Ghostwire: Tokyo, penultima opera di Tango Gameworks, giunge dopo un anno di esclusiva temporale PlayStation 5 / PC anche sull’ecosistema Xbox, pronto a deliziare, grazie all’inserimento nel parco giochi rispondente al nome di Game Pass, gli utenti Microsoft, fino ad ora esclusi dalla fruizione di questo gioiellino.
Saranno dunque bastati dodici mesi ai ragazzi di Tango Gameworks per realizzare una conversione degna di questo nome o ci troviamo davanti all’ennesima versione raffazzonata e forzosamente riproposta solo per ragioni commerciali? Tra le due opzioni sopraccitate, sicuramente la prima. Ma procediamo con calma, ed addentriamoci in questa spettrale conversione, con la recensione di Ghostwire: Tokyo per Xbox Series X/S.
Una trama spettrale
Nei panni di Akito, un giovane centauro sbalzato via dalla sua moto in seguito ad un incidente mortale, ci troviamo ad essere posseduti da una entità estranea, rispondente al nome di KK che, in cerca di un corpo da utilizzare come suo burattino nel mondo, salva il nostro eroe – protagonista da morte sicura, evento che sarebbe stato, di certo, molto più facile da accettare di tutto ciò che sarebbe venuto, di li a poco.
Tokyo, nella fattispece il quartiere di Shibuya, si, proprio quello del famosissimo incrocio, visto in centinaia di film/anime ambientati nella capitale giapponese, è stato avvolta da una glaciale nebbia azzurra, capace di uccidere immediatamente tutti gli abitanti del quartiere, trascinando le anime fuori dai loro corpi.
Ed è proprio a questo punto che una misteriosa figura, sconosciuta a noi ma non al misterioso KK, giunge a rivendicare la responsabilità di questo atto, reclamando le anime degli abitanti di Tokyo ed asserendo, contestualmente, di volerle liberare dalla schiavitù della carne per erigere, nel futuro prossimo, un nuovo ordine mondiale.
Ed è in questo momento che Akito e KK decidono, apparentemente malvolentieri, di collaborare, al fine di scoprire cosa sta succedendo e trovare, contestualmente, una soluzione ai problemi che attanagliano tutti e due.
Vite diverse, stessi obiettivi
La susseguente corsa di Akito, ora posseduto da KK, al capezzale della sorella morente, motivo dell’imprudenza alla base dell’incidente automobilistico (unitamente alla comparsa della nebbia azzurra), ci porterà a scoprire come la stessa, braccata dal misterioso individuo mascherato di cui sopra, rappresenti il portale di collegamento tra due mondi, quello reale e quello etereo.
Il raggiungimento del capezzale altro non è che il deus ex machina che ci vedrà impegnati, da una parte a salvare Mari (questo il nome della sorella) dalle grinfie dell’entità demoniaca, rispondente al nome di Hannya, trovandoci contestualmente a dover sventare il folle piano di conquista del mondo, mediante assoggettazione delle anime di tutti i viventi.
Partirà da questo punto l’esplorazione di una Tokyo completamente deserta e alla mercé di queste entità demoniache, meglio conosciute come Visitatori, impegnate a prendere possesso delle anime di tutti gli abitanti, per nutrirsene e relegarle, contestualmente, ad una eternità di dannazione.
Questa esplorazione, che ci porterà a scontrarci con nemici sempre più forti, sarà possibile solo grazie ai poteri supernaturali di KK che, innestato nel corpo di Akito, riesce ad essere anche egli il punto di collegamento tra due dimensioni, riuscendo così ad interagire in ambedue le sopraccitate realtà.
Tokyo esplorabile da cima a fondo
I ragazzi di Tango Gameworks, autori dell’apprezzatissimo Hi-Fi Rush, ci buttano di sana pianta in una Tokyo surreale, completamente in balia degli spiriti, mera e flebile ombra della popolosa metropoli che tutti noi abbiamo imparato ad amare in anni di anime e manga. Il fascino della capitale giapponese rimane comunque invariato, per via di scelte di design azzeccatissime e, soprattutto, per un livello di narrazione collaterale che trasuda amore per il giappone da ogni pixel.
Shinji Mikami, al tempo in forze in Tango Gameworks, ci proietta in una città in cui ogni elemento ci parla del Giappone e della sua cultura: che si parli di cibo, tradizioni religiose, iconografia religiosa o pagana, ciascuno di questi elementi, presenti in forma giocabile in Ghostwire: Tokyo, ci addentra sempre più nei meandri della società giapponese. Il tutto, poi, è coadiuvato e completato da una realizzazione allo stato dell’arte della zona di Shibuya, che fa bella presenza di se, grazie alla moltitudine di neon che la hanno resa famosa in tutto il mondo, neon che brillano di luce propria nella modalità ray-tracing.
Il level design, inoltre, dona profondità ad una mappa orizzontalmente abbastanza limitata andando, di fatto, a sopperire ad uno dei maggiori limiti di questa produzione. Esplorare Tokyo, dai bassifondi fino ai grattacieli più alti, ci regala scorci di pura poesia grafica sostenuti, ovviamente, da un gameplay di primissimo ordine e da una storia che, pur tardando ad ingranare, riesce a generare dipendenza e voglia di continuare nell’esplorazione, noncuranti del tempo passato.
Il gameplay, un mix tra esplorazione e action
Se, come detto sopra, l’esplorazione ambientale svolge un ruolo cardine all’interno dell’economia di gioco di Ghostwire: Tokyo, pari importanza riveste la vena action del free roaming made in Tango Gameworks. Esplorando i vari anfratti di una Tokyo deserta e desolata, ci imbatteremo sovente in visitatori da un’altra dimensione, la cui principale preoccupazione, manco a dirlo, sarà eliminare la nostra presenza da questo piano dell’esistenza.
