Il mondo videoludico è pieno di gemme nascoste e la recensione di El Shaddai: Ascension of the Metatron, degli stessi autori di The Lost Child, ci porta indubbiamente in contatto con una di queste. Pubblicato originariamente per Xbox 360 e PlayStation 3 nell’oramai lontano 2011, e riapparso in una versione HD su PC nel 2021, giunge ora su Nintendo Switch, in versione HD, con tutto il carico di misticismo religioso che da sempre lo ha contraddistinto. Ci troviamo di fronte ad una buona conversione o ad un porting pigro e svogliato? Scopriamolo insieme, nella nostra recensione di El Shaddai: Ascension of the Metatron per Nintendo Switch.
Religione e misticismo in salsa action
Sin dalla prima apparizione su Xbox 360 e PlayStation 3, nell’anno domini 2011, El Shaddai: Ascension of the Metatron si distinse tanto per la particolarissima tara stilistica, quanto per una storia infarcita di riferimenti a diversi credo religiosi, innestati in una narrazione “pop” capace di strizzare l’occhio anche ad una audience giovane, nonostante la densità del materiale di partenza.
Ispirato infatti al Cristianesimo e all’ebraismo (El Shaddai, in ebraico, è infatti uno dei nomi con cui viene indicato Dio), oltre che al politeismo in vigore nell’antica Grecia, El Shaddai: Ascension of the Metatron ci permette di ripercorrere le storie narrate nel libro di Enoch. In questo vangelo apocrifo vengono infatti narrate le gesta di Enoch e della sua ricerca, per conto di Dio, di sette angeli ribelli la cui presenza, sulla terra, sta mettendo in serio pericolo l’esistenza del genere umano tutto.
Toccherà dunque ad Enoch scendere sulla terra e mettersi alla ricerca di questi sette fuggitivi, con il fine ultimo di riportarli in cielo e di ripristinare il bilanciamento tra luce ed oscurità. Costantemente aiutato da Lucifel, un peculiare angelo perennemente in giacca e cravatta, continuamente in contatto telefonico con Dio, Enoch affronterà questi sette angeli caduti ma anche sè stesso, vero e proprio personaggio liminale tra bene e male.
Action adventure o platform? Entrambi
La arzigogolata trama, appena accennata nel paragrafo precedente, viene utilizzata come chiave di volta per permettere agli sviluppatori di realizzare un action adventure in terza persona, con marcate connotazioni da platform game. Quello che, così descritto, potrebbe sembrare un meltin pot privo di qualsivoglia senso, viene invece a rivelarsi un prodotto assolutamente gradevole e godibile in cui, è inutile sottolinearlo, le sezioni di combattimento la fanno da padrone.
Mano a mano che si incederà nella storyline, scopriremo il profondo comparto narrativo, capace di generare una fascinazione di matrice onirico – religiosa, innestando in un “terreno minato” quale è quello delle credenze religiose, una storia affascinante, dannatamente ben narrata e scandita a suon di scudisciate e spadate.
Ci troveremo, infatti, a farci strada tra creature tipiche degli anime giapponesi e tra esseri ispirati a figure demoniache tratte dai vari credo di riferimento. Pur trovandoci di fronte ad un sistema di combattimento schematico ed abbastanza lineare (attacco, salto, parata, mossa speciale) tutto si può dire di El Shaddai: Ascension of the Metatron, fuorchè che sia ripetitivo.
Dovremo, di sicuro, attaccare e schivare i contrattacchi nemici ma avremo anche la possibilità di sottrarre agli stessi le armi di cui sono equipaggiati ed utilizzarle contro di loro. Tutto ciò avrà una debita valenza tattica, permettendo, contestualmente, ad Enoch sia di indebolirli, che di infliggere maggiori danni agli stessi.
Difficile, ma non troppo
Le fasi di combattimento saranno intervallate da sezioni di “purificazione” delle armi. Tanto di quelle sottratte ai nemici, contaminate dal male e necessitanti “pulizia”, quanto i vari strumenti di distruzione a disposizione di Enoch, contaminati a forza di entrare in contatto con elementi gravidi di malvagità.
