Alla fine di settembre 2025, Electronic Arts ha annunciato un accordo di acquisizione da 55 miliardi di dollari, che la trasformerà in una società privata controllata da un gruppo di investitori tra cui il Public Investment Fund (PIF) dell’Arabia Saudita, Silver Lake e Affinity Partners, il fondo gestito da Jared Kushner. E proprio questa gigantesca operazione potrebbe portare alla vendita di BioWare e alla chiusura di altri team di sviluppo.
Ricordiamo prima di tutto che l’acquisizione di Electronic Arts, destinata a concludersi nell’anno fiscale 2027 (a partire da aprile 2026), rappresenta il più grande leveraged buyout mai realizzato nel settore videoludico: un’impresa finanziata in parte da 20 miliardi di dollari di debiti che EA dovrà ripagare, probabilmente attraverso la vendita di studi e tagli strutturali.
E secondo numerosi analisti (grazie a Polygon), tra cui David Cole di DFC Intelligence e Rhys Elliot di Alinea, EA si trova a un bivio. Nel breve periodo dovrà ridurre drasticamente le spese e vendere asset non essenziali per generare liquidità, sacrificando gli studi meno redditizi o più problematici. A lungo termine, invece, la privatizzazione potrebbe offrire una maggiore libertà creativa, svincolando l’azienda dalle pressioni degli azionisti pubblici. Tuttavia, l’imponente debito “B-rated” (definito “junk debt” dagli analisti finanziari) rappresenta un freno a ogni visione ottimistica.
Il caso più emblematico è BioWare, storica casa di Mass Effect e Dragon Age. Dopo anni di turbolenze e il deludente lancio di Dragon Age: The Veilguard, che avrebbe registrato un numero di giocatori inferiore del 50% rispetto alle attese interne, lo studio è diventato il principale candidato alla cessione o chiusura. Gli analisti ipotizzano anche una possibile vendita separata delle IP, con Mass Effect e Dragon Age destinati a editori diversi. Il ridimensionamento post-lancio e i licenziamenti già avviati rafforzano i sospetti su un addio ormai imminente.
Oltre a BioWare, nel mirino ci sono Respawn Entertainment, DICE, Motive e Criterion. Respawn, nonostante i ricavi miliardari generati da Apex Legends, ha registrato un calo di giocatori dopo tentativi falliti di monetizzazione più aggressiva. DICE, invece, è sotto osservazione in attesa dell’accoglienza di Battlefield 6: un successo potrebbe garantirle la sopravvivenza, un fallimento portare a una vendita. Motive e Criterion, con ruoli di supporto e progetti minori, rischiano invece l’assorbimento o la dismissione.
Un destino più stabile sembrerebbe spettare agli studi legati ai franchise sportivi e a The Sims. EA Sports FC e Madden NFL sono considerati i pilastri economici dell’azienda, anche se gli analisti mettono in guardia dai rischi di un modello basato su microtransazioni e uscite annuali. Maxis, grazie al successo di The Sims 4 (oltre 70 milioni di giocatori e crescita dopo il passaggio al free-to-play), appare al momento “al sicuro”, ma Cole avverte che potrebbe essere ceduta se un acquirente offrisse una cifra molto alta.
Sul piano etico e identitario, infine, emergono preoccupazioni legate ai nuovi proprietari. Il PIF è già noto per investimenti in società occidentali e per il suo legame con un regime accusato di gravi violazioni dei diritti umani. Alcuni dipendenti EA temono che la nuova dirigenza possa limitare la rappresentazione LGBTQ+ e l’inclusività nei giochi, specialmente in titoli come The Sims 4, dove quasi metà dell’utenza si identifica come parte della comunità queer. Sebbene il CEO Andrew Wilson abbia assicurato che “i valori di EA non cambieranno”, il rischio di un ridimensionamento della diversità creativa è percepito come concreto.
In conclusione, la futura EA privata si prepara a una fase di trasformazione profonda.
Tra il peso di un debito storico, la pressione degli investitori e le possibili cessioni di studi iconici come BioWare, il colosso americano dovrà ridefinire la propria identità: meno sperimentale, più orientata al profitto e alle IP più redditizie. Un equilibrio difficile, che determinerà non solo il destino dei suoi franchise più amati, ma anche il futuro stesso dell’industria videoludica occidentale.