L’articolo che state per leggere è stato redatto da un vecchio perennemente incazzato con evidenti turbe emotive. Contiene flop clamorosi, molte parolacce, avversione al Natale e spruzzatine di odio.
Da millenni a questa parte, la fine dell’anno è notoriamente riservata a cose diabetiche come buoni propositi, promesse affascinanti, bilanci rigorosamente ultra-positivi e menate varie. Qualcosa tipo “Da gennaio pronti via, abbonamento in palestra!” oppure “Oh, sai cosa, dal mese prossimo vado a fare un corso di spagnolo”. Fare gli addominali in Patagonia, evidentemente, dev’essere il nuovo trend del momento, ma non pensiate che nell’universo dei videogiochi la musica sia tanto diversa: i giochi più belli dell’anno, i capolavori del decennio, i titoli che vostra zia pelata non dovrebbe lasciarsi perdere prima che i botti di San Silvestro le esplodano in salotto e bla, bla, bla e ancora bla. Ogni anno, insomma, assieme alla combo-breaker Mariah Carey e Michael Bublé è tempo di classifiche bellissime di giochi bellissimi, di GOTY spumeggianti e di “Oh, l’anno prossimo escono ‘ste bombe e se non ve le pre-ordinate siete ‘na manica di stronzi”: tutte cose che nei prossimi giorni pubblicheremo anche noi eh, che ve pensate, ma non oggi. Oggi andremo controcorrente abbestia, propinandovi un mini-calendario dell’Avvento di porcherie giocherellose che boh, probabilmente non accetteremmo manco fossero in regalo col Panettone. Le delusioni più cocenti del 2019, quelle (per capirci) che quando ci pensate non sapete se ridere, piangere o tornare a drogarvi come si faceva ai bei tempi. Quindi sedetevi comodi, controllate la vostra collezione e scoprite assieme a voi quanto i vostri gusti facciano cagare. Ah, e buon Natale in anticipo.
5° Posto: Generation Zero
Quando pensiamo alla Svezia, tutti noi pensiamo statisticamente alla stessa cosa (e spoiler, se state pensando alle svenska köttbullar siete così tanto fuori strada che non ne avete idea). Ironia della sorte, tuttavia, così lontani dal polpettone non ci siamo andati parlando di Generation Zero, lo sparatutto con spruzzate di survival horror e una mezza vocazione cooperativa partorito dalle menti effervescenti di Avalanche Studio. E ammettiamolo, l’idea tutto sommato era caruccia: una Svezia anni ’80 schifosamente sci-fi, dei killer-robottazzi con fattezze animali perennemente incazzati, il tutto schiaffato dentro un sistema di gioco preso in prestito da Just Cause. “Bomba!“, avrete sicuramente detto un paio di mesi fa. “Ma che è sta merda?“, vi sarete poi chiesti grossomodo mezz’ora dopo aver caricato la vostra prima (e presumibilmente ultima) partita. Il motivo è presto detto: una serie di missioni pallosissime tutte fatte con lo stampino, un’Intelligenza Artificiale nemica ereditata nientepopodimeno che dal robot Emiglio e una componente multiplayer al limite del ridicolo (un esempio? Solo al giocatore che hosta vengono salvati i progressi). Ah, di survival c’è pure poco un cazzo. Non male, Avalanche…
4° Posto: Anthem
Parlar male di Anthem a Dicembre 2019 è un po’ come sparare a uno che caga sulla Croce Rossa. Uno, perché da febbraio ad oggi il pubblico ha detto le peggio cose su quella che doveva essere la Killer Application di casa Bioware; due, e ancora più importante, perché pure gli scellerati che hanno impiegato mezzo decennio a partorire sto coso, dopo averlo pubblicato, sono spariti dai social o da qualsivoglia canale di comunicazione (ufficiale e non) manco avessero Putin alle spalle con na tazzina di caffè al polonio. Inutile spendere troppe parole sull’Action Shared World RPG (qualche altra sigla no?) targato EA: gameplay noioso e derivativo, manco mezza ombra di qualcosa di vagamente memorabile, un copia e incolla scellerato di altri franchise arrivato ben oltre il tempo limite e, non bastasse, pure afflitto da na valanga di rogne. Insomma, che Bioware non fosse il paesino dei Teletubbies era cosa nota già da un pezzo: ma da qui a pestare una grandiosa merda ad ogni passo fatto, mai l’avremmo immaginato. Sarà per la prossima volta, tanto c’è già profumo di un nuovo Dragon Age nell’aria: basta che non sia come il secondo, quel profumo già lo conosciamo bene…
3° Posto: Crackdown 3
