Nel corso degli anni Sucker Punch ha saputo confermarsi come uno degli studi fissi nell’orbita degli sviluppatori interni a Sony, eppure tale risultato è stato conseguito senza che le loro produzioni fossero mai associate ad idee rivoluzionarie o aspetti particolarmente di moda. La capacità di produrre titoli concreti e convincenti li ha confermati come una certezza di solidità, persino quando si alternavano tra tipologie ludiche e ambientazioni molto diverse tra loro. E con Ghost of Tsushima sono tornati per ribadirlo: vi spieghiamo perché nella nostra recensione.
I Sette Samurai
L’avventura inizia nel Giappone feudale, prendendo spunto da fatti storici per presentare una storia di samurai tanto intinta nei canoni di questo tipo di narrativa, quanto inconsueta. Il samurai Jin Sakai fa parte di un casato importante e come tale vive secondo i precetti del Bushido, per essere all’altezza del grande nome che porta. Tuttavia durante l’invasione dei Mongoli dell’arcipelago Giapponese, la sua sconfitta in battaglia lo spinge a rivalutare la sua dedizione al codice del guerriero. Gli invasori sono tanti e forti, mentre lui è rimasto solo, l’ultimo samurai nella sua regione. La sua unica speranza per salvare la popolazione dell’isola di Tsushima è abbracciare le tecniche dei ninja, diventando un guerriero considerato disonorevole. La narrativa di Ghost of Tsushima è un grande omaggio al cinema storico giapponese firmato Akira Kurosawa, che narra le gesta di samurai e regnanti, poveri e briganti. Un genere cinematografico che ha tratteggiato l’equivalente nipponico dell’epica cavalleresca europea, ma da cui si distanzia nel modo di raccontarla. Da questo punto bisogna riconoscere lo sforzo di Sucker Punch per aderire anche ai toni narrativi di un linguaggio cinematografico che non potrebbe essere più distante da quello americano. Inutile, oltre che sbagliato, fare un paragone con altre esclusive recenti di Playstation, che puntano su di una vicenda drammatica volta a smuovere delle emozioni nel giocatore a colpi di strattoni emotivi e calci al cuore. La narrazione di Ghost of Tsushima è sobria, dotata di un fascino elegante, il suo scenario è imperniato di una calma flemmatica che riflette le sensazioni delle dottrine asiatiche di pace e serenità. Nella pausa tra una battaglia e l’altra il gioco invita quasi a concedersi qualche attimo per contemplare l’ambientazione, creata per essere più pittoresca rispetto la media degli open world.
Tale condizione funge però solo da cornice per vicende cruente dove sangue e spada si intrecciano, regolati da un modo di interpretare determinati concetti secondo gli stilemi tipici di questo cinema di genere. La narrazione non si distacca dalla componente interattiva in fasi troppo separate. Sono sì presenti sequenze cinematografiche, tuttavia all’interno del gioco il racconto e la componente ludica sono incastrati in modo perfetto per intrattenere e mantenere alta la soglia di attenzione, senza però relegare in secondo piano la giocabilità. Questa formula può convincere persino chi non sopporta i titoli troppo narrativi per via dei loro tempi morti di scarsa interazione, rendendo l’idea di “gioco cinematografico” ben implementata in questo caso.
Il trono di Sangue
Come tocco di classe per celebrare ulteriormente le pellicole a cui si ispira, Ghost of Tsushima permette di attivare il doppiaggio in giapponese e anche un filtro in bianco e nero, con relativi effetti che simulano le sgranature della celluloide, per amplificare ancora di più l’idea di assistere ad una storia del succitato cineasta nipponico. La guerra di Jin Sakai lo porta ad accantonare la sua ferrea obbedienza al bushido, accettando di vivere secondo regole ad esso estranee. Il suo conflitto è vissuto dividendosi tra duelli onorevoli faccia a faccia e uccisioni furtive di spalle, rappresentando un nuovo modo di declinare una tematica cardine delle produzioni di Sucker Punch: ovvero la vita umana come perennemente in bilico tra luce e ombra, tra lato chiaro e lato oscuro. La separazione netta qui però non riguarda i concetti di bene e male (così come avviene nella saga di Infamous), quanto quelli di onore e disonore, due estremi opposti che comportano dei conflitti morali tanto estranei per la mentalità occidentale, quanto strazianti per la figura del samurai. E’ bene ricordare infatti che nella tradizione nipponica, il seppuku, il suicidio rituale, consisteva nel rinunciare alla vita per salvaguardare il proprio onore e quello della propria comunità, tanto per chiarire quanto sia importante tale concetto dato il contesto.
