponde sulla bellezza che nasconde sempre un motivo, dall’essere trattate come risorse e non persone, come spie e merci e non come giovani donne dai desideri profondi che vanno aldilà della maternità o della capacità di essere sfruttate come un frutto, nel loro intero, dalla polpa fino al seme.