Grazie ai poteri fornitici dalla possessione operata su di noi da KK, potremo interfacciarci con questi visitatori, disponendo di un comparto bellico sovrannaturale di primissimo livello, inizialmente limitato ma espandibile, in seguito, grazie a poteri afferenti alle sfere dell’acqua, dell’aria e del fuoco. Con questo arsenale, e grazie all’ausilio di archi e scritture magiche, potremo improntare un confronto dalla distanza con i visitatori, riuscendo a combattere, il più delle volte, ad armi pari.
Incedere nelle uccisioni, e nella risoluzione di enigmi contestuali, ci permetterà di guadagnare punti esperienza, spendibili, ad ogni passaggio di livello, per migliorare caratteristiche personali o per potenziare sottocategorie dei vari attacchi disponibili.
Non solo azione ma anche stealth o strategia: potremo infatti decidere di giungere di soppiatto dietro un visitatore ed effettuare una “silent kill” o, parimenti, potremo interagire con elementi sovrannaturali presenti, a mo di cortocircuito tra le due dimensioni, per scatenare esplosioni che sposteranno l’asticella del combattimento nella nostra direzione. Esplorando il mondo di gioco, inoltre, ci troveremo a dover progredire nella mappa “purificando” i Torii, ovvero portali che garantiscono accesso a templi giapponesi.
La purificazione di questi Torii ci permetterà di estendere la superficie della mappa esplorabile, rimuovendo gradualmente la nebbia azzurra e liberando le anime rimaste bloccate in quella zona. Starà dunque a noi raccoglierle, mediante appositi talismani per poi “rilasciarle” nell’etere mediante cabine telefoniche dedicate.
Folklore e spiritualità si incrociano fondando la lore di Ghostwire: Tokyo
Non solo combattimenti ed esplorazione contribuiscono a fondare la lore di Ghostwire: Tokyo. Mai come in questo prodotto, le missioni secondarie assurgono a metanarrazione, espandendo, completando e rendendo comprensibile ciò che succede nel mondo di gioco.
La sopraccitata purificazione ci permetterà, infatti, tanto di recuperare anime vacanti che, prima di essere assorbite, lanceranno sibillini messaggi su quanto loro successo, quanto di incontrare spiriti bloccati tra le due dimensioni a causa di eventi traumatici che impediscono loro di volar via e trovare una pace eterna. Prendersi carico di queste missioni secondarie ci permetterà di risolvere, volta dopo volta, i misteri nascosti nella mappa di gioco e, contestualmente, di aggiungere profondità ad una lore mano a mano più radicata nella tradizione folkloristica nipponica.
Sovente capiterà di imbattersi in figure mitologiche giapponesi e di avere a che fare con loro, amichevolmente o (molto più spesso) meno, andando a creare un sostrato narrativo che sarà motivo primo della crescente fascinazione nei confronti della produzione Tango Gameworks, prodotto che si rivelerà, atto dopo atto, narrazione intratematica, arrivando ad essere uno strumento di critica sociale nei confronti della ovattata e pseudo-perfetta società giapponese.
Come va la versione Xbox Series X/S?
La versione Xbox giunge su Game Pass ben dodici mesi dopo l’uscita di Ghostwire: Tokyo su PlayStation 5 e PC, per via di una politica di esclusiva temporale stipulata da Bethesda con Sony, ben prima della acquisizione da parte di Microsoft.
L’arrivo su console Xbox di Ghostwire: Tokyo avviene portando al nostro cospetto una versione in bundle con il dlc “Il filo del ragno“, che verrà rilasciato gratuitamente anche per i possessori delle versione PlayStation 5 e PC.
La versione da noi messa sotto stress presenta le medesime opzioni grafiche presenti su quella PS5: oltre alle canoniche modalità Qualità e Prestazioni, la prima volente il frame rate fissato a 30fps con Ray Tracing attivato e la seconda 60fps senza ray-tracing, notiamo la presenza di ben altre quattro modalità grafiche, Qualità HFR (high frame rate), Prestazioni HFR, Qualità HFR V-Sync e Prestazioni HFR V-Sync.
Le prime due, contemplando qualche modifica grafica, permettono di sbloccare il limitatore di FPS in presenza di schermi compatibili con il Variable Refresh Rate, le altre due, inoltre, abiliteranno la sincronia verticale per ridurre fenomeni di tearing, sempre in presenza, però, di schermi compatibili con il VRR.
Mentre non ho riscontrato alcun problema con la modalità prestazioni, il frame rate è sceso più di qualche volta sotto i canonici 30fps nella modalità qualità, rimanendo ancorato a questa soglia solo abilitando la modalità HFR (o HFR V-Sync) ma andando a sacrificare più di qualche dettaglio grafico. Tra le due, vista anche la dinamicità del gameplay, ho preferito utilizzare la modalità prestazioni, sacrificando qualche dettaglio grafico in favore di un frame rate più elevato e, soprattutto, stabile.
La recensione in breve
Ghostwire: Tokyo giunge su Xbox in una versione sostanzialmente identica a quella per PlayStation 5, permettendo dunque anche agli utenti Microsoft di godere di questa piccola grande gemma made in Tango Gameworks.
Se amate il Giappone, Ghostwire Tokyo è un must play: la sua capacità di creare dipendenza è più unica che rara.
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Voto Game-Experience