Il gameplay di El Shaddai: Ascension of the Metatron, contrariamente a quanto si potrebbe pensare, non è categorizzabile come button mashing sulla falsa riga di Devil May Cry. Oltre, infatti, ad un ritmo molto più blando di quello del titolo Capcom, qui saremo portati ad un approccio più ragionato, anche a causa di un livello di difficoltà non eccessivo ma influenzato da una accessibiltità meno immediata di altri titoli di questo tipo.
Mancano infatti, a schermo, indicatori inerenti la salute di Enoch, desumibile dal numero di pezzi armatura rimasti addosso o, per esempio, indicatori inerenti la temporizzazione di parate o contrattacchi. Saremo dunque forzati a porre particolare attenzione tanto alle nostre condizioni di salute, quanto alle dinamiche di attacco dei nostri avversari, per poter efficacemente impostare debiti e funzionali contrattacchi, utili a metterli fuori gioco.
Sarà inoltre fondamentale, a determinati livelli di progressione, scegliere correttamente l’arma, tra le tre a nostra disposizione (non tenendo conto di quelle sottraibili ai nemici) per aver ragione di avversari altrimenti inattaccabili, che si tratti di boss fight o di sezioni di combattimento standard. A diversificare, inoltre, il gameplay, giungono in soccorso delle sezioni platform, che ci vedranno saltare da una piattaforma all’altra, andando ad interrompere la sensazione di “corridor game” cui il prodotto Ignition Games ci ha indirizzato.
Qualche difetto ma… artisticamente impeccabile
Se una critica può essere mossa al gameplay di El Shaddai: Ascension of the Metatron, questa riguarda la gestione della telecamera fissa. Tanto nelle fasi di combattimento, quanto in quelle più strettamente platform, la medesima sarà causa di perentori game over. Mentre nelle sezioni di combattimento, spesso e volentieri alcuni nemici finiranno fuori dal campo visivo, pur continuando ad attaccare, rendendoli parzialmente imprevedibili, in quelle platform, la disposizione della telecamera non ci permetterà di interpretare correttamente le distanze tra le varie rampe.
Considerando, però, che El Shaddai è, a tutti gli effetti, un gioco del 2011, tocca essere un filo più accondiscendenti del solito con questi “difetti” che complicano di sicuro, ma non rendono impossibile la prosecuzione del playthrough.
Punto di appeal ulteriore, oltre ad un gameplay accattivante, è l’impianto grafico – stilistico alla base del prodotto Ignition Entertainment. Modellato sulla base di un cell shading, la tara stilistica di El Shaddai: Ascension of the Metatron vede l’utilizzo di colori pastello per i personaggi principali, unitamente all’utilizzo di una palette cromatica “acida” per mondo di gioco e nemici. Una scelta tanto bislacca quanto catchy, capace di donare una attrattiva estetica fuori dal normale, alternando sequenze di combattimento a scene di intermezzo in pieno stile manga, realizzate comunque con il motore di gioco.
Switch, mon amour
El Shaddai: Ascension of the Metatron si presenta su Switch nella sua (con)versione HD, rilasciata un anno fa per PC, ovviamente rimodellata sulle minori potenzialità della handheld Nintendo. Il risultato, pur esteticamente appagante anche su una console non OLED, presta il fianco a cali di frame rate in specifiche situazioni di combattimento in cui c’è grande presenza di personaggi a schermo. Sia in modalità docked che handheld, Nintendo Switch fatica infatti a tenere i 30fps fissi, nonostante El Shaddai non sia un gioco particolarmente pretenzioso, quanto a potenza di calcolo.
A livello sonoro, invece, la trasposizione 1:1 delle tracce della versione HD per PC è stata effettuata senza alcun problema, fornendoci un accompagnamento sempre ispirato e adatto alle situazioni che ci troveremo a vivere. A voler esser pignoli, ad esser riproposte 1:1 dalla versione originale sono anche le tracce inerenti il doppiaggio, presenti solo in inglese e giapponese. Per noi abitanti del bel paese è disponibile però, come anche nella versione originaria, guarda combinazione, una ottima localizzazione testuale in italiano.
Versione testata: NINTENDO SWITCH
La recensione in breve
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Voto Game-Experience