Seconda e ultima parte dedicata ai migliori videogiochi con protagonisti i personaggi Disney. La prima parte dello speciale è disponibile a questo indirizzo
Buzz e Woody
Forse l’ultimo titolo Disney degno di nota per i 16 bit è stato Toy Story, distribuito questa volta da Disney Interactive e sviluppato dai Traveller Tales divenuti celebri per aver portato il Lego nei videogiochi. Pur essendo un gioco di piattaforme come tanti altri si distingueva per una grafica molto somigliante all’opera prima dello Studio Pixar e per ottimi sottogiochi come una sezione di corse in pure stile Micro-machine (titolo di corse molto arcade e assuefacente) e una di esplorazione in prima persona.
I giochi musicali
Intorno al 2000 ci fu un breve periodo, durato qualche anno, in cui anche da noi furono popolari i rythm’n’game basati sulle pedane: vale a dire Dance Dance Revolution e affini. I Bemani di Konami (che anticiparono di anni i Guitar Hero e Dj-Hero nel fondere videogiochi con controller musicali) possono essere descritti brevemente come dei cabinati in cui bisognava schiacciare con i piedi dei tasti, disposti su una pedana e corrispondenti ai quattro punti cardinali, in corrispondenza alla loro comparsa sullo schermo, il tutto mentre il gioco “pompava” frenetiche canzoni disco-pop-techno. Divenuti fenomeno di costume in Asia, ottennero un discreto successo anche nelle sale giochi nostrane, portando degli improbabili utenti in bomber e capello gellato a dedicarcisi con estremo impegno, spesso unendo record a veri aspetti coreografici nelle loro partite. Nel 2000, due anni dopo che Konami pubblica il primo Dancing Stage (così era intitolato in Giappone), esce il Disney Mix contenente canzoni remissate in chiave dance e le animazioni dei personaggi a cui si ispira. L’idea è stata ripresa da Ubisoft, che ha dedicato una versione di Just Dance alle canzoni dei film Disney.
Nel 2008 il filtro Disney viene applicato anche Sing-it, il gioco karaoke. Questa volta (purtroppo) le canzoni sono prese in prestito da High School Musical, Justin Bieber, Hannah Montana e la sua “controparte” Miley Cirus (perché tra le due è la versione reale quella più improbabile ed esagerata). Il prodotto è orientato ad un pubblico sotto i 14 anni, il riferimento dei programmi televisivi musicali americani della Disney e pesca canzoni che difficilmente potrebbero coinvolgere qualcuno in età da patente. Le cose vanno meglio con la riedizione Family Hits, che include canzoni più appropriate, tratte dai lungometraggi animati classici e Pixar.
Le licenze cinematografiche e sportive
Nell’era Psx e Nintendo64 i lungometraggi come Hercules, Atlantis e Tarzan ricevono puntualmente il loro adattamento, molti di questi titoli rimangono semplici e giocabili ancora adesso, ma nessuno di loro riesce a “reinventare la ruota”. Titoli come Tarzan sono un buon esercizio di mestiere e si lasciano giocare ancora oggi però.
Toy Story Racer e Magical Tetris Challenge invece ripropongono filoni molto amati in casa Nintendo, come Tetris e Mario Kart, ma con personaggi diversi. Qui però l’effetto copia-incolla è molto più forte e mentre il primo rimane godibile, senza raggiungere le vette di qualità di Crash Bandicoot Team Racing e MarioKart, il secondo presenta poche differenze per giustificare un’identità tutta sua nel modo di giocare.
Con la generazione 128 bit arriva una serie sportiva per Gamecube in cui Topolino e soci si cimentano in Skateboard, basket e calcio. L’ultimo, non a caso, viene sviluppato dalla stessa Konami autrice di Pro Evolution Soccer.
Ubisoft invece sforna un platform molto simile a Crash Bandicoot con protagonista Paperino: Qu@ck Att@ck, e PK, ispirato proprio alla serie a fumetti tutta italiana dedicata a Paperinik. Il fumetto presentava un taglio molto adulto, anche grazie alla drammaticità di alcune trame, insolita per le opere Disney, che ottenne molto successo anche presso un pubblico più cresciuto che era traghettato verso avventure considerate più mature. Entrambi i videogiochi di Ubisoft però riflettevano un periodo in cui la casa di sviluppo non era ancora entrata nel suo periodo di massima ispirazione, e rimangono dei platform interessanti ma con difetti non trascurabili, che li tengono lontani da una soglia eccellenza a cui potevano ambire.
Kingdom Hearts
La vera pietra miliare però è SquareSoft (ora Square-Enix) a depositarla con Kingdom Hearts. La casa nipponica anziché sviluppare un prodotto su licenza, grazie ad un vero colpo di genio, pubblica un gioco in cui dei personaggi originali si muovono in una trama da J-rpg sconfinando di livello in livello nelle ambientazioni dei classici Disney vecchi e nuovi, interagendo con i rispettivi protagonisti e facendo squadra con pesi massimi come Paperino e Pippo.
Si tratta di un titolo talmente popolare che difficilmente ha bisogno di presentazioni, vantando un seguito e parecchi derivati. Si può comunque sintetizzarlo come un gdr d’azione molto coinvolgente, che fonde piccoli elementi platform con combattimenti all’arma bianca, il tutto arricchito da missioni secondarie, boss segreti e armi potenziate degno di un Final Fantasy.
Nella passata generazione di console invece Warren Spector ha sorpreso tutti con Epic Mickey per Wii. Un intrigante platform tridimensionale che ha ricevuto un seguito forse non altrettanto brillante. Il primo lavoro svolto dal creatore di Deus Ex però è meritevole di uno sguardo.
Si potrebbero citare ancora decine di titoli, dimostrando la tesi che la produzione di videogiochi basati sul marchio Disney è talmente sconfinata e varia da ricoprire una pagina abbondante di storia di questo media. Forse non tutti questi titoli meritano di essere giocati, ma parecchi hanno il raro merito di essere molto coinvolgenti, dimostrandosi all’altezza degli storici personaggi che rappresentano.