Nonostante l’hype che ogni Final Fantasy si porta dietro e il grande amore dei fan, questo quindicesimo capitolo ha creato qualche perplessità per via di una struttura che sembra scaturita dai continui cambi di direzione. Partendo dal Versus XIII ideato da Tetsuya Nomura dieci anni fa, divenuto poi il XV che Hajime Tabata ha dovuto frettolosamente concludere come ordinato dai vertici della compagnia, lo sviluppo è stato un viaggio lungo e travagliato, di cui si avvertono i segni in più parti. Quindi cosa non ha funzionato e perchè? L’articolo contiene anticipazioni sulla trama.
Il dramma e la narrazione ai tempi dei social-network
Il titolo cerca di vendersi ad un pubblico di giovanissimi e per farlo punta tanto su di una tematica che oggi è di tendenza: l’amicizia. In un’epoca in cui i social-network definiscono come “amicizie” la semplice connessione tra due utenti in un elenco di contatti, in cui più che vivere il rapporto tra persone, è prioritario sfoggiarlo in rete a suon di fotografie e autoscatti per far vedere al mondo quanto si è amici, quanto ci si diverte e quanto si è popolari. Pertanto il gruppo di eroi sembra impostato su 4 coetanei, non tanto per citare i 4 eroi della luce tipici dei primi capitoli (i quali erano però avevano anche donne e adulti al loro interno), quanto per creare un nucleo di amici affiatati in cui l’adolescente tipico possa riconoscersi, senza il rischio di figure che suggeriscano rapporti o caratteri di altro tipo. La composizione del party quindi non si fonda su figure sfaccettate e diverse tra loro (vedi FF 7 o 9, su tutti), quanto sulla ricerca di omologazione con il pubblico di riferimento.
Prompto fotografa tutti in continuazione e a fine giornata al giocatore vengono mostrate istantanee e scatti dei protagonisti molto spesso in posa sorridente, in modo da creare un diario di viaggio condivisibile al di fuori del gioco, tramite PSN e Xlive, per mostrare ai propri contatti nella vita vera uno scorcio delle nostre avventure e delle amicizie virtuali che stanno vivendo i nostri avatar. Una funzione che si attiva in automatico, ribadendo come questo sia per gli sviluppatori un aspetto importante e studiato a tavolino per cercare di coinvolgere il pubblico.
Ciò però finisce per creare un contrasto con la trama che il gioco vuole raccontare. Perché un principe il cui padre è stato appena assassinato (e la sua fidanzata lo sarà pure, a breve), che vede il suo regno messo a ferro e fuoco da un esercito nemico e il cui mondo rischia di essere travolto da minacce sempre più grandi, dovrebbe essere dell’umore di divertirsi, ridere e prestarsi a così tante foto come se fosse in vacanza? Questa è un’avventura divertente per il giocatore, ma per l’eroe è forse il momento più drammatico della sua vita, un periodo di enormi difficoltà, una ricerca disperata di un modo per salvare il regno attraverso missioni dure e logoranti, in cui è verosimile aspettarsi contrizione e concentrazione, piuttosto che spensieratezza e risate. Gli sviluppatori in questo caso producono una dissociazione tra ambientazione e meccaniche, inserendo una trovata utile a rendere il prodotto più attraente per il pubblico odierno, anche se ciò significa creare una frattura nei toni narrativi. Solo nel finale, con la scelta della foto-ricordo, questa soluzione genera una parentesi commovente, ma a che prezzo? Noctis piange e trasuda dramma nelle sequenze legate alla storia per poi apparire allegro e sorridente con gli amici la sera mentre campeggia. Gli amici sono quelli che ti fanno ridere quando hai preso un brutto voto o la ragazza ti ha lasciato, è vero, ma qui parliamo di padri uccisi, fidanzate accoltellate e mondi minacciati da demoni dell’oscurità.
“Non vogliamo vecchi e ragazze in mezzo ai piedi, sono noiosi mentre noi vogliamo divertirci”
Puntare sul gimmick “siamo un gruppo di amici e ci divertiamo un sacco stando insieme” inoltre allontana forzatamente e contro ogni logica dei personaggi molto interessanti, che sarebbe stato lecito aspettarsi come membri del party, relegandoli invece a comparse per ruoli secondari anzichè valorizzarli. Su tutti Cor Leonis e Lunafreya, ma anche Ravus o Aranea. Il primo è il generale delle forze armate del regno di Lucis; alla morte di Re Regis dovrebbe seguire e appoggiare il sovrano erede Noctis in ogni momento, per difenderlo e aiutarlo ad organizzare la contro-offensiva all’impero di Nifhleim. Tuttavia Cor ha un’ età incompatibile con i giovani eroi, superiore alla quarantina d’anni, è un uomo duro, temprato dalla guerra e molto serio e compassato. Come si integra un individuo del genere in una simile cricca? Parliamo di un elemento esterno che stonerebbe nei momenti di cameratismo gioviale e caciarone. Cor abbandona la banda con la scusa di dover aiutare dei cacciatori a ripulire la regione dai mostri, intanto il suo sovrano è in esilio, rischia la vita per riprendersi il trono e avrebbe bisogno di tutto l’aiuto possibile. Ma il clima da “4 amici in viaggio” pare essere prioritario.
