Dalla fredda Oslo, lì dove ha sede lo studio di Red Thread Games, arriva Dustborn, un interessante esperimento a metà fra l’avventura grafica, l’action e il rythm game con una forte, fortissima vena narrativa. Se Life is Strange fosse ambientato in un America distopica ed esplorasse la fine della giovinezza e l’inizio dell’età adulta probabilmente assomiglierebbe molto a Dustborn.
Una storia degna di un road movie che ci porta nel van di Pax e della sua sgangherata combriccola che, fingendosi una band in tour, ha il compito di attraversare un’America diversa da quella che conosciamo per portare a compimento il furto di alcuni dati importanti. Le forze della Justice però non sanno che Pax e amici sono degli Anomali, ovvero degli umani dotati di superpoteri.
Potrebbero essere tante cose troppo diverse tra loro, eppure Dustborn ci ha stupiti per la naturalezza con la quale riesce a destreggiarsi fra generi e influenze così differenti. Un gioco che, anche per via dell’attenzione e della serietà con le quali affronta tematiche importanti, prima su tutti quella dell’identità di genere e della propria realizzazione, si preannuncia fra i più interessanti di questa rovente estate. Scopritelo con noi in questa recensione di Dustborn.
God bless Republic of America
Dimenticatevi degli Stati Uniti d’America. Un evento definito il “Broadcast” ha sconvolto la nazione a stelle e strisce portando i singoli stati a riorganizzarsi in sei regioni che, unite, hanno costituito la Repubblica d’America. Nella timeline di Dustborn John F. Kennedy è sopravvissuto dal celebre proiettile che però ha raggiunto invece la first lady. Da qui un escalation di eventi ha portato all’istituzione della Justice, un corpo di forze armate che ha velocemente preso il controllo del paese istituendo la legge marziale.
Pax, protagonista di questo gioco, è una ragazza che da poco ha superato i trent’anni. Con un passato da artista poliedrica, Pax possiede la capacità innata di sfruttare la propria voce come arma, un superpotere che le consente di immobilizzare o intimidire i nemici. Assieme ad un gruppo di Anomali e non dovrà portare a destinazione una chiavetta USB contenente la refurtiva compiendo un viaggio coast to coast pieno di insidie e pericoli.
Un viaggio attraverso le emozioni, le stesse che l’evento Broadcast ha amplificato e rimescolato per poi dare origine ai poteri controllati dai cosiddetti Anomali. Un’avventura quindi in cui sarà fondamentale approfondire i rapporti e stringere amicizia con il resto del gruppo e di coloro che incontrerete lungo il percorso, poiché mantenere gli equilibri e fortificare i legami sono le uniche chiavi per affrontare un viaggio del genere.
Rottami con un anima
Dustborn presenta diverse sfaccettature di gameplay, un tratto distintivo che caratterizza l’intera avventura, anche se con risultati decisamente diversi. Partiamo da quello che, senza dubbio, è l’aspetto migliore dell’intera produzione di Red Thread Games. Lo spirito avventuroso di Dustborn, la raccolta di informazioni e i dialoghi sono senz’altro gli aspetti migliori di questo gioco, che ha nell’immedesimazione in Pax e nella libertà sul come indirizzare la storia i suoi punti di forza.
Potrete infatti scegliere verso quale dei finali disponibili far pendere l’ago della bilancia, ciascuno dei quali coinvolge uno specifico membro della squadra di Pax. Fondamentali infatti sono le sezioni di accampamento tra una tappa e l’altra del lungo percorso che vedrà coinvolti Pax e soci, durante i quali sarà possibile approfondire la loro conoscenza e assistere alle loro reazioni a seconda delle nostre scelte durante i dialoghi.
Tanti dialoghi scritti in maniera brillante e intelligente per una trama che, più per i suoi colpi di scena, stupisce per la credibilità nonché l’umanità dei suoi comprimari. Prima ancora di raggiungere il proprio obbiettivo, i protagonisti di Dustborn dovranno infatti risolvere le proprie questioni aperte con il passato e toccherà a Pax l’arduo compito di mediare e unire le diverse personalità e i caratteri spesso in conflitto fra loro.
Voce grossa
Anche durante i dialoghi, i nostri poteri potranno tornarci utili in modo da risolvere determinate questioni in maniera rapida e brutale, spesso con consegue drastiche sul corso degli eventi. Potrete ad esempio decidere di affrontare le diverse situazioni con la diplomazia, oppure tagliare corto utilizzando il potere della Voce per costringere una persona a comportarsi secondo i nostri desideri.