Kagemusha – l’ombra del guerriero
Questa dicotomia si traduce anche nella giocabilità, permettendo di applicare, pad alla mano, le due differenti filosofie, operando come samurai o come ninja. Il primo ha a disposizione diverse posture di scherma, ciascuna più efficace contro una determinata tipologia di nemico, il secondo tecniche stealth e accessori come bombe fumogene e pugnali kunai da lancio. In alternativa si può usare l’arco, per gli attacchi a distanza ma anche per imbastire alcune manovre, come spaccare delle lanterne per appiccare incendi o rompere nidi di vespe situati vicino un gruppo di nemici.
Per le abilità sono disponibili parecchie voci, andando a creare un ventaglio generale di opzioni ricco e variegato, per cui si lascia molto spazio alla personalizzazione dello stile di gioco. Il sistema di combattimento è fluido, permettendo di attaccare, schivare e spostarsi da un nemico all’altro con una semplice direzione della levetta analogica a senza bisogno di farraginosi pulsanti che aggancino e spostino il bersaglio di volta in volta, con conseguenti ritardi nell’esecuzione della mossa desiderata.
Le mosse con la katana implementano i classici fendenti leggeri e pesanti, gli affondi, così come gli spezzaguardia, le parate e le contromosse (parry) con cui deviare colpi e contrattaccare. L’insieme è amalgamato piuttosto bene e pur senza raggiungere un particolare tecnicismo, risulta scorrevole e adatto a questa tipologia di gioco, lasciando persino emergere qualche lieve somiglianza con Onimusha e Bushido Blade, di cui qui si intravedono piccole schegge (rispettivamente nelle battaglie di gruppo e in quelle contro i boss) prese come spunto e reinterpretate in chiave moderna.
Il comparto stealth è generalmente meno permeante, per quanto presente. Ghost of Tsushima, rimane pur sempre un action-stealth e anche nel declinare questa componente non arriva mai a farlo con la profondità di uno stealth puro, lasciando tale aspetto più come una alternativa semplificata per diversificare la giocabilità. Tuttavia l’approccio furtivo risulta sufficientemente consistente da evitare la ripetitività e da rendere il suo utilizzo una parte fondamentale del gioco. Alcune idee inoltre sono particolarmente stuzzicanti, come la meccanica del terrore, in grado di infliggere uno status negativo agli altri nemici qualora si usino mosse devastanti su alcuni di loro oppure il sistema di ripristino dell’energia, per cui Jin può curarsi non in modo automatico o procurandosi oggetti, ma acquisendo ricariche in base alle uccisioni che compie negli scontri.
La sfida del samurai
Le missioni secondarie contribuiscono in modo perfetto ad esplorare l”ambientazione, facendo visitare luoghi ben rappresentativi di storia, cultura e folklore, offrendo uno spunto estetico, ma non solo, per dedicarsi alle attività di contorno. Il team di Sucker Punch hanno inteso bene quanto sia necessario evitare la pretestuosità nel momento in cui si assegna al giocatore una missione opzionale, facendo sì che al loro completamento vengano assegnate cose tangibili e con caratteristiche ben definite, che diano un incentivo e una ricompensa che valga lo sforzo. Ad esempio, le terme aumenteranno la barra della resistenza di Jin, mentre i templi forniranno equipaggiamenti utili, trovare le poesie haiku nuovi elementi decorativi e via dicendo. Come non bastasse molti compiti assegnati dai PNG presentano a loro volta una mini storia, aggiungendo un substrato narrativo anche ad attività che in altri giochi non si basano su niente altro che un banale pretesto. In particolare sono apprezzabili i capitoli dedicati ai comprimari, che compongono un racconto di più ampia grandezza qualora vengano completati tutti quanti. I pezzi stessi di equipaggiamento inoltre hanno caratteristiche grafiche molto curate per riprodurre in modo fedele abiti e armature, ma anche bonus che ne rendano utile l’ottenimento, come fornire potenziamenti o facilitando il reperimento di altri oggetti (implementando benissimo la vibrazione del pad). Le alternative per migliorare il proprio arsenale offensivo e difensivo coinvolgono metodi ormai rodati, come raccogliere risorse e barattarle da mercanti e fabbri. L’insieme generale però è quello di non rendere mai fine a sè stesso un elemento, dandogli una connotazione sia sul piano pratico che su quello estetico e narrativo, risultando più curato di molti open world nel gestire ricompense e compiti assegnati.