La principessa Lunafreya invece sappiamo essere l’oracolo che ha la capacità di comunicare con le divinità, intercedere presso di loro perché esse stringano un’alleanza con il Re e gli garantiscano l’appoggio nella guerra contro l’oscurità. Una figura determinante, legata a doppio filo al protagonista, che potrebbe e dovrebbe seguirlo nel viaggio, tuttavia anche Lunafreya non sembra poter entrare nel party come personaggio attivo. La ritroviamo ad Altissia quando viene assassinata da Ardyn, in una sequenza che vorrebbe ricordare la morte di Aeris in FF7, ma non ne eguaglia la potenza. Questo evento era stato uno dei momenti più drammatici della storia di Final Fantasy perché la fioraia aveva seguito Cloud e compagni, aveva combattuto a lungo con loro e aveva costruito il suo abbozzo di relazione sentimentale tramite la sua presenza. Lunafreya invece compare solo in alcune sequenze filmate, comunica con Noctis per via epistolare e viene presentata come il suo grande amore nonostante sia più volte ribadito che i due sono stati amici quando erano bambini, senza poi più incontrarsi da almeno una decina di anni. L’introduzione di Cor, Luna, Aranea e Revus inoltre sarebbe stata utile per aggiungere classi nuove e stili di combattimento extra (White-Mage, Black Knight, per esempio) e dare il cambio a Ignis, rafforzandone il sacrificio eroico.
Meccaniche inconsistenti
La svolta action inoltre ha completamente rimosso l’aspetto strategico e ragionato tipico delle battaglie di FF. Al suo posto un ritmo serratissimo, fatto per rendere il tutto estremamente lineare e semplificato per il giocatore anche tramite frequenti Quick-time-event (sia negli scontri normali che contro gli astrali).
Nonostante l’interessante gestione delle magie attraverso la fusione di elementi e oggetti, oppure la scelta delle armi per tratti specifici più efficaci a seconda del nemico, ben poco di questo risulta determinante nella risoluzione dei combattimenti. Un livello di difficoltà troppo basso, senza una sfida paragonabile a quella passata, con il game-over reso impossibile da un numero di aiuti e scappatoie senza precedenti nella storia dei J-rpg.
I comprimari sono manovrati dall’intelligenza artificiale senza dare praticamente possibilità all’utente di intervenire, salvo ordinare saltuariamente una limit-break. Lo stesso FF12 aveva mostrato una formula più equilibrata con cui gestire il party tramite il Gambit System, con cui i personaggi controllati dalla cpu potevano essere sia lasciati interamente in automatico (per i principianti), sia guidati con direttive chiave (come “resta in difensiva”, “proteggi chi ha pochi punti ferita”, “attacca sempre”, etc., per gli esperti) per imbastire molteplici sinergie.
Qui invece tutto punta a dare meno voci possibili da tenere sotto controllo, mantenendo l’insieme pilotato e automatico, un’esperienza accessibile anche per il più distratto e svogliato dei giocatori, ma al prezzo di appiattire la profondità con cui si è abituati ad intendere la serie. Questa scelta sicuramente non è all’insegna dell’innovazione quanto per sdoganare FFxv anche a chi non ha mai voluto giocare un J-rpg per paura di meccaniche strategiche e complesse, per vendere più copie, ma annacquando uno degli aspetti cardine dell’intera saga.
La struttura a turni, nonostante possa non piacere ad alcuni, non è sinonimo di meccaniche vecchie, ma è semplicemente un genere, un modo di gestire l’aspetto tattico in un RPG. Un pò come gli strategici a turni o in tempo reale, come Fire Emblem e Starcraft. Nessuno dei due è “vecchio” o “nuovo”, quanto espressione di un modo diverso di giocare, entrambi attualissimi e funzionali ad una specifica giocabilità.
Ma anche preferendo l’impostazione action-rpg si possono citare esempi di meccaniche molto più profonde, meno caotiche e più ricche di possibilità, come nel recente Tales of Berseria.
