Li ricordavamo con il motto “rubare ai ricchi per dare ai poveri”, con il fischiettio del cantastorie della Disney e in tv con le note della canzone di Cristina d’Avena. I famigerati ladri della foresta di Sherwood tornano in azione in Gangs of Sherwood, una riproposizione della storia in chiave retro-steampunk. Nacon e Appeal Studios tentano la strada del reboot della leggenda, prendendo in prestito tutti i suoi personaggi chiave e lanciarli in un gameplay che viaggia al ritmo dell’hack ‘n’ slash selvaggio. La trama, per quanto innovativa, non spicca mai per personalità e carattere. La scena, infatti, viene rubata dal solo gameplay. Senza perdersi in ulteriori chiacchere, vi lasciamo alla nostra recensione di Gangs of Sherwood.
La storia: una leggenda reinventata
La leggenda di Robin Hood e dei fidi compagni Marion, Little John e Fra Tuck, è forse una tra le più “usurate”, se consideriamo il fronte cinematografico e filmico in genere. Quello videoludico, invece, al netto della recente esperienza di Hood Outlaws and Legends, si dimostrava ancora fertile sotto il profilo delle possibili novità da accogliere. Nacon ed Appeal Studio tentano la strada della crudezza del genere SteamPunk, con una versione di Nottigham retro-futuristica. Soldati metà umani e metà macchine, uno sceriffo crudele e spietato, una fonte di energia (il Lionheart) che sembra far miracoli ed un popolo oppresso e sfinito da una oscura e asfissiante tirannia.
In questo “idilliaco” quadretto la banda dei famigerati ladri – che “mena” i ricchi per dare ai poveri – dovrà rovesciare le sorti del regno del terrore edificato dal malvagio Sceriffo di Nottingham. I 4 personaggi saranno impegnati in 9 livelli (organizzati per sub-stage) in cui l’unico obbiettivo sembra essere quello di far bella figura a suon di combo e punteggio stile. La storia finisce subito con il diventare un mero pretesto per “colorare” le numerose sessioni scandite al ritmo dei colpi di hack’n slash. I personaggi di contesto sembrano delle mere pedine posizionate in vari punti della mappa, alcuni con il compito di rilasciare qualche pseudo incarico secondario.
Le premesse per tirar fuori una storia originale c’erano tutte, e non vi nascondiamo che, a tratti, la narrazione presenta dei momenti interessanti. Purtroppo sono solo “momenti”, con la scena che viene completamente rubata dal turbinio di “legnate” richiamato, a gran voce, dagli scagnozzi dello Sceriffo. Farli aspettare non è sinonimo di buona educazione. Menzione speciale per la localizzazione in italiano, con la traduzione di tutte le linee di dialogo e dei numerosi elementi che compongono l’interfaccia giocatore.
Il Gameplay: hack’n slash che passione
Come già anticipato pocanzi, il fulcro dell’esperienza di Gangs of Sherwood è insito nel gameplay. La scelta degli sviluppatori è stata quella di puntare fortissimo sulla componente hack’n slash, strizzando l’occhio ad un mostro sacro conosciuto con il nome di Devil May Cry. Andando molto (ma molto) cauti con i paragoni, le sessioni di combattimento si svolgono all’interno di simil-arene perimetrate da muri invisibili. Quando si passa dalla fase esplorativo a quella in cui viene richiesto un nostro intervento “energico”, le performance vengono valutate dal numero di combo e dal voto (in una scala che va da “S” a “D”).
Parlare di “stylish action”, per quanto la volontà di Appeal Studios sia da apprezzare, non ci sembra il caso. Le animazioni giungono subito ripetitive nei movimenti, e prima di sbloccare delle nuove combo occorre del tempo. Ogni personaggio è dotato di un set di mosse che alterna colpi normali a colpi forti, con la previsione dell’attacco “caricato” a seguito di pressione prolungata del voluto tasto. Il gameplay connesso ai 4 della gang di Sherwood ad onor del vero si presenta diverso e molto personalizzato, il che aiuta molto in ottica progressione in quanto si è “oltremodo” obbligati a procedere ad uno switch periodico del personaggio.