Rashomon
Graficamente la produzione sfoggia un livello qualitativo decisamente buono. Trattandosi di un titolo open world, è impossibile raggiungere le vette toccate da altri concorrenti di fine generazione, in quanto gli altri sono più lineari e circoscritti come estensione dell’area di gioco. Tuttavia, proprio in relazione a questa tipologia, l’opera di Sucker Punch riesce a proporre ambienti ricchissimi di dettagli, con effetti ambientali, numerosi elementi di contorno, arricchiti da una tavolozza cromatiche superba, creando un insieme degno di una cartolina, che si può trovare praticamente ad ogni angolo della mappa. Raramente la modalità Foto ritorna utile quanto in questo caso, data l’elevato sforzo profuso nella direzione artistica per rendere suggestiva l’isola di Tsushima. I modelli poligonali e le animazioni facciali dei personaggi sono forse il punto dove si fatica di più a trovare un’eccellenza, tuttavia rientra tra quei difetti accettabili quando si parla di un titolo di queste dimensioni. Il comparto audio invece offre delle tracce di grande effetto immersivo, utilizzando strumenti anch’essi selezionati dalla tradizione orientale, come flauti, tamburi e particolari strumenti a corda, per rafforzare le peculiarità dell’ambientazione storica.
In merito alle critiche circa al suo essere “derivativo”, si può dire in difesa di Ghost of Tsushima che si tratta di un gioco concreto, che non cerca di stupire con effetti speciali, ma di convincere con la sua solidità. Il gioco rappresenta la svolta ideale che avrebbe dovuto prendere Assassin’s Creed nel suo passaggio all’open world dopo Syndicate: un action-stealth che amalgama queste due componenti, rafforzando la profondità del sistema di combattimento e dando un ruolo minore, ma comunque concreto, alle meccaniche stealth. Il tutto affiancato da una narrativa coerente e da un comparto di missioni secondarie e collezionabili stimolanti e mai pretestuosi o inseriti al solo fine di fare da riempitivo. Nel lavoro di Sucker Punch si riscontra un’ identità definita nelle meccaniche di gioco, il sistema di combattimento è strutturato in modo efficace per non risultare troppo automatizzato o scriptato. La sfida non è mai banale, e ogni stile di combattimento ha una rifinitura ludica precisa, venendo valorizzato in modo particolare qualora si giochi a livello Difficile. Forse il difetto che ha in comune con il collega Horizon:Zero Dawn (o altri titoli come Shadow of the Beast) è quello di non mostrare al meglio ciò che ha da offrire il suo comparto ludico qualora lo si affronti a difficoltà Normale. Questo grado è forse tarato sul basso, per paura di non risultare accessibile, ma ciò lo porta a non mettere bene in evidenza l’utilità di molte armi e tecniche. La longevità della campagna si assesta sulla 20 ore circa, tuttavia volendo esplorare approfonditamente l’area e dedicarsi a tutte le attività collaterali, si arriva facilmente ad una durata di circa 40 ore, ponendosi perfettamente in linea con i canoni di produzioni di questo tipo.
La recensione in breve
Ghost of Tsushima è action-stealth che ha saputo traghettare bene questa formula in un impianto open world, diventando un pò quell'Assassin's Creed ambientato nel Giappone feudale che molti hanno chiesto per anni, ma che non è mai arrivato. La sua narrativa è sobria ed elegante e il suo sistema di combattimento ricco di opzioni e ben progettato. In aggiunta l'ambientazione e la formula open world poggiano su di uno scenario costruito in modo suggestivo e gradevole da esplorare, anche grazie ad un sistema di oggetti e missioni secondarie costruito sapientemente per essere stimolante e non pretestuoso.
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Voto Game-Experience