Aspetti trascurati
Il titolo inoltre risente dello sviluppo interrotto, rimaneggiato e riavviato più volte. Come confermato dalle dichiarazioni di molti programmatori occidentali che hanno supportato lo studio giapponese, il progetto ha subito pesanti revisioni, retromarce e cambi di rotta, che hanno creato confusione sulla direzione artistica e costretto a tagli di contenuti per rispettare tempistiche di consegna.
Ciò appare plausibile per via di capitoli che si incastonano molto male nell’insieme (come il famigerato 13 nella torre di Niflheim) oppure presentano superficialmente dei punti importantissimi da esplorare. Il rapporto tra Revus e Noctis è uno di questi aspetti: il fratello di Lunafreya inizialmente si oppone a Noctis non ritenendolo all’altezza del suo compito e lo osteggia, scontrandosi con lui e sottolineandone la debolezza. Custodendo la spada di Regis ed essendo un luogotenente di Niflheim, il suo cambio di posizione dovrebbe essere sviluppato attraverso diversi confronti, magari con qualche sequenza toccante tra lui e Noctis al culmine. Invece Ravus scompare inspiegabilmente nonostante la sua presentazione imponente. Ricomparirà molto dopo, come cadavere sul fondo della torre imperiale, lasciando sparsi a terra la spada leggendaria e dei fogli di carta in cui racconta come mai abbia cambiato idea su Noctis. Ma questa rivoluzione finisce per non ripercuotersi sul gioco (in quanto Ravus è morto e il giocatore non può vederlo in questo suo nuovo ruolo di alleato) ed viene liquidata con una improvvisata narrazione tappa-buchi, quando il cambio di schieramento di un antagonista è sempre momento epico e degno di massima attenzione.
Sarebbe stato molto coinvolgente poter esplorare un pò di più la Duscae deformata dopo dieci anni di regno dell’oscurità, ma anche quel capitolo preme sull’acceleratore lasciando appena scorgere ciò di cui parla.
La stessa configurazione del regno è anomala e derivata da uno sviluppo frettoloso, dove si è posta grande attenzione sulla natura open-world per implementare il tanto popolare sistema di free-roaming e cacce ai mostri, ma sacrificando lo sviluppo delle città. In tutta la regione di Duscae sembrano esistere solo stazioni di servizio (anch’esse volute in funzione del gimmick dell’automobile come mezzo di spostamento) e non città, salvo Lestallum. Altissia è forse l’unico centro urbano paragonabile a metropoli memorabili come Rabanastre o Midgard, ma molte altre località di FFXV sono lasciate all’immaginazione. La capitale del regno di Lunafreya si intravede appena dalla stazione ferroviaria, i protagonisti ammettono che è un peccato non poterla visitare e la cosa sarebbe stata possibile inserendo qualche motivo di trama, tuttavia forse mancavano fondi e tempo agli sviluppatori. Guidatissima e ristretta anche l’incursione nella Nifhleim disabitata, mentre della capitale di Lucis ne vediamo qualcosa nel capitolo finale. Ma di città vere e popolate in cui interagire, in FFxv ce ne sono a malapena due.
Pure i dungeon opzionali post-fine appaiono raffazzonati, trattandosi di una grotta/stanza riproposta sempre uguale (sino a 100 piani) in cui uccidere mostri a ripetizione. Solo Pitioss offre uno svago creativo al giocatore, ma il rapporto è di uno contro otto.
Considerazioni finali
In prospettiva è il primo capitolo in cui l’aspetto strategico assume un’importanza così secondaria rispetto all’azione. Il primo in cui la direzione artistica è così influenzata dal rincorrere il pubblico anziché attirarlo a sé, in cui si sono sacrificati così tanti aspetti narrativi al punto da rendere necessari dlc in cui, stando alle dichiarazioni di Tabata, verranno integrati a distanza di mesi dalla pubblicazione dei filmati che spiegheranno meglio svariati passaggi basilari legati a trama e personaggi. Queste sono alcune ragioni per cui Final Fantasy xv è un capitolo poco riuscito all’interno della serie, nonostante per molti sia stato atteso come l’episodio del riscatto e su cui si sono proiettate molte speranze.
Come evidenziato nella recensione, sono apprezzabili i pregi open-world ed estetici, il cattivo principale, e risultano comprensibili le dolorose motivazioni dietro ai suoi difetti: anni di sviluppo gettati al vento sotto il timone di Nomura, le scadenze, la necessità di renderlo un successo commerciale a tutti i costi per rientrare del denaro investito. Tuttavia soffermandosi sul titolo senza gli occhi dell’amore appaiono alcuni limiti che negli altri capitoli non si riscontravano.
La recensione di Final Fantasy XV è invece disponibile a questo indirizzo