Nel caotico e pericoloso mondo di Dustborn però, non sempre la parola è sufficiente. Pax dovrà fare affidamento sulle proprie forze e su quelle dei compagni per sgominare gli agenti della Justice e superare gli imprevisti che renderanno imperversa la strada verso New Scotland. Le sezioni action ci permetteranno quindi di affrontare orde di nemici a suon di mazzate, alternando attacchi, parate e poteri attraverso un combat system piuttosto basilare, incentrato perlopiù sulla reattività nei quick time event che lo compongono.
In aggiunta a ciò, ci saranno frangenti nei quali dovrete dimostrare la vostra abilità con le sei corde e con la voce, in modo da dimostrare di essere comunque bravi con il punk rock ed evitare di destare troppi sospetti durante la traversata della Repubblica d’America. All’interno di queste sezioni in stile rhythm game dovrete molto banalmente premere con il giusto tempismo fino a quattro distinti pulsanti, con tanto di moltiplicatore attivabile in stile “Star Power” del compianto Guitar Hero.
In entrambi i casi ci siamo trovati di fronte a porzioni di gameplay divertenti ma poco sviluppate, che non rendono pienamente giustizia alla qualità complessiva del gioco. La sensazione è che Red Thread Games si sia spinta troppo in là con le influenze cosiddette “secondarie” senza però andare realmente a fondo con nessuna di queste.
China e inchiostro
A brillare in Dustburn è sicuramente la direzione artistica, che omaggia lo stile iconico del fumetto americano moderno sia nell’utilizzo del cell shading come tecnica grafica, sia per il character design di tutti i protagonisti di questa avventura. Notevole la scelta di narrare i progressi e le scelte effettuate durante l’avventura tramite le tavole di un fumetto che andrà a comporsi man mano procederete nel gioco.
Nonostante sia ambientato in un America distopica, i riferimenti più o meno velati alla cultura pop reale sono evidenti, da Marilyn Monroe, qui citata come seconda moglie di J.F.K., allo stesso Kennedy, fino ai continui richiami ai videogame dell’epoca anni ’80-’90 e altre chicche sparse un po’ ovunque. Insomma, l’apocalisse punk di Dustborn trasuda tamarraggine da tutti i pori e gli autori hanno certamente saputo creare un mondo vivido e coinvolgente.
Perfetta anche la scelta delle musiche, inedite visto che rappresentano le creazioni della band dei “Dustborn” che da il titolo al gioco, e del doppiaggio che accompagna pressoché tutti i tantissimi dialoghi presenti. Per essere una produzione indipendente, nonostante la “benedizione” della divisione publishing di Quantic Dream nata da pochi anni, il risultato è decisamente sopra la media.
Accessibilità e inclusione
Ultimo ma non meno importante è l’aspetto inclusivo di Dustborn, non solo per le diverse opzioni grafiche e audio disponibili in grado di soddisfare le esigenze di chiunque si approcci al gioco di Red Thread Games, ma anche e soprattutto per le tematiche affrontate.
Ebbene, in un epoca dove tematiche come l’identità di genere, la propria sessualità e la salute mentale sono sempre al centro del dibattito per i motivi sbagliati, Dustborn dimostra che inclusività e qualità possono tranquillamente andare a braccetto.
Dustborn affronta infatti con delicatezza e serietà tematiche simili, in maniera ancor più profonda di quanto non abbiano fatto in passato software house come la già citata Dontnod o la stessa Deck Nine che ha preso le redini della serie Life is Strange. Noam, ad esempio, è un personaggio non binario e il suo legame con Pax sarà cruciale per la narrazione degli eventi. Ziggy, dal canto suo, è stata spesso soggetta a body shaming per via del suo aspetto e ciò le ha creato non pochi problemi in passato.
In Dustborn si parla anche di neurodivergenze, di minoranze etniche, di religione e, naturalmente, di politica. Nulla sembra essere buttato lì per caso, piuttosto tutto sembra essere dannatamente realistico, attuale e, soprattutto, funzionale alla storia raccontata.
La recensione in breve
Con Dustborn l'etichetta Spotlight by Quantic Dream dimostra di averci visto lungo. Un'avventura in perfetto stile road movie che alterna fasi narrative simil avventura grafica ad altre prettamente action, mescolando persino elementi rhythm game. Nonostante non ogni aspetto del gameplay sia curato allo stesso modo, Dustborn colpisce nel segno grazie ai suoi protagonisti e ad una scrittura matura, moderna e profonda.
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Voto Game-Experience