Gangs of Sherwood offre altresì un timidissimo accenno di RPG. La progressione dell’eroe prevede, infatti, uno sblocco delle abilità previo pagamento di somme di denaro (erogato a margine delle nostre performance e/o reperibile in lungo e in largo nella mappa di gioco). Queste ultime non sono che nuove mosse da performare nel corso della battaglia, utili a garantire un numero di combo idoneo a strappare una valutazione tendente alla famosa “S”. Anche le mod, che vanno ad agire direttamente sulle nostre capacità offensive e difensive, aiutano a far respirare una bella ventata di “ruolismo”.
Singolo e multigiocatore: le due facce del divertimento
Le considerazioni poste in essere sino a questo momento vanno parametrate al modo in cui si decide di vivere la propria esperienza in Gangs of Sherwood. Il gioco, infatti, mette a disposizione due modalità di gioco, in singolo e in multigiocatore online. Se è vero che la storia lascia a desiderare sotto il profilo dell’engagement, il gameplay nasconde una doppia identità. È possibile mai che il gioco cambi completamente il suo volto una volta che l’esperienza esce dai confini dell’intimità?
La risposta è sì, assolutamente. Concedeteci, ovviamente, il beneficio del dubbio prima di urlare allo scandalo. Come vi abbiamo anticipato prima, Appeal Studios ha impiegato – e dispiegato – tutto quella che aveva per partorire un gameplay tale da assicurare un buon tasso di divertimento ed una capacità attrattiva in grado di autorigenerarsi. Giocando da soli, ineserobilmente, finiamo per “cantarcela” e “suonarcela” con l’ausilio dei bot. L’unica ancora di salvezza arriva dal selettore della difficoltà, che va ad agire sul livello di cattiveria dei NPC avversari. Ma non vi aspettate nulla di eclatante, visto che i loro pattern di attacco sono (mal) scriptati.
Spostandoci sul comparto multigiocatore, il focus subisce uno spostamento ed alcune criticità, in un certo senso, passano “in cavalleria”. L’ago della bilancia del divertimento, quando si gioca assieme a qualcun altro, è insito nella possibilità di contribuire (tutti) al raggiungimento del numero più alto di combo. Il contatore non è più personale ma di squadra, con i ringraziamenti al motto de “l’unione fa la forza” (“tutti per uno ed uno per tutti” rischiava di portare tutti fuori strada). Ed ecco che quell’apatia da prematura ripetitività lascia al posto ad un coordinamento di squadra finalizzato al migliore voto di fine stage, con cuffia e microfono che giocano un ruolo fondamentale.
Gangs of Sherwood ha saputo stupirci, passando da un eccesso ad un altro una volta usciti dai confini di casa. Non si può costringere nessuno nel farlo, anche perché il gioco non richiede una connessione attiva per essere fruibile e questo la dice lunga sull’importanza riservata, dagli sviluppatori, circa la condivisione dell’esperienza. Una mera e semplice modalità. Peccato che questa “semplice” modalità” è quella che salva la baracca. Della serie, punti di (s)vista.
VERSIONE TESTATA: Playstation 5
La recensione in breve
La doppia identità di Gangs of Sherwood non ci ha convinti del tutto. Per quanto le premesse non sembravano poi così male, la trama e i personaggi di contesto si sono presentati effimeri e privi di una presenza tangibile. La scena viene rubata dalla matrice hack 'n' slash del gameplay che, in singolo, riesce a coinvolgere senza avere quella capacità di rinnovarsi, e in multigiocatore riacquista una nuova linfa sino a divertire in maniera spensierata.
-
Voto Game-eXperience