A me Terry Crews è sempre piaciuto un botto. L’ho adorato su I Mercenari, che sarà pure un film per disagiati sociali ma che risate, e ho adorato praticamente ogni sua stronzata regalata su Twitter/Instagram. Potrei quasi azzardarmi a dire che, se Terry Crews cantasse le canzoni di Tiziano Ferro, comprerei ogni singolo dannatissimo CD. Ciò nonostante, Crackdown 3 è una meravigliosa puttanata. Anzi, levate pure il “meravigliosa”: conosco gente che lo aspettava con la bava alla bocca già mezz’ora dopo aver concluso il secondo capitolo (che a me faceva ugualmente schifo, ma almeno in quel caso era per colpa mia) e che, nell’attesa del Big Third su Xbox One, è approdata ai sensuali lidi dell’andropausa. Per cosa, poi? Per un titolo graficamente imbarazzante, con un gameplay da far rivalutare il mai troppo lodato SchiacciaPollice (quello a cui noi maschietti giocavamo alle medie, per far vedere quanto fosse devastante il nostro arnese) e per un’esperienza complessiva che vabbè, meglio buttarla sul ridere che sennò finisce che ci si incazza pure. Dov’è l’universo che si devasta dinnanzi al nostro sguardo, anche solo ruttando di fronte allo schermo? Terry Crews, amico mio, questa non me la dovevi fare…
2° Posto: WWE 2K20
Quando ero bambino, la mia mamma mi ha insegnato a non prendere in giro le (poche) persone più sfortunate di me, sia perché era da maleducati, sia perché sai mai che una mattina ti svegli e di colpo sei più sfigato di loro. Ecco, nel caso di WWE 2K20 potreste anche avere tre occhi strabici, la dislessia di Jovanotti, tre chiappe o quello che vi pare, ma in ogni caso sareste comunque autorizzati a riempire di insulti l’ultimo aborto di Visual Concepts. Che a voler essere onesti potremmo spacciare anche per “simpatico”, vista la sequenze di pose assurde e contro le leggi della fisica che vi ritroverete su schermo ancora prima di stringere il pad tra le mani. Ma siccome – almeno al Day One – sempre 60 pagnotte dovevate sganciare per portarvi sta gloriosa vaccata a casa, quel pizzicorio frizzante al basso schiena tipico del sentirsi abbondantemente presi per il culo, tutto sommato, era ben più che legittimo. Al netto del fascino che eserciti su di vuoi uno squadrone di scimmioni pompati che si accarezzano e gemono come nei migliori film d’essai di Riccardo Schicchi, difficile consigliare un abominio del genere a chiunque dotato di un pollice opponibile. Se tecnologicamente fa sanguinare gli occhi, sul fronte del gameplay è un’autentica Frog Splash a bocca aperta in direzione Cloaca Massima. Però ci stanno le Divas, ci siamo già capiti…
1° Posto: Left Alive
Sarò onesto: quando stavo pensando ai cinque famigerati titoli da inserire in questa ridicola Flop 5, il gradino più alto del podio era già stato assegnato a priori ad uno degli esponenti più indiscussi dello schifo assoluto. A quiet man. Sarete d’accordo con noi nel definirlo una delle boiate peggio realizzate da qui ad una buona manciata d’anni: non fosse che è uscito a novembre dello scorso anno, quindi “Puppa!” e via a cercare l’alternativa. Ironia della sorte, manco a farlo apposta sempre tra le quattro pareti di casa Square Enix siamo finiti, con un titolo che, a ben vedere, se la batte in modo più che egregio nella categoria del disgusto giocabile. Vorremmo trovare delle parole idonee per descrivere Left Alive, ma per questo giro “una cagata pazzesca” dovrebbe rendere abbastanza bene l’idea. Uno stealth che ricorda Metal Gear solo dalla copertina, con un gameplay disarmante, una pochezza di contenuti che non vedevamo dai tempi dell’N-Gage e un comparto tecnico che vabbè, definire current gen è un po’ come andare a bestemmiare a casa del Vescovo. Non serve manco perdere due minuti nel raccontarvi l’universo fantapolitico che cerca di dare un senso a questo suicidio digitale (collegato, Dio ne abbia pietà, a quello del celebre Front Mission): semplicemente, qualsiasi alternativa autolesionistica vi venga in mente risulterebbe comunque più godibile della dozzina d’ore (minuto più. minuto meno) che per qualche assurda ragione voleste mai infliggervi. Avete qualcuno che vi sta tremendamente sul caz.. antipatico? Benissimo, ora sapete già cosa regalargli per Natale.
Ma fermi tutti, non è ancora finita.
Premio Soprammobile di dubbio gusto: Google Stadia
La console non console che, al lancio, aveva meno feature di quante ne fossero state annunciate (ed erano già poche), con una line-up di titoli al Day One da fare invidia a quella 2019 per Wii e, non ultimo, seconda in inutilità soltanto a quel gioiellino incompreso che è OUYA. Ok, non sarà propriamente un “titolo” come v’avevamo promesso in apertura, ma impossibile non riconoscere agli amici di Google questo bel premio sfavillante. Bella cagata, eh? Contando che, nel momento in cui vi scriviamo, ci sono una manciata di giochi (vecchi) che costano pure una buona decina d’euro in più della controparte PC, il dubbio d’essersi portati a casa un bidone dell’umido a pedali, per i possessori della Founder & co, sta diventando sempre più una mezza certezza. Che dite, questo è il futuro e noi non l’abbiamo ancora capito? Quella che sentita in lontananza, leggera leggera, è l’eco delle nostre grasse risate.